Jeanne Kalogridis - Il Signore dei Vampiri

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Il Signore dei Vampiri
Diari della famiglia Dracula
Il patto con il Vampiro
I figli del Vampiro
Dracula
In questo libro conclusivo della sensualissima trilogia
, Jeanne Kalogridis fonde brillantemente la sua appassionante storia della famiglia Tsepesh con quella narrata da Stoker, rivelando i retroscena del grande classico.

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«È abbastanza», disse John piuttosto adirato.

Suppongo che l’assistente pensasse che noi lo sospettassimo di volerlo rubare e che ci preoccupassimo di più della proprietà di Seward che del nostro paziente che soffriva, poiché indietreggiò con un’espressione offesa.

«Mandalo via», ordinai e, allo sguardo scandalizzato che l’assistente rivolse a me e poi a John, spiegai: «Dovremo fare un buco nel cranio per allentare la pressione. Se vuoi restare…».

Ma lui era già fuori dalla porta, che chiuse dietro di sé. Dissi a John, mentre prendevo gli strumenti dalla mia borsa:

«Sarebbe opportuno trapanare. Non penso che lo salveremo ma, perlomeno, potrà passare i suoi ultimi momenti consapevole e in modo migliore».

Mentre parlavo, bussarono piano alla porta e, sia Arthur che Quincey, sbirciarono dentro. John li fece entrare; non chiesero alcuna spiegazione nel vedere la pozza di sangue e il nostro paziente orribilmente ferito.

Rimasero in piedi in silenzio e sgomenti mentre io eseguivo l’operazione, trapanando proprio sopra l’orecchio del paziente. Per il momento, andava bene; dopo qualche minuto, la pressione si alleggerì. Renfield aprì gli occhi e, del tutto lucido, chiese che gli fosse tolta la camicia di forza.

Non c’era ragione di tenerlo costretto comunque, dato che qualsiasi movimento avrebbe soltanto aumentato il dolore e accelerato la sua morte. Sebbene la fine non fosse lontana, sentii che desiderava parlare e “confessare i suoi peccati”, per così dire. Non mi dispiaceva sentirli, poiché la finestra non più sicura significava pericolo per noi tutti.

Parlò razionalmente, anche con gentilezza, in un modo che evocò la mia pietà, ma non ho mai udito delle parole che mi abbiano tanto addolorato. Il nostro Renfield era veramente stato sotto l’influenza del Vampiro e adorava il suo “Signore e Maestro”, ma era stato anche conquistato da Madam Mina, che gli aveva fatto visita due volte per cortesia; la seconda volta, proprio quel pomeriggio. Era diventata troppo pallida perché lui riuscisse a sopportarlo, disse. E aggiunse: «Mi fece impazzire sapere che Lui le aveva preso la vita».

Che momento orribile! Mentre lo diceva, nessuno di noi riuscì a reprimere un brivido.

Dracula, sentendo l’odore di Mina, era andato da lui solo qualche momento prima, quella notte, entrando con facilità una volta che il talismano era stato rimosso. E quell’uomo — quel pazzo furioso — aveva affrontato il Vampiro con le sue mani e aveva lottato per proteggere Madam Mina nell’unico modo che conosceva.

Quando ebbe finito di parlare e sospirò ricadendo nell’incoscienza, l’aria era elettrica: noi quattro non dicemmo una parola ma lasciammo quel pazzo coraggioso a morire, e corremmo nelle nostre stanze per prendere i talismani. In pochi secondi eravamo arrivati davanti alla porta della stanza di Harker, che era chiusa dall’interno.

Tutti insieme ci gettammo contro di essa ed entrammo buttandola giù. Io caddi in avanti e gli altri mi oltrepassarono, poi si fermarono improvvisamente. Cadendo, ebbi la sensazione di stare attraversando una nuvola di luccicante indaco, intensa e fredda, sebbene non così intensa come quando avevo visto il Vampiro l’ultima volta, e toccata all’interno da una traccia di bianco radioso e di un puro bagliore dorato. Ma non era Vlad, non era Vlad che mi sfiorava, ma qualcos’altro di completamente malvagio e del tutto femminile.

