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George Martin: Il regno dei lupi

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George Martin Il regno dei lupi
  • Название:
    Il regno dei lupi
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    2001
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-04-49654-1
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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Il regno dei lupi: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel terzo capitolo della saga delle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” una rossa cometa apparsa nel cielo dei Sette Regni sembra annunciare tremende sciagure. La lunga estate dell'abbondanza sta per finire, mentre quattro pretendenti, in aperta guerra gli uni contro gli altri, si contendono il Trono di Spade.

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«Sia pure, mio lord» disse Cressen in tono accomodante. «Grandi torti ti sono stati fatti, ma il passato è ormai polvere e il futuro potrebbe ancora essere tuo se tu unissi le tue forze a quelle degli Stark. Ci sono anche altri che combatterebbero al tuo fianco. Lady Lysa Arryn, per esempio. Se la regina ha davvero assassinato suo marito, di certo lady Arryn vorrà che giustizia venga fatta. Ha un figlio in tenera età, l’erede di Jon Arryn. Se Shireen diventasse la sua promessa sposa…»

«Il ragazzo è debole e malaticcio» obiettò lord Stannis. «Perfino suo padre se ne era reso conto. Per questo mi chiese di prenderlo con me alla Roccia del Drago. Farlo servire come paggio avrebbe forse potuto raddrizzarlo, ma la maledetta donna Lannister ha fatto avvelenare lord Arryn prima che la cosa fosse decisa. E adesso Lysa se lo tiene stretto al Nido dell’Aquila. E mai si separerà da quel ragazzino, te lo posso garantire.»

«E allora bisogna mandare Shireen al Nido dell’Aquila» continuò a insistere Cressen. «La Roccia del Drago è un luogo tetro per una fanciulla. E che con lei vada anche il suo giullare, in modo da lasciarle vicino un viso noto.»

«Noto e orribile» la fronte di Stannis si aggrottò. «Però… forse varrebbe la pena di tentare…»

«Il signore di diritto dei Sette Regni che implora l’aiuto di vedove e di usurpatori?» La voce della donna parve lo schioccare di una frusta.

Maestro Cressen si voltò, chinando il capo, detestando se stesso per non averla udita entrare.

«Mia lady.»

«Io non imploro nessuno» reagì duramente Stannis. «Questo non dimenticarlo mai, donna.»

«Sono lieta di sentirlo, mio lord.»

Lady Selyse era alta quanto il marito, esile nel corpo e nel viso, con grandi orecchie prominenti, naso a becco e appena un visibile accenno di peluria sul labbro superiore. Selyse la estirpava ogni giorno, e ogni giorno la malediceva, ma quella peluria si ostinava a riapparire. Aveva occhi spenti, la bocca dura, una voce come uno scudiscio. La fece schioccare di nuovo.

«Lady Arryn ti deve la sua fedeltà. E lo stesso vale per gli Stark, per tuo fratello Renly e per tutti gli altri. Sei tu l’unico vero re. E non sarebbe giusto pregare e negoziare con loro per ottenere ciò che ti spetta di diritto per grazia di dio.»

Disse “dio”, non “dei”. La donna rossa aveva vinto, l’aveva conquistata nel cuore e nello spirito. Le aveva fatto voltare le spalle agli dei dei Sette Regni, vecchi e nuovi, per spingerla ad adorare quello che veniva chiamato il Signore della luce.

«Il tuo dio può tenersela, la sua grazia.» Lord Stannis non condivideva la nuova fede della moglie. «È di spade che ho bisogno, non di benedizioni. A meno che tu non tenga nascosto da qualche parte un esercito di cui ti sei dimenticata di parlarmi.»

Non c’era alcun affetto nel tono del lord della Roccia del Drago. Stannis Baratheon era sempre stato a disagio in presenza delle donne, perfino della sua stessa moglie. Quando era andato ad Approdo del Re a prendere il suo posto nel Concilio ristretto del fratello Robert, aveva lasciato Selyse sull’isola assieme alla loro figlia. Le sue lettere erano state scarse, le visite ancora più rarefatte. Onorava i suoi doveri coniugali una, forse due volte l’anno, senza trarne alcuna gioia. E i figli maschi nei quali un tempo aveva sperato non erano mai arrivati.

«I miei fratelli e zii e cugini hanno eserciti» rispose Selyse. «La Casa Florent marcerà sotto il tuo vessillo.»

