George Martin - Il trono di spade

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In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L’ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all’ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all’estremo Nord la Barriera — una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei — sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita o il sonno a chi ha la mala di incontrarli?

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«Jon, non puoi farlo. Non te lo permetterò.»

«Preferirei evitare di farti del male. Spostati, Sam. Altrimenti ti vengo addosso.»

«Non lo farai. Devi ascoltarmi. Ti prego…»

Jon Snow diede di speroni e la purosangue si lanciò verso la porta. Per un istante, Sam tenne la posizione, la faccia tonda e pallida come la luna alle sue spalle, la bocca spalancata per la sorpresa. All’ultimo momento, quando Jon e il suo destriero gli furono quasi addosso, si gettò di lato, incespicando e cadendo, come Jon sapeva che avrebbe fatto. La cavalla lo superò d’un balzo e corse dentro la notte.

Jon sollevò il cappuccio della pesante cappa e andò a briglia sciolta. Il Castello Nero era immobile e silenzioso mentre lui si allontanava con Spettro che gli correva accanto. C’erano sentinelle a sorvegliare la Barriera, ma i loro occhi erano rivolti a nord, non a sud. Nessuno l’avrebbe visto andare, nessuno eccetto Sam Tarly, che lottava per rimettersi in piedi nella polvere delle vecchie stalle. Jon si augurò che non si fosse fatto male, cadendo a quel modo. Era così pesante, così goffo che non ci sarebbe stato da stupirsi se, cadendo, si fosse spezzato un polso o distorto una caviglia. «Io l’avevo avvertito» disse Jon ad alta voce. «E comunque, la cosa non lo riguardava.»

Continuando a cavalcare, aprì e chiuse le dita della mano ustionata. Il dolore non se n’era andato, ma era piacevole ritrovarsi senza le fasciature.

La luce della luna gettava sfumature argentee sulle colline mentre lui seguiva il percorso sinuoso della strada del Re. Doveva andare più lontano che poteva prima che si rendessero conto che era svanito. All’alba, per depistare gli inseguitori, avrebbe abbandonato la strada, tagliando per i campi e le sterpaglie e guadando torrenti, ma in quel momento la velocità era molto più importante del depistaggio. I confratelli in nero non ci avrebbero messo molto a immaginare dove stava andando.

Il Vecchio orso era solito levarsi al sorgere del sole, il che significava che Jon aveva tempo solo fino all’alba per mettere quante più leghe possibile tra sé e la Barriera… se Samwell Tarly non l’avesse tradito. Il ragazzo grasso era pieno di senso del dovere e si spaventava facilmente, però voleva bene a Jon come a un fratello. Se l’avessero interrogato, avrebbe detto la verità, non c’era dubbio, ma Jon proprio non se lo vedeva andare ad affrontare le guardie della torre del re per svegliare Mormont.

Nel momento in cui Jon non fosse apparso per prendere la colazione del Vecchio orso, sarebbero andati a cercarlo nella sua cella e avrebbero trovato Lungo artiglio sul letto. Separarsene era stato duro, ma non aveva voltato le spalle all’onore al punto da portarla con sé. Nemmeno Jorah Mormont l’aveva fatto, quando era caduto in disgrazia. Lord Mormont avrebbe trovato qualcuno di più degno a cui darla, ne era certo. Si sentiva male quando pensava all’anziano uomo. La sua diserzione avrebbe gettato sale sulla ferita ancora aperta del disonore del figlio. Era un modo inadeguato per ripagare il Vecchio orso della fiducia verso di lui e comunque la guardasse, Jon continuava a sentirsi come se stesse tradendo qualcuno.

Perfino in quel momento, non era del tutto certo di comportarsi in modo onorevole. Per quelli del Sud, era sempre tutto più facile. Loro avevano i septon con cui parlare, gente che avrebbe detto loro qual era il volere degli dei e che avrebbe aiutato a distinguere il giusto dallo sbagliato. Ma gli Stark credevano negli antichi dei, gli dei senza nome, e se anche i volti scolpiti negli alberi udivano, non parlavano.

Le ultime luci del Castello Nero scomparvero nella distanza e solo allora Jon fece rallentare la cavalla, portandola al passo. Lo aspettava un lunghissimo viaggio, e per affrontarlo aveva quell’unico cavallo. C’erano fortini e villaggi di contadini lungo la via verso sud, e quando fosse stato necessario, sarebbe riuscito a scambiare la purosangue con un cavallo fresco, ma non se fosse stata azzoppata o sfiancata.