Passò rapidamente; la porta si chiuse con forza dietro di me quando lei se ne andò e, mentre io mi rialzavo a fatica sulle mani e le ginocchia (oh, e se fossi stato in piedi mi ci sarei lasciato cadere!), vidi…

Harker russava sul letto vicino alla finestra e sul bordo estremo del materasso, mentre sua moglie teneva il viso premuto contro il petto nudo dall’Impalatore, i cui occhi erano chiusi nell’estasi più profonda. Lei voltò la testa, soffocando, mostrando alla luce della luna la bocca e le guance scure e gocciolanti di sangue vampiresco. Quella vista mi trapassò come una lama appuntita: era la versione più crudele del rito del sangue, uno scambio sanguinario che legava completamente la vittima al predatore. Se anche lui aveva bevuto da lei, allora lei era sua.

Ma, nel mezzo del mio orrore, un pensiero mi colse: Non ci ha uditi arrivare. Non ci ha uditi arrivare. È cambiato…

Mi rimisi in piedi mentre il Vampiro, alla fine, diventava consapevole della presenza dei suoi nemici; con un rapido e potente movimento, gettò la sua vittima sul letto e balzò verso di noi. Ma prima io avevo alzato l’involto che conteneva l’ostia consacrata e sentii una forza che come un lampo si spostava dal mio cuore alle dita. Anche senza l’apporto della forza di Arminius, non ero mai stato più determinato, più concentrato, più fiducioso, in tutta la mia vita; penso che avrei potuto scacciarlo con la mia sola volontà.

Alla vista dell’involto ebbe paura — ebbe paura con uno spasimo orrendo, come se il potere che emanava da esso gli stesse bruciando la pelle! — e io mi concentrai in me stesso al punto da trovare la mia seconda vista, per cui vidi la sua aura ridotta, consumata, offuscata!

Entrambe le cose sembrarono per lui una rivelazione, poiché un’espressione di incredulità e di rabbia infernale contorse i suoi lineamenti e rese rossi come fiamme i suoi occhi verdi. Era confuso; era stato così compreso nel suo atto, che fu sorpreso da quell’improvvisa mancanza! Era accaduto soltanto di recente?

Mentre Jonathan continuava a russare, mi mossi tra gli Harker e il mostro, avanzando pian piano con l’ostia in alto finché Vlad riprese coraggio e si trasformò in una nebbia scura. In quella forma si mosse attraverso quattro guardiani armati e scomparve sotto la porta, poiché la piccola croce d’argento sopra la finestra creava una barriera che non poteva attraversare.

Immediatamente Madam Mina emise un respiro stridulo e si lasciò sfuggire un grido che lacerò lo stesso velo del Cielo.

Le parole non possono esprimere l’orrore che seguì, quando il povero Harker si svegliò, vide il sangue che sporcava il viso e il vestito di lei, e comprese ciò che era accaduto; a malapena riuscimmo a trattenerlo dall’afferrare il suo coltello — quella larga lama curva conosciuta in India come kukri — e dall’inseguire il Vampiro a piedi.

Per quanto riguarda la coraggiosa Madam Mina, lei era distrutta, non per paura personale, ma per il timore che potesse essere usata per far del male a coloro che amava. Infatti Vlad, nella sua arroganza, l’aveva tormentata crudelmente, dicendo che ora era ai suoi ordini e che sarebbe venuto il momento in cui sarebbe diventata la sua compagna Vampira e la sua aiutante… e avrebbe corrotto ognuno dei cinque uomini che ora lo stavano combattendo.

Con delicatezza la calmai e la convinsi a raccontare tutto quello che era accaduto, mentre John accendeva la lampada. Anche alla sua luce, non riuscivo a giudicare se fosse stata appena morsa e se il rito fosse stato completato, poiché lei si appoggiava contro il petto di suo marito così che i lunghi capelli neri le ricadevano in avanti, nascondendole il viso e il collo.

Quando si fu sufficientemente ricomposta, rivelò il peggio, con una voce coraggiosa che vacillò raramente: il Vampiro l’aveva morsa e lei era stata costretta a ingoiare un po’ del suo sangue. Lo scambio era stato completo, e i nostri sforzi per proteggere Madam Mina avevano avuto come conseguenza il fatto che ora per noi era perduta.

Grazie a Dio, Vlad è più debole! Anche così siamo costretti più che mai a distruggerlo, prima che possa portare a compimento la promessa fatta a Madam Mina.

E se è più debole — come io e John discutemmo in privato — può significare soltanto una cosa: che un altro immortale gli ha rubato il manoscritto. Ma chi?

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