George Martin - Il trono di spade

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Il trono di spade: краткое содержание, описание и аннотация

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In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L’ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all’ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all’estremo Nord la Barriera — una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei — sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita o il sonno a chi ha la mala di incontrarli?

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Tyrion lo guardò senza capire. «E perché?»

«Perché sono magnifici bersagli. Quello lì si tirerà addosso gli occhi di tutti gli arcieri sul campo.»

Il Folletto si fece una risata e guardò la Montagna con altri occhi. «Lo confesso: a questo proprio non avevo pensato.»

Di magnifico Clegane non aveva nulla. La sua armatura era d’acciaio grigio opaco, priva di qualsiasi sigillo, di qualsiasi ornamento. Stava indicando la posizione agli uomini con la sua lama, una spada lunga da impugnarsi a due mani che lui maneggiava con una mano sola. «Decapiterò con le mie mani chiunque si ritira!» stava gridando quando notò Tyrion. «Folletto! Prendi il fianco sinistro. Tieni il fiume. Se ce la fai.»

Il lato sinistro del lato sinistro. Per riuscire ad aggirarli, gli Stark avrebbero dovuto avere cavalli in grado di galoppare sull’acqua. Tyrion condusse i suoi uomini verso la riva. «Là!» indicò con l’ascia. «Il fiume…» Un pallido velo di nebbia fluttuava ancora sulla superficie liquida e l’opaca corrente verde scuro fluiva sotto di esso. Il fondale era basso in quel punto, fangoso e intasato di canne. «Il fiume è nostro. Qualsiasi cosa accada, tenetevi vicini all’acqua. Non perdetela mai di vista. Non lasciate che il nemico passi tra noi e il fiume. E se ci sporcano l’acqua, tagliategli via il cazzo e datelo da mangiare ai pesci!»

Shagga aveva un’ascia in ogni pugno e le fece cozzare una contro l’altra. «Mezzo-uomo!» urlò.

Altri Corvi di pietra raccolsero il grido, e assieme a loro anche le Orecchie nere e i Fratelli della luna. Gli Uomini bruciati non gridarono, ma fecero risuonare spade e picche. «Mezzo-uomo! Mezzo-uomo! Mezzo-uomo!»

Tyrion fece ruotare il proprio corsiero, in modo da avere una prospettiva completa del terreno di scontro. Il suolo era ondulato e scabroso. Dal molle fango lungo la sponda, saliva in leggera pendenza verso la strada del Re, oltre la quale, a est, si faceva accidentato e sassoso. Qualche albero punteggiava le pendici delle colline, ma la maggior parte della terra era stata diboscata e coltivata.

Il cuore gli martellava nel petto, al ritmo dei tamburi del Nord. Sotto gli strati di cuoio e acciaio, la sua fronte era madida di sudore freddo. Osservò ser Gregor muoversi avanti e indietro lungo la prima linea, gridando e gesticolando. Anche quest’ala era composta da cavalleria, ma mentre l’ala destra era il pugno d’acciaio dei cavalieri e dei lancieri pesanti, l’ala sinistra era formata dalla feccia dell’Ovest: arcieri a cavallo in tuniche di cuoio, una tumultuosa e indisciplinata massa di mercenari, contadini su cavalli da tiro armati di falci e delle spade arrugginite dei loro padri, ragazzi male addestrati dei bassifondi di Lannisport… più Tyrion e i suoi barbari delle montagne.

«Carne per corvi» borbottò Bronn dando voce ai pensieri di Tyrion. Non poté fare altro che annuire. Il lord suo padre era forse uscito di senno? Niente picche, troppo pochi arcieri, uno scarno manipolo di cavalieri, e poi gente male armata e senza armatura, guidati da un bruto privo di cervello che comandava con la ferocia… Come poteva suo padre aspettarsi che quella farsa di schieramento riuscisse a tenere il fianco sinistro?

Non ebbe più il tempo di pensarci. I tamburi erano tanto vicini da propagare le loro vibrazioni alle sue ossa, da fargli tremare le mani. Bronn sfoderò la spada lunga, e d’un tratto eccolo, l’esercito del Nord. Traboccava dalla sommità delle colline, avanzava con passo controllato, dietro una barriera di scudi e di picche.

“Che gli dei siano dannati: guardali!…” pensò Tyrion, pur sapendo che suo padre aveva più uomini sul campo. I comandanti dell’Inverno guidavano le truppe in sella a cavalli da guerra, e i portabandiera cavalcavano accanto a loro innalzando i vessilli. Riconobbe l’alce degli Hornwood, il sole dei Karstark, l’ascia da guerra di lord Cerwyn, il pugno guantato di maglia di ferro dei Glover… e le torri gemelle dei Frey, blu in campo grigio. Addio anche alla certezza che lord Walder non si sarebbe mosso. E dovunque sventolava il drappo bianco degli Stark, i meta-lupi grigi che parevano saltare e avventarsi ogni volta che gli stendardi si attorcigliavano nel vento sui pennoni. “Dov’è il ragazzo?” si chiese Tyrion.

