«Corri!»
Si precipitarono a tutta birra verso il limitare del bosco. I vestiti fradici ostacolavano i loro movimenti e il freddo iniziava a penetrare nelle ossa. Sentirono il rumore dell'angelo nella boscaglia. Ismael tirò con forza la ragazza, dirigendosi verso il cuore della foresta, dove la nebbia diventava più fitta.
«Dove andiamo?» piagnucolò Irene, consapevole che si stavano inoltrando in una zona del bosco che non conosceva.
Ismael non si prese la briga di rispondere e si limitò a tirarla disperatamente. Irene sentì la vegetazione lacerarle la pelle delle caviglie e il peso della fatica consumarle i muscoli. Non poteva mantenere a lungo quel ritmo. Tra pochi secondi la creatura li avrebbe raggiunti nelle viscere della foresta e li avrebbe fatti a pezzi con i suoi artigli.
«Non ce la faccio. .»
«Sì, che ce la fai!»
Il ragazzo la stava trascinando. Le girava la testa e poteva sentire i rami spezzati crepitare alle sue spalle, a pochi metri da loro. Per un istante pensò di essere sul punto di svenire, ma una fitta di dolore alla gamba la riportò a una dolorosa coscienza. Uno degli artigli dell'angelo era spuntato dagli arbusti e le aveva ferito una coscia. La ragazza urlò. Il volto della creatura comparve alle loro spalle. Irene provò a chiudere gli occhi, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quell'infernale predatore.
In quel momento apparve davanti a loro l'ingresso di una caverna nascosta dalla boscaglia. Ismael si lanciò all'interno, trascinandosela dietro. Allora era quello il luogo dove la stava portando. Una grotta.
Per caso Ismael credeva che lì l'angelo avrebbe rinunciato a dare loro la caccia? Per tutta risposta, Irene sentì il rumore degli artigli che graffiavano la roccia della caverna. Ismael la trascinò attraverso l'angusto tunnel finché si fermò davanti a un'apertura per terra, un buco nel vuoto. Dall'interno arrivava un vento freddo, impregnato di salmastro. Più oltre, nell'oscurità, ruggiva un rumore intenso.
Acqua. Il mare.
«Salta» le ordinò il ragazzo.
Irene guardò il buco nero. Per lei, un ingresso diretto all'inferno sarebbe stato più invitante.
«Cosa c'è lì sotto?»
Ismael sospirò, esausto. I passi dell'angelo risuonavano vicini. Molto vicini.
«È un'entrata alla Grotta dei Pipistrelli.»
«La seconda entrata? Avevi detto che era pericolosa!»
«Non abbiamo scelta. .»
I loro sguardi s'incrociarono nella penombra. Due metri più in là, l'angelo nero fece scrocchiare i suoi artigli. Ismael le fece un cenno. La ragazza gli prese la mano e, chiudendo gli occhi, saltò nel vuoto.
L'angelo si lanciò dietro di loro e superò l'ingresso della grotta, cadendo all'interno.
La discesa attraverso l'oscurità fu infinita, poi i loro corpi s'immersero nel mare e una fitta di freddo morse ogni poro della loro pelle. Quando tornarono in superficie, solo un filo di chiarore filtrava dal foro alla sommità della grotta. L'andirivieni della marea li spingeva contro muri di roccia affilata.
«Dov'è?» chiese Irene, lottando per tenere a bada il tremito provocato dalla temperatura gelida dell'acqua.
Per qualche secondo i due si abbracciarono in silenzio, in attesa che da un momento all'altro quell'infernale invenzione emergesse dal mare e mettesse fine alle loro vite nel buio della caverna. Ma quel momento non arrivò. Ismael lo capì per primo.
Gli occhi scarlatti dell'angelo brillavano intensamente sul fondale. L'enorme peso impediva alla creatura di salire a galla. Un ruggito d'ira li raggiunse attraverso l'acqua. La presenza che manovrava l'angelo si contorceva di rabbia, avendo capito che il suo burattino assassino era caduto in una trappola che lo rendeva inservibile. Quella massa di metallo non sarebbe mai riuscita a raggiungere la superficie.
Era condannata a restare sul fondo della caverna fino a quando il mare non l'avesse trasformata in un mucchio di ferraglia arrugginita.
