Con “loro” intendeva Silente. Tornò a letto e si voltò su un fianco, dando le spalle a Ron, e dopo un po’ sentì anche il materasso accanto cigolare. La cicatrice cominciò a bruciargli; strinse forte il cuscino tra i denti per non lasciarsi sfuggire dei gemiti. Da qualche parte, Avery veniva punito.
* * *
Harry e Ron aspettarono fino all’intervallo, il giorno dopo, per raccontare tutto a Hermione; volevano essere assolutamente certi di non essere ascoltati. Nel loro solito angolo fresco e ventoso del cortile, Harry le raccontò ogni dettaglio che riuscì a ricordare del sogno. Quando finì, lei non disse nulla per qualche istante, ma fissò con una sorta di dolorosa intensità Fred e George: entrambi senza testa, vendevano cappelli magici da sotto i mantelli all’altro capo del cortile.
«Ecco perché l’hanno ucciso, allora» disse piano, distogliendo infine lo sguardo dai gemelli. «Quando Bode ha cercato di rubare l’arma, gli è successo qualcosa di strano. Credo che quella cosa abbia degli incantesimi difensivi, per impedire alla gente di toccarla. Ecco perché era al San Mungo: il suo cervello era danneggiato e non riusciva più a parlare. Ma ricordate che cos’ha detto la Guaritrice? Che stava migliorando. E non potevano rischiare che guarisse, no? Voglio dire, lo shock di quello che è successo quando ha toccato l’arma probabilmente ha interrotto la Maledizione Imperius. Una volta recuperata la parola, Bode avrebbe raccontato tutto. Si sarebbe saputo che era stato mandato a rubare l’arma. Naturalmente è stato facile per Lucius Malfoy scagliare la Maledizione su di lui. È sempre al Ministero, no?»
«Era lì anche il giorno della mia udienza» disse Harry. «Nel… aspetta un attimo…» continuò pensieroso, «era nel corridoio dell’Ufficio Misteri, quel giorno! Tuo padre ha detto che probabilmente stava cercando di scoprire che cosa succedeva all’udienza, ma se invece…»
«Sturgis!» esclamò Hermione come folgorata.
«Come?» chiese Ron, stupito.
«Sturgis Podmore…» boccheggiò Hermione. «È stato arrestato per aver cercato di forzare una porta! Lucius Malfoy deve aver beccato anche lui! Scommetto che l’ha fatto il giorno in cui l’hai visto lì, Harry. Sturgis aveva il Mantello dell’Invisibilità di Moody, no? Allora forse era lì, invisibile, di guardia alla porta, e Malfoy l’ha sentito muoversi… o ha immaginato che ci fosse qualcuno… o magari ha lanciato la Maledizione Imperius comunque, nel caso che ci fosse qualcuno di guardia. Così, appena Sturgis ne ha avuto l’opportunità, probabilmente quando è stato di nuovo il suo turno di guardia, ha cercato di entrare nell’Ufficio per rubare l’arma per Voldemort… Ron, sta’ zitto… ma è stato catturato e spedito ad Azkaban». Fissò Harry intensamente.
«E ora Rookwood ha detto a Voldemort come fare a prendere l’arma?»
«Non ho sentito tutta la conversazione, ma così mi è parso di capire» rispose Harry. «Rookwood prima lavorava lì… forse Voldemort manderà lui a rubarla?»
Hermione annuì, sempre immersa nei suoi pensieri. Poi d’un tratto disse: «Ma tu non avresti dovuto vedere tutto questo, Harry».
«Cosa?» fece lui, spiazzato.
«Tu dovresti imparare a chiudere la tua mente a queste cose» disse Hermione, improvvisamente severa.
«Lo so» replicò Harry. «Ma…»
«Be’, credo che dovremmo cercare di dimenticare quello che hai visto» lo interruppe Hermione con fermezza. «E tu cerca di mettere più impegno in Occlumanzia, d’ora in poi».
La settimana non migliorò. Harry prese due “D” in Pozioni; era ancora sulle spine all’idea che Hagrid potesse essere licenziato; e non poteva fare a meno di ripensare al sogno in cui lui era stato Voldemort, anche se non ne parlò più con i suoi amici: non voleva un’altra sgridata da Hermione. Avrebbe tanto desiderato poterne parlare con Sirius, ma era fuori discussione, perciò cercò di respingere il pensiero in fondo alla mente.
