Ma in quel momento non aveva la pazienza di cercare di estrarre qualche parola da quel ragazzo. Inoltre, sospettava che suo padre gliel’avesse scaricato addosso quale ennesimo gesto di crudele derisione. Tyrion riportò la propria attenzione sulla ragazza. «È lei?» chiese a Bronn.
Lei si alzò con grazia, guardandolo dall’alto del suo metro e mezzo abbondante. «Sì, mio signore. E lei può anche rispondere da sola, se a te compiace.»
«Sono Tyrion, della Casa Lannister» inclinò il capo da una parte. «Gli uomini mi chiamano il Folletto.»
«Mia madre mi ha dato il nome di Shae. E gli uomini mi chiamano… spesso.»
Bronn rise. Tyrion non trattenne un sorriso. «Nella tenda, Shae, se ti compiace.» Sollevò il lembo dell’ingresso per permetterle di precederlo. Entrò anche lui e s’inginocchiò per accendere una candela.
La vita di un soldato non era del tutto priva di vantaggi. Dovunque sorgesse un accampamento, si poteva stare certi che qualcuno si sarebbe messo al seguito. Al termine del giorno di marcia, Tyrion aveva mandato Bronn a cercargli una puttana decente. «Ne vorrei una ragionevolmente giovane» gli aveva detto. «Quanto più graziosa tu riesca a trovarla. E se magari quest’anno è anche riuscita a lavarsi qualche volta, non potrò che esserne lieto. Dille chi sono. E avvertila di che cosa sono.» Jyck non si era sempre ricordato di dirlo. Nell’incontrare il giovane signore che erano state assoldate per compiacere, c’era un lampo nello sguardo di alcune ragazze, un lampo che Tyrion Lannister avrebbe preferito di vedere mai più.
Sollevò la candela per guardarla meglio. Bronn aveva scelto bene: occhi grandi e corpo sottile, seni piccoli e sodi, e un sorriso in grado di passare dalla timidezza, all’insolenza, alla cruda sensualità. Al Folletto, tutto questo piacque.
«Devo togliermi la veste, mio signore?»
«A tempo debito. Sei vergine, Shae?»
«Se fa piacere al mio signore» rispose lei, tutta arrendevole.
«Mi piacerà solo se è la verità.»
«Lo è. Ma la verità costa il doppio.»
Tyrion decise che sarebbero andati perfettamente d’accordo. «Sono un Lannister. Per me l’oro non è un problema e sarò generoso. Ma voglio di più di quello che hai tra le gambe, per quanto vorrò anche quello. Condividerai la mia tenda, mi verserai il vino, riderai alle mie battute e mi massaggerai le gambe dopo un lungo giorno passato a cavallo. E che io ti tenga con me per un giorno o per un anno, finché siamo assieme non accoglierai nel tuo letto nessun altro uomo.»
«Lo trovo giusto.» Shae abbassò le mani, afferrò l’orlo del semplice abito di cotone e lo sfilò da sopra la testa, gettandolo di lato con un movimento fluido. Sotto, non c’era altro che Shae. «Mio signore, se non metti giù la candela finirai col bruciarti le dita.»
Tyrion posò la candela, le prese una mano e gentilmente l’attirò a sé. Lei si chinò a baciarlo. La sua bocca sapeva di miele, di chiodi di garofano. Le sue dita non ebbero esitazioni nel trovare i lacci che gli chiudevano gli abiti, nello sciogliere i nodi.
Tyrion la penetrò e lei rispose con sussurri di tenerezza e piccoli sussulti di piacere. Forse quella sua delizia era finta, ma una finzione così perfetta che non aveva importanza. Non pretendeva la verità anche su quello.
In seguito, con Shae stretta quietamente tra le braccia, Tyrion si rese conto di avere avuto bisogno di lei. Di lei o di qualcuno come lei. Era passato quasi un anno dall’ultima volta che era giaciuto con una donna, fin da prima di partire assieme a suo fratello e a re Robert alla volta di Grande Inverno. Forse il giorno dopo sarebbe morto, o forse il giorno dopo ancora. In ogni caso, preferiva andare nella tomba portando con sé il pensiero di Shae, piuttosto che quello di suo padre, o di Lysa Arryn, o di lady Catelyn Stark.
Contro il braccio, sentì la morbida pressione dei seni di Shae. Gli piaceva sentirla. Una canzone tornò nella sua testa. Piano, quasi in un soffio, si mise a fischiettarla. «Che canzone è, mio signore?» sussurrarono le labbra di Shae vicino a lui.