I ragazzi restarono lì, a guardare il luccichio di quei due occhi che impallidiva e scompariva per sempre sott'acqua. Ismael si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Irene pianse in silenzio.
«È finita» mormorava tremando. «È finita.»
«No» disse Ismael. «Questa non era che una macchina, senza vita né volontà. Qualcosa la muoveva dall'interno. Chi ha cercato di ucciderci è ancora lì. .»
«Ma cos'è?»
«Non lo so. .»
In quel momento si verificò un'esplosione sul fondale della caverna. Una nuvola di bolle scure emerse in superficie, fondendosi in uno spettro nero che strisciò sulle pareti di roccia fino all'ingresso in cima alla grotta. L'ombra si fermò e li osservò da lì.
«Se ne va?» chiese Irene, atterrita.
Una risata crudele e invelenita invase la grotta.
Ismael negò lentamente con la testa.
«Ci lascia qui. .» disse il ragazzo. «Affinché la marea faccia il resto. .»
L'ombra fuggì attraverso l'entrata della caverna.
Ismael sospirò e condusse Irene fino a un piccolo scoglio che emergeva in superficie e offriva giusto lo spazio per entrambi. La issò sulla roccia e l'abbracciò.
Tremavano dal freddo ed erano feriti, ma per alcuni minuti si limitarono a stendersi e a respirare a fondo, in silenzio. A un certo punto Ismael sentì l'acqua che gli lambiva i piedi, e capì che la marea stava salendo. Non era stata la creatura che li perseguitava a cadere nella trappola, ma loro stessi. .
L'ombra li aveva abbandonati a una morte lenta e terribile.
10. Intrappolati
Il mare ruggiva infrangendosi all'imboccatura della Grotta dei Pipistrelli. Le correnti fredde della Baia Nera irrompevano con forza tra i canali di roccia, producendo un rumore spaventoso a causa dell'eco della caverna, immersa nell'oscurità. Il foro di ingresso nella roccia si stagliava sopra di loro, lontano e irraggiungibile, simile alla sommità di una cupola.
In pochi minuti il livello dell'acqua era salito di diversi centimetri. Irene non tardò ad accorgersi che la superficie di roccia che occupavano come naufraghi si riduceva. Millimetro dopo millimetro.
«La marea sta salendo» mormorò.
Ismael si limitò ad annuire, abbattuto.
«Cosa ci succederà?» chiese lei, intuendo la risposta, ma sperando che il ragazzo, inesauribile forziere di sorprese, tirasse fuori dalla manica qualche stratagemma dell'ultima ora.
Lui le rivolse un'occhiata cupa. Le speranze di Irene svanirono all'istante.
«Quando la marea sale, blocca l'entrata della grotta» spiegò Ismael. «E non esiste altra uscita da questo posto se non quel foro in alto, ma non c'è modo di arrivarci da quaggiù.»
Fece una pausa e il suo volto si offuscò di ombre.
«Siamo in trappola» concluse.
L'idea della marea che salendo lentamente li avrebbe annegati come topi, in un incubo di oscurità e freddo, gelò il sangue a Irene. Mentre fuggivano da quella creatura meccanica, l'adrenalina aveva pompato abbastanza eccitazione nelle loro vene da annebbiare la capacità di ragionare. Ora, tremando di freddo al buio, la prospettiva di una morte lenta le appariva insopportabile.
«Ci deve essere un altro modo di uscire da qui» insistette.
«Non c'è.»
«E cosa faremo?»
«Per il momento, aspettiamo.»
Irene capì che non poteva continuare a opprimere il ragazzo cercando risposte. Lui, probabilmente, consapevole dei rischi che riservava la grotta, era più spaventato di lei. E, pensandoci bene, cambiare argomento non sarebbe stata una cattiva idea.
«C'è qualcosa. . Mentre eravamo a Cravenmoore» iniziò. «Quando sono entrata in quella stanza, ho visto qualcosa. Qualcosa che riguarda Alma Maltisse. .»
Ismael le rivolse uno sguardo impenetrabile.
«Credo. . Credo che Alma Maltisse e Alexandra Jann siano la stessa persona. Alma Maltisse era il nome da nubile di Alexandra, prima di sposare Lazarus» spiegò Irene.
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