Purtroppo quello non era più il posto sicuro di una volta.
«In piedi, Potter».
Un paio di settimane dopo il sogno su Rookwood, Harry si trovava ancora una volta in ginocchio sul pavimento dell’ufficio di Piton, cercando di schiarirsi la mente. Era appena stato costretto a rivivere un flusso di ricordi molto remoti, che non sapeva nemmeno di possedere ancora, la maggior parte dei quali riguardava le umiliazioni che gli erano state inflitte da Dudley e dalla sua banda alle scuole elementari.
«Quell’ultimo ricordo» disse Piton. «Che cos’era?»
«Non lo so» rispose Harry, alzandosi esausto. Trovava sempre più difficile sbrogliare ricordi distinti dal groviglio di immagini e suoni che Piton continuava a richiamare. «Vuol dire quello in cui mio cugino cercava di farmi entrare in piedi nel water?»
«No» mormorò Piton. «Voglio dire quello con l’uomo inginocchiato nella stanza buia…»
«Non è… niente» balbettò Harry.
Gli occhi scuri di Piton perforarono quelli di Harry. Ricordando che Piton aveva detto che il contatto visivo era essenziale per la Legilimanzia, Harry sbatté le palpebre e distolse lo sguardo.
«Come mai quell’uomo e quella stanza si trovano nella tua testa, Potter?»
«È…» disse Harry, guardando ovunque tranne che verso Piton «è… solo un sogno che ho fatto»,
«Un sogno?» ripeté Piton.
Ci fu una pausa, durante la quale Harry fissò intensamente una grossa rana sospesa in un vasetto di liquido viola.
«Tu sai perché siamo qui, vero, Potter?» chiese Piton con voce bassa e minacciosa. «Tu sai perché sto sprecando le mie serate in questo lavoro tedioso?»
«Sì» rispose rigido Harry.
«Ricordamelo, Potter».
«Perché io impari l’Occlumanzia» disse Harry, osservando un’anguilla morta.
«Giusto, Potter. E per quanto tu possa essere tardo…» Harry tornò a guardare Piton con odio, «pensavo che dopo oltre due mesi di lezioni saresti riuscito a fare qualche progresso. Quanti altri sogni hai fatto sull’Oscuro Signore?»
«Solo quello» mentì Harry.
«Forse» mormorò Piton socchiudendo gli occhi neri e freddi, «forse a te in realtà piace fare questi sogni e avere queste visioni, Potter. Forse ti fanno sentire speciale… importante?»
«No» rispose Harry serrando le mascelle, e stringendo più forte la bacchetta.
«Tanto meglio, Potter» disse Piton gelido, «perché tu non sei né speciale né importante, e non sta a te scoprire che cosa l’Oscuro Signore dice ai suoi Mangiamorte».
«No… quello è compito suo, non è vero?» sbottò Harry.
Non intendeva dirlo; si era solo abbandonato alla collera. Per un lungo momento rimasero a fissarsi, e Harry fu sicuro di essersi spinto troppo in là. Ma quando Piton rispose, sul suo volto c’era un’espressione curiosa, quasi soddisfatta.
«Sì, Potter» sibilò, con un luccichio negli occhi. «È compito mio. Ora, se sei pronto, ricominciamo».
Levò la bacchetta: «Uno… due… tre… Legilimens! »
Un centinaio di Dissennatori si avvicinavano a Harry attraverso il lago… contrasse il viso per concentrarsi… si avvicinavano… vedeva i buchi neri sotto i loro cappucci… eppure vedeva ancora Piton in piedi davanti a lui, gli occhi fissi sul suo viso, che mormorava a mezza voce… e in qualche modo l’immagine di Piton si faceva più chiara, e quella dei Dissennatori sfumava…
Harry alzò la bacchetta.
« Protego! »
Piton barcollò, la sua bacchetta volò verso l’alto, lontano, e all’improvviso la mente di Harry si riempì di ricordi non suoi: un uomo dal naso adunco che urlava contro una donna che cercava di difendersi, mentre un bambino piccolo coi capelli neri piangeva in un angolo… un adolescente dai capelli unti sedeva solo in una camera buia, puntando la bacchetta al soffitto per ammazzare le mosche… una ragazza rideva mentre un ragazzo ossuto tentava di cavalcare una scopa imbizzarrita…
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