Gli servivano altri vestiti, e in fretta. Quasi certamente, sarebbe stato costretto a rubarli. In quel momento, era in nero dalla testa ai piedi: alti stivali di cuoio, brache e runica di lana, gilè senza maniche di pelle, mantello pesante. I foderi della spada e della daga erano di pelle di talpa nera e nelle borse da sella, nere erano anche la corazza e la maglia di ferro. Dovunque fosse stato catturato, quel nero era un viatico per morte certa. A nord dell’Incollatura, in qualsiasi villaggio o fortino, uno straniero vestito di nero era guardato con freddo sospetto, e ben presto ci sarebbero stati altri uomini in nero a cercarlo. Nel momento in cui i corvi messaggeri di maestro Aemon avessero spiccato il volo, Jon sapeva che non avrebbe trovato alcun rifugio sicuro. Nemmeno a Grande Inverno. Bran l’avrebbe anche lasciato entrare, però maestro Luwin aveva più buon senso: avrebbe sbarrato le porte e l’avrebbe scacciato. No, a Grande Inverno non valeva neppure la pena di avvicinarsi.

Eppure nella mente continuava a vedere il castello con cristallina chiarezza, come se l’avesse lasciato il giorno prima. Le torreggianti mura di granito, la sala grande piena degli odori di fumo, di cani, di carne che arrostiva, il solarium di suo padre, la stanza nella torretta nella quale aveva dormito. Una metà di lui non avrebbe voluto altro che tornare a udire la risata di Bran, mangiare uno sformato di manzo e piselli di Gage, ascoltare le storie della vecchia Nan, quelle sui Figli della foresta e su Florian il Giullare.

Ma non era per quello che aveva lasciato la Barriera: l’aveva fatto perché era figlio di suo padre e fratello di Robb. Il dono di una spada, anche se formidabile quanto Lungo artiglio, mai avrebbe fatto di lui un Mormont. E non era nemmeno Aemon Targaryen. Per tre volte il vecchio aveva scelto, e per tre volte aveva scelto l’onore, ma ciò andava bene per Aemon. Neppure in quel momento Jon riusciva a decidere se l’anziano maestro era rimasto perché era debole e vile o perché era forte e onesto. Capiva però cosa aveva voluto comunicargli maestro Aemon: il dolore della scelta.

Tyrion Lannister gli aveva detto che la maggior parte degli uomini preferisce negare una dura verità piuttosto che affrontarla. Per quanto lo riguardava, aveva finito di negare. Lui era quello che era: Jon Snow, bastardo e spergiuro, senza madre, senza amici, l’infame. Per il resto della sua esistenza, sarebbe stato condannato a rimanere un estraneo, l’uomo silenzioso che si tiene nell’ombra, l’uomo che non osa rivelare il suo vero nome. Dovunque fosse andato nei Sette Regni, sarebbe stato costretto a vivere di menzogne perché il prezzo della verità sarebbe stato la morte. Ma nemmeno questo aveva importanza: gli bastava rimanere in vita il tempo necessario per raggiungere suo fratello ed essere al suo fianco per vendicare la morte del loro padre.

Ricordò Robb come lo aveva veduto l’ultima volta, in piedi a gridare ordini nel cortile di Grande Inverno, la neve che si scioglieva tra i capelli neri. Jon sarebbe stato costretto ad avvicinarsi a lui in segreto, sotto mentite spoglie. Che faccia avrebbe fatto quando gli si fosse rivelato? Avrebbe scosso il capo e poi avrebbe sorriso, e avrebbe detto… avrebbe detto…

Non riuscì a vedere il sorriso di suo fratello. Ci provò, con tutte le sue forze, ma non ci riuscì. Vide invece il disertore dei Guardiani della notte che suo padre aveva decapitato il giorno in cui avevano trovato i meta-lupi. «Hai pronunciato il giuramento» gli aveva detto lord Eddard. «Hai fatto un voto, di fronte ai tuoi confratelli, di fronte agli antichi dei e a quelli nuovi.» Desmond e Tom il Grasso avevano trascinato l’uomo fino al ceppo. Gli occhi del piccolo Bran erano sbarrati, e Jon dovette dirgli di stringere più saldamente le briglie del pony. Ricordò l’espressione sul volto di suo padre quando Theon Greyjoy gli portò Ghiaccio, lo spruzzo di sangue sulla neve, Theon che dà un calcio alla testa mozzata che era rotolata ai suoi piedi.

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