George Martin - Il trono di spade

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Il trono di spade: краткое содержание, описание и аннотация

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In una terra fuori dal mondo, dove le estati e gli inverni possono durare intere generazioni, sta per esplodere un immane conflitto. Sul Trono di Spade, nel Sud caldo e opulento, siede Robert Baratheon. L’ha conquistato dopo una guerra sanguinosa, togliendolo all’ultimo, folle re della dinastia Targaryen, i signori dei draghi. Ma il suo potere è ora minacciato: all’estremo Nord la Barriera — una muraglia eretta per difendere il regno da animali primordiali e, soprattutto, dagli Estranei — sembra vacillare. Si dice che gli Estranei siano scomparsi da secoli. Ma se è vero, chi sono quegli esseri con gli occhi così innaturalmente azzurri e gelidi, nascosti tra le ombre delle foreste, che rubano la vita o il sonno a chi ha la mala di incontrarli?

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Dentro la città era peggio. La maggior parte delle case continuava a bruciare e gli jaqqa rahn avevano eseguito bene il loro macabro lavoro. Le stradine strette e tortuose erano piene di cadaveri decapitati. Daenerys e il suo gruppo passarono davanti ad altri stupri. E ogni volta Dany fermò il cavallo, ordinò al suo khas di porvi fine e dichiarò le donne come proprie schiave. Una di loro, una donna sulla quarantina, corpo tozzo, naso schiacciato, benedisse Dany usando in modo incerto la lingua comune. Dalle altre ottenne solo sguardi cupi. Non si fidavano di lei, si rese conto con tristezza. Temevano di essere state risparmiate per una sorte addirittura peggiore.

«Non possono diventare tutte tue, figliola» disse ser Jorah la quarta volta che si fermarono, mentre i guerrieri del khas ammassavano altre schiave dietro di loro.

«Io sono khaleesi» gli ricordò Daenerys. «Erede dei Sette Regni, sangue del drago. Non spetta a te dirmi che cosa posso o non posso fare.» Un edificio in fiamme collassò su se stesso in un vortice di fuoco e fumo. Da qualche parte, udì urla disperate e pianti di bambini terrorizzati.

Trovarono khal Drogo seduto davanti a un tempio squadrato, privo di finestre, dagli spessi muri di fango essiccato e sormontato da una cupola a bulbo simile a una gigantesca cipolla scura. Accanto aveva una pila di crani decapitati più alta di lui. Una delle corte frecce degli Uomini agnello era ancora conficcata nel suo braccio destro e lo passava da parte a parte. Il suo torace nudo scintillava di sangue a sinistra, come se qualcuno gli avesse gettato addosso della tinta fresca. Con lui c’erano i suoi tre cavalieri di sangue.

Jhiqui aiutò Daenerys a smontare. Il suo ventre sempre più gonfio e pesante la rendeva sempre più goffa e lenta. S’inginocchiò davanti al khal. «Mio sole-e-stelle, sei ferito.» Un arakh aveva prodotto un taglio poco profondo ma ampio. Il capezzolo sinistro non c’era più e un lembo di carne sanguinante penzolava dal suo petto come uno straccio fradicio.

«Solo graffio, luna-della-mia-vita. Arakh di cavaliere di sangue di khal Ogo» le rispose khal Drogo nella lingua comune. «Io lui uccido per questo. Anche Ogo.» Voltò la testa in un lieve tintinnio di campanelle. «È Ogo, tu senti? E Fogo, khal dopo Ogo.»

«Nessun uomo può sconfiggere il sole della mia vita» disse Daenerys. «Padre dello stallone che monta il mondo.»

Un guerriero arrivò al galoppo e volteggiò giù di sella. Investì Haggo con un fiume di parole in irata lingua dothraki, troppo rapido perché Dany potesse capire. L’enorme cavaliere di sangue le scoccò un’occhiata dura prima di rivolgersi al suo khal. «Questo è Mago, del khas di Ko Jhaqo. Dice che la tua khaleesi gli ha preso il suo bottino, una figlia degli agnelli sua da montare.»

L’espressione di khal Drogo, chiusa e impassibile, contrastava con il lampo di curiosità nel suo sguardo. «Dimmi la verità in merito a questo, luna della mia vita» le comandò in dothraki.

Rispondendo nella medesima lingua, in modo che il khal comprendesse bene, con parole semplici e dirette, Daenerys gli disse ciò che aveva fatto.

«Questa è la guerra.» La fronte di Drogo era corrugata. «Queste donne ora sono nostre schiave. Di loro, possiamo fare ciò che vogliamo.»

«Ciò che io voglio è che rimangano al sicuro» replicò Dany chiedendosi se non avesse osato troppo. «Se i tuoi guerrieri desiderano montare queste donne, che le prendano con gentilezza e che ne facciano le loro mogli. Da’ loro un posto nel khalasar e accetta i loro figli.»

Qotho era sempre il più crudele dei cavalieri di sangue. Fu lui a riderle in faccia. «Da quando il cavallo si accoppia con le pecore?»

