«Gli esploratori di ser Addam riferiscono che l’esercito degli Stark ha lasciato le Torri Gemelle e si sta spostando verso sud» riferì lord Tywin mentre il suo piatto veniva riempito di carne affettata. «Con loro c’è anche un contingente di lord Frey. Si trovano a non più di una giornata di marcia da noi.»
«Padre, ti prego, sto per mettermi a mangiare.»
«Forse il pensiero di affrontare il ragazzo Stark ti castra? Tuo fratello Jaime sarebbe ansioso di scontrarsi con lui.»
«Io invece preferisco scontrarmi con quel maialetto. Robb Stark non è tenero nemmeno la metà e di certo è molto meno saporito.»
«Mi auguro che i tuoi selvaggi non condividano la tua riluttanza.» Lord Lefford, acido responsabile dei rifornimenti, si protese verso di lui. «Diversamente, si rivelerebbero uno spreco di valido acciaio.»
«I miei selvaggi faranno un eccellente uso del tuo acciaio, lord Lefford» replicò Tyrion. Chiedere a Lefford armi e armature per equipaggiare i trecento uomini che Ulf aveva portato fino al piede delle colline era stato peggio che chiedergli di gettare loro in pasto le sue figlie vergini.
«Ho visto quello grosso e peloso, oggi» proseguì lord Lefford. «Quello che ha insistito per avere due asce da combattimento, entrambe pesanti bipenni d’acciaio, con le lame a semiluna.»
«A Shagga piace uccidere con entrambe le mani» gli spiegò Tyrion, inebriato dal profumo che si levava dal piatto che gli era stato posto di fronte.
«Eppure continua a portare l’ascia di legno di traverso alla schiena.»
«Shagga è dell’opinione che tre asce sono meglio di due.» Tyrion affondò pollice e indice nel piatto del sale e ne lasciò cadere sulla carne una dose consistente.
Ser Kevan si protese in avanti a sua volta. «Abbiamo pensato di mettere te e i tuoi barbari nell’avanguardia, quando si arriverà allo scontro.»
Ben di rado ser Kevan Lannister pensava cose che lord Tywin Lannister non avesse pensato prima di lui.
Tyrion tagliò un pezzo di carne e fece per portarselo alla bocca, ma abbassò la mano. «L’avanguardia?» ripeté in tono dubbioso. I casi erano due: il lord suo padre aveva maturato un nuovo rispetto per le sue abilità, oppure aveva deciso di eliminare una volta per sempre l’imbarazzo di averlo come figlio. Tyrion provava la sgradevole sensazione di conoscere la risposta.
«Sembrano feroci al punto giusto» insisté ser Kevan.
«Feroci?» Tyrion si rese conto che stava ripetendo ogni parola di suo zio come un uccello ammaestrato. Lord Tywin lo fissava, lo valutava, soppesava ogni sua parola. «Lascia che ti dica qualcosa sulla loro ferocia. La notte scorsa, un Fratello della luna ha accoltellato un Corvo di pietra per una salsiccia. Perciò oggi, mentre mettevamo giù l’accampamento, tre Corvi di pietra l’hanno preso e gli hanno aperto la gola. Forse si erano messi in testa di recuperare la salsiccia, difficile saperlo con certezza. Bronn è riuscito a impedire a Shagga di mozzare il cazzo al cadavere, e per fortuna. Ma anche così Ulf continua a richiedere un prezzo di sangue, che Conn e Shagga rifiutano di pagare.»
«Quando i soldati sono carenti di disciplina» disse lord Tywin «la colpa è del loro comandante.»
Suo fratello Jaime non aveva mai avuto problemi nel fare sì che i guerrieri fossero pronti a seguirlo, e anche a morire. Al Folletto, un simile dono mancava. Era con l’oro che lui si comprava la lealtà, ed era con il peso del nome che imponeva l’obbedienza. «Per cui un uomo più grande sarebbe in grado di mettere loro paura, è questo che stai dicendo, mio signore?»
Lord Tywin si rivolse a suo fratello: «Se gli uomini di mio figlio non sono in grado di obbedire ai suoi ordini, forse non è l’avanguardia il posto adatto a lui. Non dubito che si sentirebbe più a suo agio nelle retrovie, a sorvegliare i carri del vettovagliamento».
«Non farmi alcuna gentilezza, padre.» Tyrion sentì una vampata di rabbia. «Se non hai un altro comando, l’avanguardia va benissimo.»
