«Non puoi lasciarla un po’ in pace?» chiese Harry a Ron, piano.
«No» rispose Ron in tono aspro. «Se almeno fosse un po’ dispiaciuta… ma non ammetterà mai di avere torto, Hermione. Si comporta ancora come se Crosta fosse in vacanza».
La festa dei Grifondoro finì solo quando la professoressa McGranitt comparve in vestaglia scozzese e retina sui capelli, all’una di notte, insistendo perché andassero tutti a dormire. Harry e Ron salirono nel dormitorio, discutendo la partita. Alla fine, esausto, Harry s’infilò nel letto, chiuse le tende del baldacchino per intercettare un raggio di luna, si distese e scivolò quasi immediatamente nel sonno…
Fece un sogno molto strano. Camminava in una foresta, con la Firebolt in spalla, seguendo qualcosa di un bianco argenteo che scivolava tra gli alberi davanti a lui e che Harry intravedeva a fatica tra le foglie. Ansioso di raggiungere la cosa, si affrettò, ma la sua preda accelerava. Harry prese a correre e altrettanto fece la cosa. Ora correva, e davanti sentiva un frastuono di galoppo… poi svoltò in una radura e…
«AAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRGGGHHHHH! NOOOOOOOOOOOOO!»
Harry si svegliò di colpo, come se qualcuno gli avesse dato uno schiaffo. Disorientato, nell’oscurità totale, trafficò con le tende. Sentiva dei movimenti attorno a sé, e la voce di Seamus Finnigan dall’altra parte della stanza esclamò:
«Che cosa succede?»
Harry credette di sentire sbattere la porta del dormitorio. Alla fine riuscì a dividere le tende, le aprì di scatto e nello stesso istante Dean Thomas accese la lanterna.
Ron era seduto sul letto, terrorizzato, e le sue tende erano tutte lacerate da una parte.
«Black! Sirius Black! Con un pugnale!»
« Che cosa? »
«Era qui! Un momento fa! Ha tagliato le tende! Mi ha svegliato!»
«Sicuro che non fosse un sogno, Ron?» chiese Dean.
«Guarda le tende! Te l’ho detto, era qui!»
Balzarono giù dal letto. Harry raggiunse per primo la porta del dormitorio, e filarono tutti giù per le scale. Si aprirono porte, echeggiarono voci assonnate…
«Chi ha gridato?»
«Che cosa succede?»
La sala comune era illuminata dal barlume del fuoco ormai quasi spento, ancora ingombra dei resti della festa. Era deserta.
«Sei sicuro che non è stato un sogno, Ron?»
«Ve l’ho detto, l’ho visto!»
«Cos’è tutto questo baccano?»
«La professoressa McGranitt ci ha detto di andare a dormire!»
Alcune ragazze erano scese dalla loro scala, sbadigliando e infilandosi la vestaglia. Anche i ragazzi comparvero un po’ alla volta.
«Magnifico, ricomincia la festa?» esclamò allegramente Fred Weasley.
«Tornate tutti di sopra!» disse Percy, entrando di corsa nella sala comune e agganciandosi il distintivo di Caposcuola sul pigiama.
«Perce… Sirius Black!» disse Ron debolmente. «Nel nostro dormitorio! Con un pugnale! Mi ha svegliato!»
Sulla sala comune scese il silenzio.
«Sciocchezze!» esclamò Percy stupefatto. «Hai mangiato troppo, Ron… hai avuto un incubo…»
«Ti dico che…»
«Insomma, quando è troppo è troppo!»
Era la professoressa McGranitt. Sbatté il ritratto alle sue spalle entrando nella sala comune e si guardò intorno furente.
«Sono felice che Grifondoro abbia vinto la partita, ma la cosa sta diventando ridicola! Percy, da te mi aspettavo di più!»
«Certo non sono stato io a dar loro il permesso, professoressa!» disse Percy, indignato. «Stavo proprio dicendo loro di tornare a letto! Mio fratello Ron ha avuto un incubo…»
«NON ERA UN INCUBO!» urlò Ron. «PROFESSORESSA, MI SONO SVEGLIATO E SlRIUS BLACK ERA SOPRA DI ME CON UN PUGNALE IN MANO!»
La professoressa McGranitt lo fissò incredula.