Qualcosa, nel suo tono, le fece tornare alla mente Viserys. Dany si voltò verso di lui, irata. «Il drago divora sia i cavalli sia le pecore.»

«Visto quale fierezza!» Khal Drogo sorrise. «C’è mio figlio in lei, lo stallone che monta il mondo, a riempirla di fuoco. Rallenta la tua cavalcata, Qotho. Se non è la madre a bruciarti lì dove ti trovi, sarà il figlio a schiacciarti nel fango. E tu, Mago, tieni a posto la lingua e trovati un altro agnello da montare. Queste appartengono alla mia khaleesi.» Allungò una mano verso Daenerys, ma nel movimento il suo volto si alterò per il dolore e girò la testa. Dany poté quasi percepire la sua sofferenza. Quelle ferite erano ben più gravi di quanto non le avesse detto ser Jorah. «Dove sono i guaritori?» chiese. In un khalasar ne esistevano di due tipi: donne sterili e schiavi eunuchi. Alle donne spettavano le pozioni d’erbe e gli incantesimi. Agli eunuchi il coltello, l’ago e il fuoco. «Perché non sono qui a occuparsi del khal?»

«Il khal ha allontanato gli uomini privi di peli, khaleesi» le disse Cohollo. Daenerys vide che anche il più anziano dei cavalieri di sangue era ferito: c’era un profondo squarcio nella sua spalla sinistra.

«Molti guerrieri sono feriti» si ostinò khal Drogo. «Che siano loro a essere curati per primi. Questa freccia non è che una puntura di zanzara. E questo taglio, solo un’altra cicatrice da mostrare a mio figlio.»

Ma dove la lama dell’araldi si era aperta la strada, Dany poteva vedere le fibre muscolari messe a nudo. Un rigagnolo di sangue continuava a colare dal punto d’ingresso della freccia nel braccio.

«L’attesa non è degna di khal Drogo» esclamò. «Jhogo, va’ alla ricerca di quegli eunuchi e portali qui subito!»

«Donna d’argento…» disse una voce femminile alle spalle di Daenerys «…io sono in grado di aiutare il grande cavaliere ferito.»

Dany si girò. Era una delle schiave che lei aveva reclamato, quella dal naso schiacciato che l’aveva benedetta.

«Il khal non ha nessun bisogno di aiuto dalle donne che si accoppiano con le pecore» esclamò Qotho. «Aggo, mozzale la lingua.»

Aggo afferrò la donna per i capelli e le mise l’arakh sulla gola.

«No.» Dany lo fermò con un gesto. «Lei è mia. Lasciala parlare.»

Aggo spostò lo sguardo da lei a Qotho, infine abbassò la lama.

«Non ho alcuna intenzione maligna, fieri guerrieri.» La donna parlava dothraki fluentemente. Un tempo, gli abiti che indossava erano stati lane leggerissime e raffinate, arricchite di elaborati ricami. Adesso erano ridotti a stracci infangati, insanguinati, strappati. La donna reggeva con la mano un lembo lacerato, tenendo coperto uno dei suoi seni pesanti. «Possiedo alcune cognizioni delle arti guaritrici.»

«Chi sei?» le chiese Daenerys

«Il mio nome è Mirri Maz Duur. Sono la sacerdotessa di questo tempio.»

«Maegi» borbottò Haggo tormentando l’impugnatura del suo arakh. Il suo sguardo era cupo. Daenerys ricordò una terribile storia che Jhiqui le aveva narrato una notte, mentre sedevano attorno al fuoco. Una maegi era una donna che giaceva con i demoni e praticava la più nera delle magie, un essere spregevole, diabolico e senz’anima, che attaccava gli uomini nel cuore della notte, risucchiando dai loro corpi la forza vitale.

«Sono una guaritrice» aggiunse Mirri Maz Duur.

«Di pecore» la sbeffeggiò Qotho. «Sangue del mio sangue, io dico di uccidere questa maegi e di attendere gli uomini privi di peli.»

Daenerys ignorò lo sfogo del cavaliere di sangue. Ai suoi occhi, quella donna dall’aspetto bonario e dal corpo appesantito non appariva affatto come una maegi. «Dove hai imparato le arti guaritrici, Mirri Maz Duur?»

«Mia madre è stata sacerdotessa prima di me. Fu lei a insegnarmi i canti, e le invocazioni che più fanno piacere al Grande Pastore e a dirmi come ottenere i sacri fumi e gli unguenti dalle foglie e dalle radici e dalle bacche. Quando ero giovane e attraente, viaggiai su una carovana fino ad Asshai presso la Terra delle Ombre, per apprendere le loro magie. Vascelli provenienti da molti paesi approdano ad Asshai, così mi fermai a studiare le arti della guarigione di quei popoli lontani. Un cantore della luna dei Jogos Nhai mi fece dono dei canti della nascita. Una donna del tuo stesso popolo m’insegnò i poteri dell’erba, del grano e del cavallo. E un maestro delle Terre del Tramonto aprì per me un corpo e mi mostrò tutti i segreti che si celano al disotto della pelle.»

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