E dopo cinquantuno giorni, l’accordo era finalmente sulla carta. Dopo le estenuanti trattative, erano tutti esausti. Ma, cinquantuno giorni prima, quando si erano seduti a quel tavolo, si erano scagliati l’uno contro l’altro, mentre ora riuscivano a parlarsi, e con grande rispetto. Persino i poco comunicativi Aracnidi avevano utilizzato le apparecchiature di decodificazione che avevo loro fornito.
Eravamo giunti alla firma, quando io sollevai un’ultima obiezione.
— C’è un problema che i rappresentanti umani non hanno preso in considerazione —dissi.
— E quale sarebbe? —chiesero in coro.
— I vostri eserciti, i vostri soldati. Che intendete farne?
Gli uomini seduti ai due lati del tavolo si scambiarono diverse occhiate. —Ibernarli di nuovo. Che altro?
— Lasciarli vivere —suggerii.
— Ma se non saprebbero neppure come farlo! Sono stati addestrati alla guerra e non conoscono altro!
— Trovate dei mondi che non siano occupati da altri e lasciate che si insedino lì. Credo che dobbiate almeno questo a chi ha combattuto per voi.
— Ma non sopravviverebbero! Coltivare campi, allevare bestiame, costruire case, vivere in pace… sono concetti estranei alla loro formazione mentale.
— In questo caso, dovrete insegnarglielo —asserii risoluto. —Potranno ricevere il nuovo addestramento durante la fase di teletrasporto.
— Morirebbero nell’arco di una generazione —protestò un uomo dal viso grassoccio. —Sono tutti sterili. È così che sono stati creati.
— Potranno ricorrere alla clonazione, come è avvenuto per loro. E i loro figli non saranno sterilizzati.
— Ma allontanando i soldati, resteremo senza difese —obiettò una delle donne. —Non avremo più un esercito.
— Addestrate i vostri figli alla vita militare! —esplosi. —Difendetevi da soli.
— Questa è un’idea folle! I miei bambini, diventare dei soldati?
Appoggiai entrambe le mani sul tavolo. —Solo allora capirete che la guerra non è un gioco. Questi uomini e queste donne hanno combattuto per voi e in cambio non hanno ricevuto “nulla”. Nessun diritto, nessun privilegio, nessun obiettivo da raggiungere, nulla da sognare. Solo morte e fatica.
— Ma è per questo che sono stati concepiti! Non conoscono altro se non l’esercito.
— Ma sanno di voler vivere. Sanno che desiderano qualcosa di più della sofferenza, del sangue e della guerra. Sono esseri umani, esattamente come voi. Dovete accettarli per quello che sono.
— Impossibile! —mormorò qualcuno.
— Hai idea di quanto costerà mandarli su nuovi mondi?
— Chiedere ai nostri figli di diventare militari?
— Questa è la condizione che pongo alla firma del trattato, ed è imprescindibile. Liberate i vostri soldati dalla schiavitù e lasciateli vivere in pace —dissi.
— È una richiesta assurda. Non può essere esaudita.
— Dovrà esserlo, se non volete passare il resto della vostra vita seduti a questo tavolo —ribattei secco.
— Ma insomma!
— Imparerete, anche se solo marginalmente, che cosa significa non avere nulla da desiderare. Resterete qui fino a quando non avrete capito che questa forma di schiavitù è intollerabile.
— Se voi umani temete di restare senza protezione —intervenne uno Skorpis —potreste ingaggiare noi.
— I Tsihn hanno una lunga tradizione militare —aggiunse il più imponente tra i rettili. —Potremmo sicuramente raggiungere un accordo militare con la Suprema Alleanza. —Si guardò attorno e aggiunse: —Oppure con l’Egemonia, una volta che avremo posto fine alla guerra in corso.
Molti tra gli umani obiettarono sull’opportunità di assoldare truppe mercenarie, affidando la propria vita a degli alieni in forza di un accordo diplomatico. Altri rabbrividirono all’ipotesi di vedere i loro figli indossare un’uniforme.
— Potrei dire qualche parola anch’io? —chiese Frede, dal suo posto.
