George Martin - Il trono di spade

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In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L’ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all’ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all’estremo Nord la Barriera — una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei — sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita o il sonno a chi ha la mala di incontrarli?

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Dei trecento barbari che avevano seguito Tyrion, ne erano sopravvissuti a stento la metà.

Lasciò i vivi a occuparsi dei morti, mandò Bronn a recuperare il cavaliere che aveva catturato e andò alla ricerca di suo padre. Lord Tywin era accomodato sulla riva del fiume e sorseggiava vino da una coppa tempestata di pietre preziose mentre uno scudiero gli slacciava le cinghie dell’armatura toracica.

«Una bella vittoria» disse ser Kevan nel vedere Tyrion avvicinarsi. «I tuoi selvaggi hanno combattuto bene.»

Gli occhi di suo padre erano su di lui. Occhi verde chiaro, venati d’oro, così raggelanti da mettere i brividi.

«Questo ti sorprende, padre? Questo ha forse buttato all’aria i tuoi piani? L’idea era che venissimo fatti a pezzi, no?»

«Ho collocato gli uomini meno disciplinati sull’ala sinistra, è esatto.» Lord Tywin vuotò la coppa. «Avevo previsto che non avrebbero retto. Robb Stark è un ragazzo ingenuo, più valoroso che saggio. Avevo contato sul fatto che, vedendo la nostra ala sinistra crollare, si sarebbe avventato nella breccia, deciso a sbaragliarci. Una volta che fosse avanzato in profondità, le picche di ser Kevan gli sarebbero arrivate addosso dal fianco, spingendolo verso il fiume. Io avrei dato il colpo di grazia con la riserva.»

«Per cui hai pensato che il posto migliore in cui mettere me fosse nel mezzo del carnaio, lasciandomi però all’oscuro del tuo piano.»

«Una sconfitta simulata è meno convincente» ribatté suo padre. «Inoltre, sono poco incline a parlare dei miei piani con qualcuno che fa consorteria con mercenari e barbari.»

«Un vero peccato che i miei barbari ti abbiano rovinato la festa.» Tyrion si tolse il guanto e lo gettò a terra sussultando per il dolore.

«Per qualcuno della sua età, il ragazzo Stark si è rivelato molto più cauto di quanto mi aspettassi» ammise lord Tywin. «Ma una vittoria è pur sempre una vittoria. Mi sembri ferito.»

«Lieto che tu lo abbia notato.» Il braccio destro di Tyrion era fradicio di sangue. «Posso disturbarti affinché tu mandi a chiamare il tuo maestro?» continuò Tyrion a denti stretti. «A meno che tu non gradisca avere un figlio nano e con un braccio solo…»

«Lord Tywin!» Il grido allarmato gli impedì di completare la frase. Tywin Lannister si alzò mentre ser Addam Marbrand volteggiava giù dal cavallo e metteva un ginocchio a terra. L’animale era coperto di schiuma e perdeva sangue dalla bocca. Ser Addam era un uomo tozzo, con capelli color rame scuro che gli ricadevano sulle spalle; sul pettorale dell’armatura d’acciaio ramato spiccava l’emblema in nero dell’albero fiammeggiante della sua Casa. «Mio signore, abbiamo catturato alcuni dei loro comandanti. Lord Cerwyn, ser Wylis Manderly, Harrion Karstark, quattro Frey. Lord Hornwood è caduto, e temo che Roose Bolton ci sia sfuggito.»

«E il ragazzo?» chiese lord Tywin.

«Mio signore…» Ser Addam esitò. «Robb Stark non era con loro. Dicono che ha superato il Tridente alle Torri Gemelle assieme al grosso della cavalleria e che sta galoppando ventre a terra verso Delta delle Acque.»

“Un ragazzo ingenuo, più valoroso che saggio” ricordò Tyrion. Si sarebbe piegato in due dal ridere, se non fosse stato tanto male.

CATELYN

La foresta era piena di sussurri. I raggi della luna ammiccavano sulle tumultuose acque del torrente che scendevano tra le rocce, continuando la corsa verso il fondovalle. Sotto gli alberi, i cavalli da guerra sbuffavano quietamente e i loro zoccoli battevano sul terreno umido, disseminato di foglie cadute. A voce bassa, gli uomini si concedevano battute di spirito piene di nervosismo. Qua e là echeggiava a tratti il tintinnio degli speroni e quello lieve delle maglie di ferro, ma perfino quei suoni erano smorzati.

