La mezzanotte arrivò e passò mentre Harry leggeva e rileggeva un paragrafo sugli usi della coclearia, del levistico e della starnutaria senza capire nemmeno una parola.
Codeste piante sono quanto mai efficaci nell’infiammare la mente, e sono pertanto d’uso nei Distillati Svianti e di Confusione, laddove il Mago desideri produrre stati di imprudenza e testa-calda…
…Hermione diceva che Sirius stava diventando imprudente laggiù a Grimmauld Place…
…quanto mai efficaci nell’infiammare la mente, e sono pertanto d’uso…
…al La Gazzetta del Profeta avrebbero pensato che la sua mente era infiammata, se avessero saputo che percepiva lo stato d’animo di Voldemort…
…pertanto d’uso nei Distillati Svianti e di Confusione…
…confusione era la parola giusta: perché sapeva che cosa sentiva Voldemort? Che cos’era quella strana connessione tra loro, che Silente non era mai riuscito del tutto a spiegare?
…laddove il Mago desideri…
…quanto avrebbe desiderato dormire…
…produrre stati di imprudenza e testa-calda…
…si stava caldi e comodi in quella poltrona accanto al fuoco, con la pioggia che ancora batteva sui vetri, Grattastinchi che faceva le fusa e il crepitio del fuoco…
Il libro scivolò dalla presa di Harry e finì sul tappeto con un tonfo sordo. La testa gli ciondolò di lato…
Camminava di nuovo lungo un corridoio privo di finestre; i suoi passi rimbombavano nel silenzio. Via via che la porta in fondo al corridoio si faceva più grande, il suo cuore batteva più forte per l’eccitazione… se solo avesse potuto aprirla… entrare…
Tese la mano… le sue dita erano a pochi centimetri da…
«Harry Potter, signore!»
Si svegliò di soprassalto. Le candele erano tutte spente nella sala comune, ma qualcosa si muoveva accanto a lui.
«Chi c’è?» chiese Harry, drizzandosi a sedere. Il fuoco era quasi spento, la sala molto buia.
«Dobby ha il suo gufo, signore!» annunciò una voce stridula.
«Dobby?» disse Harry con voce assonnata, scrutando nell’oscurità verso la voce.
Dobby l’elfo domestico era in piedi accanto al tavolo sul quale Hermione aveva lasciato una dozzina di berretti di maglia. Le sue grandi orecchie a punta sporgevano da sotto quello che sembrava un insieme di tutti i berretti sferruzzati da Hermione; li portava uno sull’altro, così che la sua testa sembrava più lunga di un metro, e sulla cima sedeva Edvige, che tubava serena, evidentemente guarita.
«Dobby si è offerto volontario per riportare il gufo di Harry Potter» squittì l’elfo, con espressione adorante. «La professoressa Caporal dice che ora sta benissimo, signore». Fece un inchino così profondo che il suo naso a matita sfiorò la superficie lisa del tappeto. Edvige, con uno stridio indignato, volò sul bracciolo della poltrona di Harry.
«Grazie, Dobby!» disse Harry, accarezzando la testa di Edvige e cercando di liberarsi dell’immagine della porta nel sogno… era stata molto vivida. Tornò a guardare Dobby e si accorse che l’elfo portava anche molte sciarpe e innumerevoli calzini, così che i piedi sembravano troppo grossi per il corpo.
«Ehm… hai preso tu tutte le cose che Hermione ha lasciato qui intorno?»
«Oh no, signore» rispose allegramente Dobby. «Dobby ne ha prese anche per Winky, signore».
«Giusto, come sta Winky?» domandò Harry.
Le orecchie di Dobby si afflosciarono un po’.
«Winky beve ancora tanto, signore» disse malinconico, abbassando gli enormi occhi verdi, grandi come palle da tennis. «Ancora non vuole vestiti, Harry Potter. E nemmeno gli altri elfi domestici. Nessuno di loro pulirà più la Torre di Grifondoro, con tutti i berretti e calzini nascosti ovunque, per loro è un insulto, signore. Dobby fa tutto da solo, signore, ma a Dobby non importa, perché lui spera sempre di incontrare Harry Potter e stanotte è successo!» Dobby fece un altro profondo inchino. «Ma Harry Potter non sembra felice» proseguì, raddrizzandosi e guardandolo timidamente. «Dobby lo ha sentito mormorare nel sonno. Harry Potter stava facendo un brutto sogno?»