«Non dire sciocchezze, Weasley, come avrebbe fatto a passare attraverso il ritratto?»
«Glielo chieda!» disse Ron, puntando un dito tremante verso il retro del quadro di Sir Cadogan. «Gli chieda se ha visto…»
Guardando Ron con sospetto, la professoressa McGranitt riaprì il ritratto e uscì. Tutta la sala comune tese le orecchie, il fiato sospeso.
«Sir Cadogan, avete lasciato entrare un uomo nella Torre di Grifondoro?»
«Ma certo, Madama!» strillò Sir Cadogan.
Un silenzio attonito si diffuse dentro e fuori la sala comune.
«Da… davvero ?» disse la professoressa McGranitt. «Ma… la parola d’ordine?»
«Ce le aveva!» rispose Sir Cadogan fiero. «Aveva le parole d’ordine di tutta la settimana, mia signora! Le ha lette su un foglietto di carta!»
La professoressa McGranitt tornò dall’altra parte del ritratto, dove l’attendeva una folla turbata. Era bianca come gesso.
«Chi mai» disse con voce spezzata, «chi mai è stato di una stupidità così abissale da scrivere le parole d’ordine della settimana e da lasciarle in giro?»
Calò il silenzio totale, rotto solo da una specie di pigolio. Neville Paciock, tremando dalla punta dei capelli ai piedi calzati in soffici pantofole, alzò lentamente la mano.
Capitolo 14
L’ira di Piton
Quella notte nessuno dormì nella Torre del Grifondoro. Sapevano che il castello sarebbe stato perquisito un’altra volta, e tutta la Casa rimase sveglia nella sala comune, in attesa di scoprire se Black era stato catturato. La professoressa McGranitt tornò all’alba per far sapere ai ragazzi che era riuscito a fuggire.
Il giorno dopo riconobbero ovunque i segni di una sorveglianza più stretta. Il professor Vitious stava insegnando alle porte principali a riconoscere Sirius Black da una grossa foto; Gazza andava su e giù per i corridoi a inchiodare assi dappertutto, dalle minuscole crepe nelle pareti alle tane di topo. Sir Cadogan era stato licenziato. Il suo ritratto era stato riportato su al solitario pianerottolo del settimo piano, e la Signora Grassa era tornata. Era stata restaurata da mani esperte, ma era ancora molto nervosa, e aveva accettato di tornare al lavoro solo con la garanzia di una protezione speciale. Un gruppo di scontrosi troll guardiani era stato reclutato per sorvegliarla. Marciavano per il corridoio in un drappello minaccioso, parlando a grugniti e confrontando la misura delle loro mazze.
Harry non poté fare a meno di notare che la statua della strega orba al terzo piano era rimasta incustodita. Pareva che Fred e George avessero avuto ragione nel dire che solo loro — e ora Harry, Ron e Hermione — sapevano del passaggio segreto al suo interno.
«Credi che dovremmo dirlo a qualcuno?» chiese Harry a Ron.
«Sappiamo che non entra da Mielandia » tagliò corto Ron. «Lo avremmo saputo se qualcuno fosse penetrato nel negozio».
Harry fu felice che Ron la pensasse così. Se bloccavano anche la strega orba, non sarebbe mai più potuto andare a Hogsmeade.
In un baleno Ron diventò una celebrità. Per la prima volta, tutti dedicavano più attenzione a lui che a Harry, ed era chiaro che Ron si stava godendo il momento. Ancora parecchio scosso dagli eventi della notte, era comunque felice di raccontare l’accaduto a chiunque glielo chiedesse, con gran ricchezza di particolari.
«…Stavo dormendo quando ho sentito un rumore, come una cosa che si strappava, e credevo che fosse un sogno, insomma. Ma poi c’era uno spiffero… Mi sono svegliato e una tenda del mio letto non c’era più… Mi sono girato… e l’ho visto in piedi sopra di me… come uno scheletro, con una massa di capelli sporchi… e aveva un coltello lunghissimo, almeno trenta centimetri… e mi ha guardato, e io l’ho guardato, e poi io ho urlato e lui è fuggito».
«Perché, poi?» aggiunse rivolto a Harry, mentre il gruppo di ragazze del secondo anno che avevano ascoltato l’agghiacciante racconto si allontanava. «Perché è fuggito?»
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