«Non dovrebbe mancare molto, mia signora.» Hallis Mollen aveva chiesto l’onore di proteggerla nella battaglia imminente. Quale comandante della Guardia di Grande Inverno, era suo diritto, e Robb non gliel’aveva rifiutato. C’erano trenta guerrieri attorno a Catelyn. Il loro compito era difenderla e ricondurla sana e salva a Grande Inverno se l’esito della battaglia fosse stato la sconfitta. Di guerrieri, Robb ne avrebbe voluti cinquanta, ma Catelyn aveva insistito che dieci sarebbero bastati: a suo figlio, nello scontro a venire, sarebbe servita ogni spada. Il compromesso, che aveva lasciato entrambi insoddisfatti, era stato trenta.

«Accadrà quando dovrà accadere» rispose Catelyn. Quando fosse accaduto, lei avrebbe saputo che significava la morte. Di Hallis, forse, oppure la sua… o di Robb. Nessuno era al sicuro. Nessuna vita era certa. Catelyn era lieta di aspettare, di ascoltare i sussurri tra gli alberi e il frusciare della corrente, di sentire il vento tiepido tra i capelli.

Conosceva le attese. Gli uomini della sua vita l’avevano fatta tutti attendere. «Resta ad aspettarmi, piccola Cat» le diceva sempre suo padre prima di andare a corte o in guerra. E lei aspettava, rimanendo pazientemente di vedetta sulle mura di Delta delle Acque, la Forca Rossa del Tridente e il Tumblestone che scorrevano all’infinito. Non sempre lui tornava quando aveva promesso. Potevano passare giorni senza che Catelyn interrompesse la veglia, scrutando dalle feritoie degli arcieri finché distingueva suo padre, in sella al destriero castano, muoversi al trotto lungo la riva del fiume. «Mi hai visto arrivare?» le chiedeva, stringendola tra le braccia. «L’hai fatto, piccola Cat?»

Anche Brandon Stark le aveva chiesto di attendere. «Non ci vorrà molto tempo, mia signora» aveva giurato. «Al mio ritorno, saremo sposati.» Ma nel tempio di Delta delle Acque, accanto a lei c’era suo fratello Eddard.

E Ned stesso, con la sua nuova sposa, aveva passato a stento due settimane prima di partire di nuovo per la guerra, lasciandola ad aspettare con tante promesse. L’aveva però lasciata anche con qualcosa di più delle’promesse: un figlio. Nove lune erano apparse ed erano svanite e Robb era venuto alla luce a Delta delle Acque mentre suo padre era ancora sui campi di battaglia del Sud. L’aveva partorito nel dolore e nel sangue, senza sapere se mai avrebbe conosciuto suo padre. Suo figlio. Era stato così piccolo…

E adesso era Robb che lei stava aspettando. Lui e Jaime Lannister, lo splendente cavaliere che si diceva non avesse mai imparato ad attendere. «Lo Sterminatore di re è un uomo irrequieto» aveva detto Brynden Tully a Robb. «Un uomo molto prono al furore.» Ed era su quelle parole che il giovane lord aveva puntato le vite di tutti loro e le speranze di vittoria.

Se Robb aveva paura, non lo dava a vedere. Catelyn osservò suo figlio mentre si muoveva tra i guerrieri del Nord, ponendo la mano sulla spalla dell’uno, scambiando una battuta con un altro, aiutando un terzo a placare un cavallo agitato. A ogni passo, la sua armatura tintinnava leggermente. Solo il suo capo era scoperto. La brezza gli scompigliava i lunghi capelli neri, così simili a quelli di lei. Catelyn si domandò quando suo figlio fosse cresciuto così tanto. A quindici anni, era quasi alto quanto lei.

“Lasciate che diventi anche più alto” pregò gli dei. “Lasciate che conosca i sedici anni, e i venti, e i cinquanta. Lasciate che cresca quanto suo padre, e che tenga un figlio suo tra le braccia. Vi supplico, vi supplico, vi supplico.” Perché nel guardare quel giovane alto, alla sua prima barba, con il meta-lupo che gli camminava al fianco, tutto quello che Catelyn vedeva era l’inerme infante che aveva allattato a Delta delle Acque, tanto tempo prima.

Era una notte calda, ma il pensiero di Delta delle Acque la fece rabbrividire. “Ma dove sono?” si chiese. Possibile che suo zio si fosse sbagliato? Tutto si fondava sulle sue parole. Robb aveva dato al Pesce nero trecento picchieri per mascherare le loro mosse. «Jaime non sa» aveva detto ser Brynden rientrando. «Sono pronto a scommettere la vita su questo. Nessun uccello messaggero l’ha raggiunto, ci hanno pensato i miei arcieri. Abbiamo visto ben pochi esploratori, ma quelli che hanno visto noi non diranno niente. Lo Sterminatore di re avrebbe dovuto mandarne fuori di più. Non sa nulla.»

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