«La Casa Florent è in grado di schierare al massimo duemila spade.» Si diceva che Stannis fosse a conoscenza della forza di ogni singola nobile casata dei Sette Regni. «Quanto ai tuoi fratelli e ai tuoi zii, mia lady, tu hai molta più fiducia in loro di quanta ne abbia io. Le terre dei Florent sono troppo vicine ad Alto Giardino perché il lord tuo zio voglia davvero rischiare di incorrere nell’ira di Mace Tyrell.»

«C’è un altro modo.» Lady Selyse si avvicinò a lui. «Guarda dalla finestra, mio signore. Ecco il segno che stavi aspettando, lassù che splende. È rosso, il segno, il rosso della fiamma, il rosso del cuore infuocato dell’unico vero dio. È il suo vessillo… e anche il tuo! Guarda come si distende nei deli come il fiato rovente di un drago, e tu ora sei il signore della Roccia del Drago. Significa che il tuo momento è arrivato, maestà. Nulla è più certo di questo. Il tuo destino è salpare da questa roccia desolata come già Aegon il Conquistatore fece quando venne il suo momento. Il tuo destino è conquistare tutto, come anche lui fece. Basta che tu dica la parola, e che tu abbracci il potere del Signore della luce.»

«E quante spade il Signore della luce metterà sotto il mio comando?» domandò di nuovo Stannis.

«Tutte quelle che ti servono» promise la moglie. «Innanzi tutto, le spade di Capo Tempesta e quelle di Alto Giardino, più quelle di tutti i loro lord alfieri.»

«Davos non direbbe la stessa cosa» replicò Stannis. «Tutte quelle spade hanno già giurato fedeltà a Renly. Amano il mio fascinoso fratello minore, così come amavano Robert… e non hanno mai amato me.»

«Certo.» Selyse rimase impassibile. «Ma se Renly dovesse morire…»

Stannis rimase a fissare la sua signora, gli occhi ridotti a due fessure, fino a quando Cressen non fu più in grado di tenere a freno la lingua.

«Pensieri simili non devono albergare nella tua mente, lord Stannis. Per quante sciocchezze abbia commesso Renly…»

«Sciocchezze? Io le chiamerei tradimenti!» Stannis voltò le spalle alla moglie. «Mio fratello è giovane e in forze. Ha un vasto esercito attorno a lui, e anche questi… Cavalieri dell’arcobaleno.»

«Melisandre ha scrutato nelle fiamme» confidò lady Selyse «e ha visto Renly morto.»

«Fratricidio…» Cressen si sentì come soffocare dall’orrore. «Mio signore, ciò è malvagio, è impensabile… Ti prego, ascoltami…»

«E tu che cosa gli consiglierai, maestro?» Selyse lanciò al vecchio uno sguardo colmo di derisione. «Forse come riuscire ad avere metà del regno andando in ginocchio dagli Stark e vendendo nostra figlia a lady Arryn?»

«Ho udito i tuoi consigli, Cressen» lo congedò Stannis. «Ora udrò i suoi. Puoi andare, vecchio.»

Maestro Cressen piegò un ginocchio irrigidito. Nell’andarsene a passo lento da quella stanza troppo vuota, sentì lo sguardo di lady Selyse piantato nella schiena. Quando raggiunse i gradini di pietra alla base della torre, si reggeva in piedi a stento. Allungò una mano verso Pylos.

«Aiutami…» lo implorò.

Tornato nella quiete delle sue stanze, Cressen allontanò il giovane maestro e uscì zoppicando sulla balconata. Tornò tra i suoi due doccioni, a osservare l’oceano. Una delle navi da guerra di Salladhor Saan stava scivolando davanti al castello, la chiglia dipinta a colori vivaci che fendeva le acque plumbee, gli ordini di remi che si alzavano e si abbassavano ritmicamente. Rimase a guardarla fino a quando non svanì dietro un promontorio. “Come vorrei che anche le mie paure potessero svanire con altrettanta rapidità.” Aveva vissuto tanto a lungo per assistere a questo?

Nel momento in cui un maestro indossava la catena del suo ordine, abbandonava ogni speranza di avere figli. Eppure, Cressen si era spesso sentito un padre. Robert, Stannis, Renly… tre figli che era stato lui ad allevare dopo che il mare ruggente e impietoso si era portato via lord’Steffon. Era stato davvero un padre tanto degenere da essere costretto ora a guardare uno dei figli ucciderne un altro? Non poteva permetterlo, non l’avrebbe permesso.

La donna, era lei la chiave di tutto. Non lady Selyse, l’altra. “La donna rossa” la chiamavano i servi, timorosi anche solo di pronunciare il suo nome.

«Ma io lo pronuncio, il suo nome» disse Cressen al cerbero. «Melisandre. Proprio lei.»

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