«Niente. Qualcosa che imparai da ragazzo, niente di più. Dormi, piccola.»
Una volta che la ragazza ebbe chiuso gli occhi e il suo respiro fu diventato profondo e regolare, Tyrion si sciolse dal suo abbraccio, gentilmente, in modo da non svegliarla. Uscì nudo nella notte, scavalcò il suo scudiero e aggirò la tenda per farsi una pisciata.
Seduto a gambe incrociate sotto un castagno, a breve distanza da dov’erano legati i cavalli, Bronn era intento ad affilare la spada, del tutto sveglio. Il mercenario sembrava non dormire mai.
«Dove l’hai trovata?» gli chiese Tyrion mentre pisciava.
«L’ho portata via a un cavaliere. Non voleva mollarla, ma il tuo nome gli ha fatto cambiare idea… quello e la mia daga alla gola.»
«Splendido.» Tyrion scosse le ultime gocce dalla punta. «Mi sembra però di ricordare di averti detto di trovarmi una puttana, non di farmi un nemico.»
«Le puttane carine sono tutte prese, ma se proprio insisti, sarò lieto di riportarla dove l’ho trovata e di procurarti qualche megera senza denti.»
«Il lord mio padre giudicherebbe il tuo un atteggiamento d’insolenza» disse Tyrion avvicinandosi al mercenario «e lo punirebbe sbattendoti in una miniera.»
«Fortuna per me che non sei tuo padre, allora. Ne ho vista una col naso pieno di pustole. Che ne dici, te la prendo?»
«Ma come, e spezzarti il cuore? Mi tengo Shae. Putacaso, non è che ricordi il nome del cavaliere al quale l’hai portata via, vero? Non vorrei ritrovarmelo accanto in combattimento.»
«Non ti preoccupare, nano.» Agile e aggraziato come un felino, Bronn si alzò ed esaminò il doppio taglio della spada. «Ti sarò accanto io in combattimento.»
Tyrion annuì. L’aria della notte era tiepida sul suo petto nudo. «Fa’ sì che io sopravviva, Bronn, e qualsiasi cosa chiederai sarà tua.»
Bronn passò la spada lunga da una mano all’altra ed eseguì un fendente di prova. «E chi potrebbe voler far fuori uno come te?»
«Mio padre, tanto per fare un nome. Mi ha messo nell’avanguardia.»
«Io avrei fatto lo stesso. Piccolo uomo con grande scudo. Gli arcieri nemici non capiranno più niente.»
«Ti trovo particolarmente spiritoso questa sera, Bronn. Devo essere diventato pazzo.»
Il guerriero rimise la spada nel fodero. «Non c’è il minimo dubbio.»
Quando Tyrion rientrò nella tenda, Shae lo guardò sistemandosi in appoggio su un gomito. «Mi sveglio, e il mio lord se n’è andato» disse con voce assonnata.
«Il mio lord è tornato, adesso.» Scivolò accanto a lei.
La mano di Shae andò a esplorare tra le sue gambe deformi e trovò quello che cercava, eretto. «Sì che è tornato» gli sussurrò, massaggiandolo.
Le chiese dell’uomo al quale Bronn l’aveva portata via e lei fece il nome di un oscuro vassallo di un ancora più oscuro giovane lord. «Non devi preoccuparti di lui, mio lord» disse Shae senza smettere di lavorarsi il suo uccello. «È un omino piccolo.»
«E io che cosa sarei, un gigante?»
«Oh, sì» fece le fusa lei. «Il mio gigante di Lannister.» Gli montò sopra, e per un po’, Tyrion Lannister quasi ci credette. Si addormentò con il sorriso sulle labbra…
… e si svegliò nelle tenebre, al suono delle trombe. Shae lo stava scuotendo per la spalla. «Mio lord» bisbigliava. «Mio lord, svegliati. Ho paura.»
Intontito, si mise seduto e gettò da parte la coperta. Le trombe ululavano nella notte, un suono selvaggio, sprezzante, un suono che gridava “presto-presto-presto”. Udì richiami, tintinnare di speroni, nitriti di cavalli, ma nulla che indicasse il combattimento. «Le trombe del lord mio padre» disse. «Adunata di battaglia. Pensavo che il giovane Stark fosse ancora a un giorno di marcia.»
Читать дальше