Da qualche parte dentro di lui qualcosa stava gridando, ma qualunque cosa fosse, poteva aspettare.
Lamia gli mise le mani intorno al viso e lo attirò dolcemente a sé. Poi lo baciò, un bacio lungo e languido. Inizialmente Richard rimase un po’ scioccato per il gelo delle labbra e il freddo della lingua, quindi si lasciò andare.
Dopo qualche tempo, lei si ritrasse.
Richard sentiva di avere del ghiaccio sulle labbra. Barcollò all’indietro contro il muro. Cercò di sbattere le palpebre, ma i suoi occhi erano come congelati e restarono aperti.
Lei lo guardò e sorrise deliziata. Ora aveva la pelle rosea e rossa, e le labbra scarlatte. Nell’aria gelida, il suo respiro produceva vapore. Si passò la lingua sulle labbra, una calda lingua rosa su labbra vermiglie. Il mondo di Richard cominciò a oscurarsi. Gli parve di scorgere un’ombra scura al limite estremo della sua visione periferica.
«Ancora» disse Lamia. E si allungò verso di lui.
Aveva visto la Velluto tirare a sé Richard per il primo bacio, visto la brina e il ghiaccio ricoprirgli la pelle. L’aveva vista allontanarlo con aria felice.
Quindi le era arrivato accanto e, mentre si muoveva per finire quello che aveva cominciato, allungò una mano e l’afferrò, con forza, per il collo, sollevandola da terra.
«Ridagliela» le disse all’orecchio con voce stridula. «Ridagli la sua vita.» La Velluto reagì come un gattino caduto nella vasca da bagno, dimenandosi, soffiando, sputando e graffiando, ma era inutile. La teneva saldamente per la gola.
«Non puoi costringermi» disse, con un tono davvero poco musicale.
Lui aumentò la pressione. «Restituiscigli la vita» spiegò brusco, «o ti spezzo il collo.»
Trasalì, e lui la spinse verso Richard.
Lamia prese la mano di Richard e gli respirò nel naso e nella bocca. Dalla bocca di lei usci del vapore che rotolò lentamente in quella di lui. Il ghiaccio sulla pelle cominciava a sciogliersi, la brina sui capelli a sparire.
Le strinse ancora il collo. «Tutta, Lamia.»
Lei sibilò, molto a malincuore, e apri di nuovo la bocca. Un ultimo sbuffo di vapore si spostò dalla sua bocca a quella di Richard e scomparve.
Richard sbatté le palpebre.
«Cosa mi hai fatto?» chiese.
«Ti stava bevendo la vita» rispose il Marchese de Carabas, in un rauco sospiro. «Ti prendeva il calore, trasformandoti in una cosa gelida come lei…»
Il volto di Lamia si contorse, come quello di un bambino piccolo a cui è stato tolto il giocattolo preferito. Gli occhi viola lampeggiavano. «Ne ho più bisogno io di lui!» piagnucolò.
«Pensavo di piacerti» disse stupidamente Richard.
Il Marchese sollevò Lamia con una sola mano e ne portò il viso accanto al suo. «Prova ad avvicinarti ancora a lui, tu o qualunque altra Bambina Velluto, e verrò alla vostra caverna di giorno, mentre dormite, a bruciare tutto. Capito?»
Annuì.
La lasciò andare e lei cadde sul pavimento. Poi si rimise in piedi, in tutta la sua altezza, che in realtà non era esagerata, piegò la testa all’indietro e sputò con forza in faccia al Marchese.
Lamia sollevò sul davanti il lungo abito di velluto e corse via, verso l’alto.
Uno sputo nero, freddo come il ghiaccio, scivolava sulla guancia del Marchese, che se lo tolse.
«Stava per uccidermi» disse Richard.
«Non subito» spiegò il Marchese. «Alla fine saresti morto, certo, ma solo quando avesse finito di mangiarti la vita.»
Richard fissò il Marchese. Sembrava si sentisse poco bene. Non aveva il solito trench, al suo posto indossava una vecchia coperta con cui si era avvolto le spalle a mo’ di poncho, con qualcosa -Richard non capiva di cosa si trattasse — legato sotto. Era a piedi nudi. Per quella che Richard interpretò come bizzarra affettazione modaiola, avvolto intorno alla gola portava un alto pezzo di stoffa scolorita.