«Non proprio brutto» rispose Harry, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi. «Ne ho fatti di peggiori».
L’elfo guardò Harry con i suoi immensi occhi sferici. Poi disse, molto serio, le orecchie basse: «Dobby vuole aiutare Harry Potter, perché Harry Potter ha liberato Dobby e Dobby è molto, molto più felice adesso».
Harry sorrise.
«Non puoi aiutarmi, Dobby, ma grazie per l’offerta».
Si chinò a raccogliere il libro di Pozioni. Avrebbe tentato di finire il tema domani. Chiuse il libro, e in quel momento il fuoco illuminò le sottili cicatrici bianche sul dorso della sua mano: il risultato della punizione della Umbridge…
«Aspetta un momento… c’è una cosa che puoi fare per me, Dobby» disse lentamente.
L’elfo si voltò, raggiante.
«Lo dica, Harry Potter, signore!»
«Ho bisogno di trovare un posto dove ventotto persone possono esercitarsi nella Difesa contro le Arti Oscure senza essere scoperte dagli insegnanti. Soprattutto» strinse il pugno sul libro, e le cicatrici brillarono di un biancore perlaceo, «dalla professoressa Umbridge».
Si aspettava di vedere svanire il sorriso dell’elfo, le sue orecchie abbassarsi; di sentirgli rispondere che era impossibile, o che avrebbe cercato un posto, ma senza molte speranze. Quello che non si aspettava era che Dobby facesse un saltello, agitando allegramente le orecchie e battendo le mani.
«Dobby conosce un posto perfetto, signore!» esclamò contento. «Dobby l’ha sentito dire dagli altri elfi domestici quando è arrivato a Hogwarts, signore. Noi la chiamiamo Stanza Va-e-Vieni, signore, oppure Stanza delle Necessità!»
«Perché?» chiese Harry curioso.
«Perché è una stanza dove si può entrare» disse Dobby serio, «solo se c’è veramente bisogno. A volte c’è, a volte no, ma quando appare ha sempre tutto quello che serve a chi la cerca. Dobby l’ha usata, signore» continuò l’elfo, calando le orecchie con aria colpevole, «quando Winky era molto ubriaca; l’ha nascosta nella Stanza delle Necessità e ha trovato antidoti alla Burrobirra, un bel lettino da elfo per farla dormire, signore… e Dobby sa che il signor Gazza ci trova i detersivi quando li sta finendo, signore, e…»
«E se avessi davvero bisogno di un bagno» lo interruppe Harry, ricordando all’improvviso una cosa detta da Silente al Ballo del Ceppo, il Natale prima, «si riempirebbe di vasi da notte?»
«Dobby pensa di sì, signore» rispose l’elfo, annuendo serio. «È una stanza strabiliante, signore».
«Quanti la conoscono?» chiese Harry, raddrizzandosi ancora di più.
«Molto pochi, signore. La gente di solito ci capita per caso quando ne ha bisogno, ma spesso non la trovano più, perché non sanno che è sempre lì che aspetta di essere chiamata, signore».
«È fantastico» disse Harry, col cuore che batteva forte. «È perfetto, Dobby. Quando puoi mostrarmi dov’è?»
«Quando vuole, signore!» rispose Dobby, deliziato dall’entusiasmo di Harry. «Possiamo andare adesso, se vuole!»
Per un istante Harry fu tentato. Era già quasi in piedi, pronto a correre su a prendere il Mantello dell’Invisibilità quando, non per la prima volta, una voce molto simile a quella di Hermione gli sussurrò all’orecchio: Imprudente. Dopotutto era molto tardi, e lui era esausto.
«Non stanotte, Dobby» disse riluttante, abbandonandosi di nuovo nella poltrona. «È una cosa molto importante… non voglio rovinare tutto, bisogna prepararla con cura. Senti, puoi dirmi dov’è di preciso questa Stanza delle Necessità, e come si fa a entrare?»
* * *
Le loro vesti turbinavano e sventolavano mentre attraversavano la porzione di prato allagato che li separava dalle due ore di Erbologia, dove riuscirono a stento a sentire quello che la professoressa Sprite diceva, per via della pioggia che batteva sul tetto della serra. Nel pomeriggio, la lezione di Cura delle Creature Magiche dovette essere spostata dai prati spazzati dalla tempesta a un’aula vuota al pianterreno, e con grande sollievo della squadra Angelina li aveva cercati a pranzo per avvertirli che l’allenamento di Quidditch era annullato.
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