Un ufficiale che chiedeva il permesso di prendere la parola! I politici erano stupefatti. Sin dai primi giorni della conferenza, avevano dato per scontata la presenza dei soldati, quasi facessero parte della vegetazione locale.
— So che ogni soldato sarebbe felice dell’opportunità di cominciare una nuova vita in pace. Forse è vero che sappiamo soltanto combattere, ma questo presuppone molte capacità legate alla sopravvivenza, e saremmo felici di imparare a vivere una vita normale. E… be’, se avrete bisogno di noi, ci saremo.
— Lascereste le vostre nuove case per combattere per la Suprema Alleanza, se vi chiamassimo?
— Se fosse necessario —replicò Frede. —Ma dovreste persuaderci che esiste un’autentica necessità.
— Gli eserciti umani dell’Egemonia sono dello stesso avviso —intervenni io.
Seguirono altre ore di dibattito. Gli uomini chiesero di discutere l’argomento in privato, e per la prima volta membri dell’Egemonia e della Suprema Alleanza passeggiarono insieme, alla ricerca di una possibile soluzione.
I rettili Tsihn sembravano perplessi per la mia richiesta. —Perché non ibernarli, se non vi servono più? —volle sapere uno di loro.
— Perché sono esseri umani —risposi —e hanno tutti i diritti degli altri appartenenti alla razza umana.
Un comandante degli Skorpis scosse il capo. —Gli umani non comprendono il mondo dei guerrieri. Li considerano esseri inferiori, schiavi.
— Un atteggiamento riprovevole —sibilò il Tsihn.
— E che dovrà mutare —concordai.
— E noi resteremo qui come ostaggi finché questo non avverrà —ribatté il comandante Skorpis.
— Davvero riprovevole —ripeté il Tsihn e io non potei fare a meno di chiedermi se non stesse facendo dell’umorismo.
Benché nessuno degli umani appartenenti alla Suprema Alleanza e all’Egemonia fosse convinto della mia proposta, finirono per accettarla: i soldati sarebbero rimasti in vita per essere trasferiti su nuovi pianeti.
Il trattato di pace era pronto, ma come ben sapevo, avrebbe avuto validità solo se lo avessero sottoscritto anche i Creatori.
Rimandai i politici alle loro case, e nelle loro epoche. Frede e gli altri restarono a bocca aperta vedendoli sparire di colpo, tavolo e tutto.
— Trasferimento della materia —spiegai.
Scossero il capo, allibiti.
— Vi rimando di nuovo a Loris —ripresi, e, prima che potessero sollevare obiezioni, aggiunsi: —Non nelle vostre celle. Sarete ospitati alla base militare, e con tutte le comodità. Se i politici mantengono la parola data, il nuovo addestramento comincerà al più presto.
— E se così non fosse? —domandò Frede con lo scetticismo tipico dei veterani.
— Verrò io stesso a prendervi —risposi.
Lei mi guardò fisso negli occhi. —Chi diavolo sei, Orion?
— Un soldato, proprio come te.
— Col cavolo che lo sei!
Sorrisi, divertito. —Ho un po’ più esperienza, tutto qui.
— Non tornerai a Loris con noi?
— No, ho un altro problema da risolvere.
Si accigliò, poi mi venne vicino gettandomi le braccia al collo mi baciò in modo per nulla cameratesco. —Grazie —sussurrò. —Grazie per averci dato la vita.
Ero un po’ imbarazzato. Gli altri soldati ci stavano guardando con un sorrisetto malizioso. Intimai l’attenti, poi li rimandai a Loris. Sparirono dalla Foresta del Paradiso come se non fossero mai stati lì.
Trassi un lungo sospiro. Ora dovevo affrontare la prova più dura. Mi trasferii nella città dei Creatori.
Questa volta, approdai proprio nel suo cuore, nella magnifica piazza circondata dai templi che erano simbolo delle più grandi civiltà umane: uno ziqqurat sumero, una piramide Maya, e il Partenone in tutta la sua originaria bellezza. Il sole splendeva attraverso lo scudo energetico che sovrastava la città. Una leggera brezza marina mi accarezzava la pelle.
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