Ben Bova - Orion tra le stelle

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Orion tra le stelle: краткое содержание, описание и аннотация

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`ORION — il semidio la cui sorte è crudelmente manipolatadai Signori del cosmo — viene scagliato in un futuro lontanissimo denso di insidie: in quel particolare segmento dello spazio-tempo è infatti in corso una ferocissima guerra spaziale fra le razze di discendenza terrestre e le più feroci creature dei mondi alieni. Al comando di una guarnigione di terrestri pronti a tutto, John O’Ryan alias ORION comincia la sua ltta disperata. Resta un solo interrogativo: a chi gioverà questa ennesima guerra?

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Ma la seconda nave sembrava intenzionata a darci filo da torcere e continuò a bersagliarci di colpi. Lasciando la stazione alle prese con il dreadnought solitario, presi a zigzagare in mezzo alla carneficina spaziale, sempre tallonato dall’ostinato incrociatore. Tutte le mie brusche deviazioni non bastarono a seminarlo, quasi che l’unico intento del suo comandante fosse quello di vendicare la nave gemella.

Ma la testardaggine non è una virtù consigliabile al comandante di un’astronave. Gli schermi mi dissero che ora i combattimenti si erano concentrati su un solo versante della cintura difensiva di Loris. Sull’altro, c’erano stazioni che non avevano subito nessun attacco. Una tattica che non mancava di logica. Gli Skorpis si erano concentrati su una sola parte delle difese, con l’intento di travolgerle e passare quindi ad annientare ciò che restava. Le stazioni orbitali non erano in grado di spostarsi rapidamente e non avrebbero mai potuto raggiungere in tempo utile le compagne impegnate in combattimento.

Io, però, potevo guidare fino a esse uno degli attaccanti, sempre che il comandante Skorpis non riacquistasse il suo buonsenso.

Non lo riacquistò, e quando l’Apollo cambiò rotta non esitò a seguirci.

Tre stazioni aprirono contemporaneamente il fuoco sull’incrociatore. Una palla di fuoco lacerò l’oscurità, poi esplose in una miriade di pezzi incandescenti.

— Abbiamo subito dei danni —mi comunicò Dyer. —Le sezioni quattordici e quindici si sono sigillate automaticamente.

— C’è qualcuno dentro?

— No, signore. Si tratta di dispense e le abbiamo vuotate quando abbiamo usato le scorte per produrre altri messaggi-capsula.

Frede scoppiò in una risatina isterica. —E pensare che volevamo avvertire Loris del nostro arrivo, perché non ci sparassero addosso.

Sembrava che fossero passati secoli da allora.

— Un avvertimento di cui, a quanto pare, non avevano bisogno —replicai, mentre riportavo l’Apollo nel mezzo della battaglia.

Mi diressi verso una delle stazioni, nella speranza di ripetere il trucco usato con l’incrociatore. Ma avvicinandoci al cuore della battaglia, vidi sei incrociatori Skorpis staccarsi dagli altri e puntare verso di noi.

— Messaggio in arrivo —annunciò Magro, l’addetto alle comunicazioni.

Premetti un pulsante; sul video comparve una Skorpis.

— Ho l’ordine di requisire l’Apollo. Arrendetevi. Non potete fuggire.

A quella velocità, avremmo impiegato almeno un’ora a prepararci per il salto nell’iperspazio. Non avevamo scampo.

— Non ci arrenderemo —risposi.

La Skorpis scoprì i denti. —Ho l’ordine di prendervi vivi, se possibile. Se non vi arrenderete, morirete tutti.

28

Sei contro uno: un’impresa disperata, soprattutto considerato che i sei erano incrociatori grandi il doppio dell’Apollo e con una potenza di fuoco altrettanto superiore.

Guardai le facce tese dei miei compagni. Avevano già sperimentato la prigionia presso gli Skorpis.

— Ci congeleranno —mormorò Emon.

— Per servirci a cena —aggiunse Jerron, nel tentativo di sdrammatizzare la situazione. Nessuno rise. Tutti erano atterriti.

— Non ci prenderanno vivi —promisi.

— Oh, finalmente una bella notizia! —esclamò Frede, e questa volta la risata fu generale.

La nostra sola speranza stava nel raggiungere Loris prima che gli Skorpis ci abbattessero. Modificai in tal senso la rotta, augurandomi che le stazioni orbitali centrassero almeno alcuni dei nostri inseguitori.

— Attingi energia dalle batterie delle armi —ordinai a Jerron. —E trasferiscila ai motori.