«Io non ho mai parlato di comando.» Lord Tywin studiò freddamente il figlio nano. «Tu servirai sotto ser Gregor Clegane.»
Tyrion staccò un morso di carne di maiale, masticò per qualche momento, poi lo sputò con ira. «In fin dei conti, non credo di avere così fame.» Si alzò a fatica dal tavolo. «Miei lord, con permesso.»
Con un secco cenno del capo, lord Tywin lo congedò. Tyrion si voltò e si allontanò. Era consapevole dei loro sguardi su di sé mentre caracollava giù per la collina. Uno scroscio di risate seguì la sua discesa. Non si voltò indietro. Che ci si strozzassero tutti quei ser e quei lord con i maialini da latte.
Nella luce morente del crepuscolo, i vessilli apparivano tutti neri. L’accampamento Lannister si dilatava per miglia, tra il fiume e la strada del Re. In quel labirinto fatto di tende, cavalli e alberi era facile perdersi. E Tyrion finì col perdersi. Superò una dozzina di ampi padiglioni e almeno un centinaio di fuochi. Lucciole svolazzavano tra le tende, simili a stelle vagabonde. Gli arrivò l’odore di salsicce all’aglio, un odore saporito, speziato, così invitante da fargli brontolare lo stomaco vuoto. In distanza, udì le rime di una canzone oscena cantata in coro. Una donna lo superò di corsa, ridacchiando, nuda sotto un mantello nero. Quello che la inseguiva, ubriaco fradicio, incespicava sulle radici degli alberi. Più oltre, lungo la sponda di un piccolo torrente, due lancieri si stavano addestrando con parate e affondi, finte e attacchi, il petto nudo lucido di sudore.
Nessuno lo degnò di un’occhiata. Nessuno gli rivolse la parola. Nessuno gli prestò attenzione. Era circondato da uomini che avevano giurato fedeltà alla Casa Lannister, un enorme esercito forte di ventimila uomini, ma era solo.
Dall’oscurità, venne il profondo rimbombo della risata di Shagga e si fece guidare da quel suono fino ai Corvi di pietra, piccolo gruppo raccolto in un angolo della notte. «Tyrion! Mezzo-uomo!» Conn figlio di Coratt sollevò una grossa caraffa di birra. «Vieni al nostro fuoco, dividi la carne con i Corvi di Pietra. Abbiamo un bue.»
«Lo vedo, Conn figlio di Coratt.» La colossale carcassa era sospesa ad arrostire su fiamme ruggenti, infilzata su uno spiedo grosso quanto un tronco d’albero. Anzi: era un tronco d’albero, nessun dubbio in merito. Ci volevano due Corvi di pietra per farlo ruotare. Sangue e grasso grondavano sul fuoco. «Ti ringrazio. Mandami a chiamare quando sarete riusciti a cuocerlo.» Il Folletto passò oltre. Chissà se avrebbero finito prima della battaglia…
Ogni clan aveva il proprio fuoco. Le Orecchie nere non mangiavano con i Corvi di pietra. I Corvi di pietra non mangiavano con i Fratelli della luna. E nessuno mangiava con gli Uomini bruciati.
La modesta tenda che Tyrion era riuscito a strappare ai magazzini di lord Lefford era stata eretta al centro di quei quattro fuochi. Tyrion trovò Bronn intento a bere vino con i nuovi servitori. Lord Tywin aveva concesso al figlio uno stalliere e un attendente, arrivando addirittura a insistere che prendesse anche uno scudiero. Erano tutti seduti attorno alle braci di un piccolo focolare. C’era anche una ragazza con loro, snella, capelli scuri, non più di diciotto anni. Tyrion studiò il suo viso per qualche istante prima di portare lo sguardo sulle lische di pesce gettate tra le ceneri. «Cos’avete mangiato?»
«Trote, signore» rispose lo stalliere. «Le ha pescate Bronn.»
“Trote. Maialini da latte.” Tyrion fissò le lische con aria sconsolata, mentre il suo stomaco brontolava di nuovo. “Che mio padre sia dannato.”
Il suo scudiero un ragazzo che portava lo sfortunato nome di Podrick Payne, inghiottì qualsiasi cosa stesse per dire. Era un lontano cugino di ser Ilyn Payne, il boia del re… ed era quasi altrettanto silenzioso, anche se non per carenza di lingua. Per esserne certo, Tyrion gliel’aveva fatta tirare fuori. «La lingua ce l’hai» aveva commentato. «Forse un giorno riuscirai anche a usarla.»
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