Harry lo fissò. Non riusciva a capire come il Preside potesse sperare di tirarlo fuori dai guai; se Willy Widdershins aveva davvero sentito tutto quello che era stato detto alla Testa di Porco, per lui non c’era scampo.
«Oho!» esclamò Caramell, oscillando di nuovo sulla punta dei piedi. «Sì, sentiamo la tua ultima trovata per salvare il collo a Potter! Avanti, Silente, va’ avanti… Willy Widdershins ha mentito, no? O forse quello alla Testa di Porco era il gemello di Potter? O magari è la solita spiegazione semplice semplice che coinvolge un viaggio nel tempo, un morto che torna in vita e un paio di Dissennatori invisibili?»
Percy Weasley scoppiò a ridere.
«Questa è buona, Ministro, davvero buona!»
Harry soffocò l’impulso di prenderlo a calci. Poi, stupefatto, vide Silente sorridere affabile.
«Non intendo negare — e nemmeno, ne sono sicuro, lo negherà Harry — che quel giorno si trovava alla Testa di Porco allo scopo di reclutare studenti per formare un gruppo di Difesa contro le Arti Oscure. Mi limito a farti notare che Dolores sbaglia affermando che un gruppo del genere fosse all’epoca illegale. Se ben ricordi, il Decreto Ministeriale che bandiva tutte le associazioni di studenti è entrato in vigore solo due giorni dopo quell’incontro, perciò al momento Harry non stava infrangendo un bel niente».
Percy aveva tutta l’aria di avere appena ricevuto un ceffone in piena faccia. Caramell si bloccò a bocca aperta a metà di un balzello.
Fu la Umbridge a riprendersi per prima.
«È vero, Preside» disse con un sorriso dolciastro, «ma ormai sono passati quasi sei mesi dall’entrata in vigore del Decreto Didattico Numero Ventiquattro. Se la prima riunione non era illegale, tutte le successive lo sono state senz’altro».
«In effetti» disse Silente, fissandola con cortese interesse al di sopra delle dita congiunte, «lo sarebbero state, se fossero proseguite dopo l’entrata in vigore del Decreto. Ha qualche prova che così sia stato?»
Mentre Silente parlava, Harry sentì un fruscio alle proprie spalle ed ebbe l’impressione che Kingsley bisbigliasse qualcosa. E avrebbe anche giurato di sentirsi sfiorare da un tocco delicato, come uno spiffero o un frullo d’ali, ma quando abbassò lo sguardo non vide nulla.
«Prova?» ripeté la Umbridge, col solito disgustoso sorriso da rospo. «Non ha sentito, Silente? Perché crede che la signorina Edgecombe sia qui?»
«Può aggiornarci sulle riunioni tenute negli ultimi sei mesi?» chiese Silente, inarcando le sopracciglia. «Avevo l’impressione che avesse parlato semplicemente di una riunione in corso questa sera».
«Signorina Edgecombe, mia cara» si affrettò a dire la Umbridge, «ci racconti da quanto tempo vanno avanti questi incontri. Le basterà annuire o scuotere la testa… sono sicura che i suoi brufoli non ne risentiranno. Allora… si sono svolti regolarmente negli ultimi sei mesi?»
Harry provò un’orribile sensazione di vuoto allo stomaco. Era finita, erano andati a sbattere contro una prova che nemmeno Silente sarebbe stato in grado di confutare.
«Basta che lei annuisca o scuota la testa, cara» stava tubando la Umbridge. «Da brava, coraggio, vedrà che non succederà niente».
Tutti nella stanza fissavano Marietta, anche se soltanto i suoi occhi erano visibili fra il colletto rialzato e la frangia di capelli ricci. Forse era un effetto della luce danzante del fuoco nel camino, ma i suoi occhi apparivano stranamente vitrei. E poi — lasciando Harry a bocca aperta — Marietta fece un cenno di diniego.
Lo sguardo della Umbridge guizzò da Caramell alla ragazza.
«Temo che lei non abbia capito la domanda, vero, cara? Le ho chiesto se negli ultimi sei mesi ha partecipato a queste riunioni. C’è andata, non è vero?»
Di nuovo Marietta scosse il capo.