Emon aveva l’aria infelice mentre guardava scaricare la sua pistola. Stavo dicendo: —Tenete gli scudi… —quando la nave cominciò a sussultare. Una vibrazione più forte mi scaraventò contro la sedia.

— Un missile nucleare! —gridò Dyer, pallida come un cencio.

Guardai gli schermi. Era stata colpita la sezione motori.

— Gli scudi hanno assorbito la maggior parte dell’energia —riferì Dyer —ma lo scafo ha ceduto. Nella sezione diciotto si è aperto uno squarcio.

— Chiudetelo! —ordinai.

— Già fatto. Automaticamente.

Un altro violento scossone.

— Si accaniscono su quella sezione —disse Frede in tono sorprendentemente calmo. —Stanno cercando di mandare in tilt i motori.

Continuavamo a spostarci avanti e indietro, nel tentativo di schivare i colpi e di impedire che gli scudi protettivi dei motori si sovraccaricassero di energia. Ma era impossibile evitare il fuoco di sei incrociatori. L’Apollo sussultava e si dibatteva come un topo nelle fauci di un cane.

Uno degli incrociatori esplose, vittima dell’attacco di una stazione della Suprema Alleanza, ma quella perdita non servì che ad accrescere l’accanimento degli altri. Uno degli schermi tossì, poi si oscurò. Sopra le nostre teste, le luci cominciarono a tremolare. E Loris sembrava lontana milioni di anni-luce.

— La diminuzione di energia ha superato i limiti di sicurezza —annunciò Jerron con voce tesa. —Lo scudo non reggerà per più di quindici secondi.

— Altre testate nucleari in arrivo!

Tentai una manovra disperata per evitarli, ma i sensori nemici li avevano già diretti verso di noi.

— Tenetevi forte!

Tre esplosioni si verificarono simultaneamente. Gli schermi andarono in pezzi, le luci ci spensero e un fumo acre e denso riempì l’oscurità.

Poi si accesero le luci di emergenza. Nella penombra rossastra, vidi che erano tutti vivi.

— L’energia è esaurita —mormorò Jerron.

— Siamo fottuti.

— Non credo —obiettai. —Ci volevano vivi, no? Frede ebbe un sorriso cupo. —Prendiamo le ami leggere —propose. —Combatteremo con quelle.

Un pensiero folle mi attraversò la mente. Un ricordo dei tempi lontani in cui gli scontri navali erano diretti, e gli equipaggi andavano all’arrembaggio. Gli Skorpis sarebbero certamente saliti a bordo dell’Apollo. E se gli avessimo teso un agguato e poi distrutto la loro nave?

— Forza —esclamai balzando in piedi. —Non abbiamo molto tempo.

Stavamo distribuendo le armi, udimmo un colpo secco: un portellone che veniva aperto per agganciarlo al nostro.

— Se è uno shuttle , a bordo non ci saranno più di trenta persone —dissi.

— È più probabile che si tratti di uno degli incrociatori —obiettò Frede. —Dubito che si avventurerebbero nel mezzo di una battaglia con uno shuttle.

— E sanno bene che ci vorranno più di trenta soldati per catturarci —aggiunse Emon.

— Molto bene —intervenni. —E dopo aver spacciato la squadra che salirà a bordo, ci impadroniremo della loro nave.

Qualcuno rise e mormorò: —Sicuro. Trentacinque di noi contro duecento Skorpis.

Ma non c’era tempo per calcolare le probabilità. Ancora qualche istante, e gli Skorpis sarebbero arrivati. Feci disporre gli uomini in fondo al passaggio che collegava il portellone principale alla scaletta elettrificata che portava sul ponte-comandi.

— Lasciateli entrare, poi colpiteli prima che trovino dove nascondersi —li istruii.

Piazzai Emon e altri due uomini sui pioli della scala. Io mi appiattii sull’altro lato del portellone con due fucili, nascosto dietro a un tavolo prelevato da uno degli alloggi. Frede e gli altri erano concentrati in fondo al passaggio, vicino all’altra scaletta, pronti a sparare sugli Skorpis ed eventualmente a riparare sul ponte di comando, qualora i nemici avessero superato il primo sbarramento difensivo.

Gli Skorpis non persero tempo a sciogliere i sigilli del portello con il laser; li fecero saltare con una granata. Erano talmente grossi che furono costretti a passare uno alla volta. Dal fumo, vidi emergere il primo, la pistola spianata davanti a sé, il casco calato fin sugli occhi di gatto. Avremmo potuto colpirlo, ma aspettammo. Volevamo attirarne nella trappola quanti più possibile.

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