«La stavamo cercando» disse Richard.
«E adesso mi avete trovato» gracidò seccamente il Marchese.
«Ci aspettavamo di vederla al mercato.»
«Si, be’… Qualcuno pensava che fossi morto e sono stato costretto a non farmi notare.»
«Perché… perché qualcuno pensava che fosse morto?»
Il Marchese guardò Richard con occhi che avevano visto troppo ed erano andati troppo oltre. «Perché mi avevano ucciso» disse. «Andiamo, non possono essere tanto lontane.»
Richard guardò al di là del ciglio del sentiero, al di là del pozzo centrale. Dall’altra parte poteva vedere Porta e Hunter, a un livello inferiore rispetto a lui. Si guardavano intorno — probabilmente lo cercavano. Le chiamò, urlando e agitando le braccia, ma il suono non veniva trasmesso.
Il Marchese appoggiò la mano sul braccio di Richard. «Guarda» disse. Indicava il livello al di sotto di Porta e Hunter. Qualcosa si muoveva. Richard socchiuse gli occhi: riusciva a scorgere due figure, appostate nell’ombra.
«Croup e Vandemar» disse il Marchese. «È una trappola.»
«Cosa facciamo?»
«Corri!» disse il Marchese. «Avvertile. Io non posso correre… Vai, dannazione!»
E Richard corse. Corse più forte che poteva, più in fretta che poteva, lungo la strada di pietra che scendeva sotto il mondo. Sentì un improvviso dolore lancinante al petto: una fitta. Ma proseguì, e continuò a correre.
Svoltò un angolo e le vide.
«Hunter! Porta!» rantolò, affannato. «Fermatevi! Attente!»
Porta si girò.
Mister Croup e mister Vandemar uscirono da dietro una colonna. Mister Vandemar strattonò con violenza le braccia di Porta e con un’unica mossa gliele legò dietro la schiena con una striscia di nylon.
Mister Croup teneva in mano qualcosa di lungo e sottile in una sacca di tela marrone, simile a quella che il padre di Richard usava per trasportare le canne da pesca.
Hunter era rimasta ferma, a bocca aperta.
«Hunter! Presto.»
Lei ruotò su se stessa, sollevando un piede verso l’esterno, con un movimento fluido, quasi da ballerina.
Il piede colpì Richard in pieno stomaco. Lui cadde a terra, piegato in due, senza fiato e dolorante.
«Hunter?» boccheggiò.
«Mi dispiace ma è cosi» disse Hunter.
Mister Croup e mister Vandemar non degnavano né Richard né Hunter della benché minima attenzione. Mister Vandemar era impegnato a legare i polsi di Porta, mentre mister Croup se ne stava in piedi a guardare.
«Non devi pensare a noi come ad assassini e tagliagole, signorina» stava dicendo amabilmente mister Croup. «Pensa a noi come a un servizio di accompagnatori.»
«Senza prestazioni extra, però» aggiunse mister Vandemar.
Mister Croup si rivolse a mister Vandemar. «Accompagnatori nel senso di scorta. Per assicurare che la nostra bella lady arrivi sana e salva dove deve arrivare. Non la stavo paragonando né a un gigolò d’alto bordo né a una comune lucciola di strada, mister Vandemar.»
Mister Vandemar non si era ancora rabbonito. «Ha detto che eravamo un servizio di accompagnatori» brontolò. «So cos’è.»
«Lo cancelli dal verbale, mister Vandemar. Non mi sono espresso bene. D’ora in poi consideriamoci chaperon. Guardie. Cavalieri.»
Mister Vandemar si grattò il naso con un anello di teschio di corvo. «D’accordo» disse.
Mister Croup si voltò verso Porta e le sorrise, mostrando molti denti. «Vedi, Lady Porta. Dobbiamo assicurarci che arrivi sana e salva a destinazione.»
Porta lo ignorò. «Hunter» gridò. «Cosa succede?»
Mister Croup fece un ampio sorriso di orgoglio. «Prima di accettare di lavorare per te, Hunter aveva accettato di lavorare per il nostro principale. Prendendosi cura di te.»
«Te l’avevamo detto» si vantò mister Vandemar. «Te l’avevamo detto che uno di voi era un traditore.» Piegò la testa all’indietro e ululò come un lupo.
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