«Che cosa vuole dire scuotendo il capo, cara?» insisté indispettita la Umbridge.
«A me sembra chiaro» intervenne brusca la professoressa McGranitt. «Vuol dire che negli ultimi sei mesi non ci sono state riunioni segrete. Giusto, signorina Edgecombe?»
Marietta annuì.
«Ma stanotte c’era!» sbottò furiosa la Umbridge. «Me l’ha detto lei, signorina Edgecombe! C’era una riunione nella Stanza delle Necessità! E il capo era Potter, giusto? È stato Potter a organizzarla! Potter… Perché scuote il capo, ragazza? »
«Di solito» la informò gelida la McGranitt, «se una persona scuote il capo vuole dire “no”. Perciò, a meno che la signorina Edgecombe stia usando un linguaggio dei segni ignoto agli umani…»
La professoressa Umbridge agguantò Marietta per le spalle, la costrinse a voltarsi e prese a scrollarla con violenza. In un secondo, Silente era in piedi con la bacchetta alzata; Kingsley si fece avanti e la Umbridge si allontanò di scatto da Marietta, agitando le mani come se si fosse scottata.
«Non le permetto di maltrattare i miei studenti, Dolores» disse Silente, e per la prima volta parve in collera.
«Farà meglio a calmarsi, Madama Umbridge» la invitò Kingsley con la sua lenta voce profonda. «Non vorrà mettersi nei guai».
Marietta era rimasta immobile esattamente dove la Umbridge l’aveva lasciata. Non sembrava turbata da quell’aggressione improvvisa, né sollevata per la sua fine: aveva lo sguardo fisso davanti a sé e continuava a tenere il colletto sollevato fino agli occhi stranamente vacui.
Un sospetto improvviso, connesso al bisbiglio di Kingsley e alla sensazione che qualcosa gli fosse passato accanto, si affacciò nella mente di Harry.
«Dolores» disse Caramell, con l’aria di chi vuole chiarire la faccenda una volta per tutte, «la riunione di stasera… quella che sappiamo per certo esserci stata…»
«Sì». La Umbridge riacquistò faticosamente il controllo. «Sì… Non appena la signorina Edgecombe mi ha avvertito, sono salita subito al settimo piano insieme ad alcuni studenti fidati , in modo da sorprendere i partecipanti in flagrante. Però qualcuno deve averli avvertiti, perché al nostro arrivo stavano fuggendo da tutte le parti. Comunque non importa. Ho i loro nomi. La signorina Parkinson è andata nella Stanza delle Necessità per vedere se vi avessero lasciato qualcosa: ci servivano prove, e le abbiamo trovate».
Inorridito, Harry la vide estrarre dalla tasca la lista di nomi che avevano affisso alla parete della Stanza delle Necessità e consegnarla a Caramell.
«Mi è bastato vedere il nome di Potter sulla lista per capire di che cosa si trattava» concluse la Umbridge a voce bassa.
«Eccellente». Caramell sorrise. «Davvero eccellente, Dolores. E… per tutti i tuoni…»
Lanciò un’occhiata a Silente, fermo accanto a Marietta, con la bacchetta ancora in mano.
«Visto che nome hanno scelto?» sussurrò Caramell. « Esercito di Silente ».
Silente tese una mano e prese a sua volta la pergamena. Fissò le parole tracciate da Hermione pochi mesi prima, e per un momento parve ammutolito. Ma quasi subito rialzò lo sguardo sorridendo.
«E così il gioco è finito» disse. «Gradisci una confessione scritta, Caramell, o ti basta una dichiarazione di fronte a questi testimoni?»
Harry vide la McGranitt e Kingsley scambiarsi un’occhiata ansiosa, impaurita. Non capiva che cosa stava succedendo e a quel che pareva non lo capiva nemmeno Caramell.
«Confessione?» ripeté lentamente il Ministro. «Ma cosa… non capisco…»
«Esercito di Silente, Caramell» ripeté Silente senza smettere di sorridere, sventolandogli la lista sotto il naso. «Non Esercito di Potter. Esercito di Silente » .
«Ma… ma…»
Un lampo d’improvvisa comprensione brillò sul volto di Caramell. Arretrò di scatto, inorridito, lanciò un grido e balzò di nuovo lontano dal fuoco.
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