Un corno da guerra fece udire la propria voce: Harooooooooooo. Un lamento basso, raggelante come i gelidi venti del Nord. Con squillante sfida, le trombe dei Lannister risposero: Da-DAAA, da-DAAA, da-DA, da-DA, da-DAAAAAA. Un suono che Tyrion trovò in certo qual modo meno forte, quasi ansioso. Sentì qualcosa agitarsi nel proprio ventre, qualcosa di liquido, acido, e sperò di non sentirsi male.

Un sibilo dilagò nell’aria, spazzando via quanto restava delle ultime note del corno e delle trombe. Una vasta nube di frecce si levò dalla sua destra, dallo sbarramento di arcieri lungo la strada del Re. I soldati del Nord vennero all’attacco di corsa, urlando, ma le frecce Lannister piovvero su di loro come grandine, a centinaia, a migliaia e le grida si tramutarono in un coro di sofferenza. Molti caddero, e già una seconda ondata di frecce volava nell’aria mentre gli arcieri Lannister incoccavano per la terza ondata.

Le trombe squillarono di nuovo: Da-DAAA, da-DAAA, da-DA, da-DA, da-DAAAAAA. Ser Gregor mulinò l’enorme spada e urlò un comando. Dietro di lui, migliaia di voci gli risposero. Tyrion diede di speroni e aggiunse la propria voce alla cacofonia. L’avanguardia si lanciò all’attacco. «Il fiume!» si sgolò Tyrion rivolto ai barbari delle montagne. «Ricordate di coprire il fiume!» Fu alla loro testa, ma non per molto: Chella lanciò un urlo assordante e lo sorpassò al galoppo. Shagga lo superò a sua volta, gridando. Gli altri clan tennero loro dietro, lasciando Tyrion nella polvere.

Di fronte a loro aveva preso forma una mezzaluna di lancieri, una specie di porcospino con aculei d’acciaio che emergevano dalla barriera di alti scudi di quercia con il sole dei Karstark. Gregor Clegane, alla testa di un cuneo di veterani in armatura, fu il primo ad arrivare loro addosso. All’ultimo secondo, metà dei cavalli esitò, interrompendo la carica davanti alle lance. L’altra metà venne fatta a pezzi dal porcospino di lance, il torace squarciato dall’acciaio. Tyrion vide una dozzina di uomini cadere. Lo stallone della Montagna che cavalca si rizzò sulle zampe posteriori, gli zoccoli annasparono nell’aria mentre una lancia lo infilzava alla gola. Impazzito dal dolore, l’animale sfondò i ranghi. Lance, tante altre lance, affondarono nel suo corpo da tutti i lati, ma sotto il suo peso lo sbarramento cedette e i soldati del Nord arretrarono davanti ai frenetici sussulti di agonia dello stallone. Mentre il suo cavallo cadeva perdendo sangue dalla bocca e dalle narici, le mascelle serrate negli ultimi spasmi, la Montagna che cavalca si rialzò incolume, menando fendenti con l’enorme spada.

Shagga s’infilò nella breccia prima che questa tornasse a chiudersi, e altri Corvi di pietra passarono a loro volta.

«Uomini bruciati!» urlò Tyrion. «Fratelli della luna! Dietro di me!…» Ma la maggior parte di loro erano davanti a lui. Vide Timett figlio di Timett piroettare a terra in pieno galoppo mentre il cavallo gli moriva sotto. Vide un Fratello della luna impalato su una lancia Karstark, vide il cavallo di Conn sfondare il petto a un lanciere con un calcio. Da chissà dove, Tyrion non riuscì a capirlo, piovve su di loro un altro nugolo di frecce. Piovve sugli Stark e sui Lannister, indistintamente, e rimbalzò sulle corazze o penetrò nella carne. Tyrion sollevò lo scudo e si protesse sorto di esso.

Lo schieramento Karstark aveva ceduto. I soldati del Nord furono costretti ad arretrare sotto l’impeto di un attacco di cavalleria. Tyrion guardò Shagga abbattere un lanciere, povero idiota che gli si era gettato contro. L’ascia del barbaro demolì corazza, maglia di ferro, torace e polmoni. L’uomo morì in piedi, la lama della bipenne intrappolata nel petto, eppure Shagga continuò a cavalcare e aprì in due lo scudo di un altro nemico con la seconda ascia, mentre il cadavere che si trascinava dietro sussultava e sobbalzava come un pupazzo. Finalmente il cadavere si staccò. Shagga urlò e picchiò le due asce una contro l’altra.

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