«Che cosa succede?» domandò, allungando la mano per aiutare Ginny ad alzarsi. «Phineas Nigellus mi ha detto che Arthur è stato gravemente ferito…»
«Chiedi a Harry» disse Fred.
«Sì, voglio sentire anch’io» aggiunse George.
I gemelli e Ginny lo fissavano. I passi di Kreacher si erano fermati sulle scale, fuori.
«È stato…» cominciò Harry, era ancora peggio che spiegarlo alla McGranitt e a Silente. «Ho avuto… una specie… di visione».
E raccontò loro tutto quello che aveva visto, anche se modificò la storia dicendo che aveva assistito all’attacco da un lato della stanza, e non con gli occhi del serpente. Ron, che era ancora molto pallido, gli rivolse un’occhiata fugace, ma non disse nulla. Quando Harry finì, Fred, George e Ginny continuarono a fissarlo per un po’. Harry non sapeva se era la sua immaginazione, ma gli parve di leggere un’accusa nei loro occhi. Be’, se lo biasimavano solo per aver visto l’agguato, era felice di non aver raccontato che era dentro il serpente.
«La mamma è qui?» chiese Fred a Sirius.
«Probabilmente non sa ancora nulla» rispose Sirius. «L’importante era portarvi via prima che la Umbridge potesse interferire. Immagino che Silente abbia mandato qualcuno a dirlo a Molly, ora».
«Dobbiamo andare al San Mungo» disse Ginny affannata. Guardò i fratelli; ovviamente erano ancora tutti in pigiama. «Sirius, puoi prestarci dei mantelli o qualcosa del genere?»
«Aspetta, non potete andare al San Mungo adesso!» esclamò Sirius.
«Certo che possiamo, se vogliamo!» protestò Fred con espressione ostinata. «È nostro padre!»
«E come farete a spiegare che sapevate che Arthur è stato aggredito ancora prima che l’ospedale avvisasse sua moglie?»
«E che differenza fa?» domandò George, accalorandosi.
«Molta, perché non vogliamo far sapere che Harry ha visioni di cose che accadono a centinaia di chilometri da lui!» rispose Sirius, arrabbiato. «Avete idea di come il Ministero userebbe un’informazione del genere?»
Le facce di Fred e George dicevano che a loro non importava nulla del Ministero. Ron era ancora cinereo e silenzioso.
Ginny disse: «Potremmo averlo saputo da qualcun altro… da qualcuno che non è Harry».
«E chi, per esempio?» ribatté Sirius con impazienza. «Sentite, vostro padre è stato ferito mentre lavorava per l’Ordine e le circostanze sono già abbastanza sospette senza che i suoi figli lo sappiano due secondi dopo: potreste danneggiare seriamente quello che l’Ordine…»
«Chi se ne frega dell’Ordine!» gridò Fred.
«Papà sta morendo!» urlò George.
«Vostro padre sapeva quello che faceva e non vi ringrazierebbe se intralciaste i piani dell’Ordine!» anche Sirius alzò la voce. «Le cose stanno così… ecco perché voi non fate parte dell’Ordine… non capite… ci sono cose per cui vale la pena di morire!»
«È facile dirlo, per te, chiuso qui dentro!» urlò Fred. «Non mi pare che stai rischiando il collo!»
Il poco colore rimasto sul viso di Sirius svanì. Per un momento parve che volesse colpire Fred, ma quando parlò la sua voce era calma e determinata.
«So che è difficile, ma dobbiamo agire tutti come se non sapessimo nulla. Dobbiamo stare qui almeno finché non abbiamo notizie di vostra madre, è chiaro?»
Fred e George avevano ancora un’espressione ribelle. Ginny, invece, andò alla sedia più vicina e vi si lasciò cadere. Harry guardò Ron, che fece un buffo movimento, a metà tra un cenno di assenso e una scrollata di spalle, e sedettero anche loro. I gemelli diedero un’altra occhiata furente a Sirius, poi rassegnati si sistemarono ai lati di Ginny.
«Bene» disse Sirius incoraggiante, «forza… beviamo tutti qualcosa mentre aspettiamo. Accio Burrobirra! »
Levò la bacchetta mentre parlava e cinque o sei bottiglie arrivarono in volo dalla dispensa, scivolarono sul tavolo sparpagliando i resti della cena di Sirius e si fermarono con grazia davanti a ognuno di loro. Bevvero tutti, e per un po’ gli unici suoni furono il crepitio del fuoco e il rumore sordo delle bottiglie sul tavolo.
Harry beveva solo per avere qualcosa da fare. Aveva lo stomaco gonfio di un orribile, bruciante, ribollente senso di colpa. Non sarebbero stati lì se non fosse stato per lui; sarebbero stati ancora a dormire nei loro letti. E non serviva a nulla ripetersi che dando l’allarme aveva permesso che il signor Weasley fosse ritrovato, perché c’era anche quel fatto innegabile: era stato lui ad aggredire il padre dei suoi amici.
Non fare lo stupido, tu non hai le zanne, si disse, cercando di mantenere la calma, anche se la mano che reggeva la bottiglia tremava, eri a letto, non stavi attaccando nessuno…
Ma allora che cos’è successo nello studio di Silente? si chiese. Era come se volessi attaccare anche lui…
Posò la bottiglia più forte di quanto volesse, e un po’ di Burrobirra traboccò sul tavolo. Nessuno ci badò. Poi una lingua di fuoco a mezz’aria illuminò i piatti sporchi di fronte a loro, e tra esclamazioni di sorpresa un rotolo di pergamena cadde sul tavolo, insieme a una piuma dorata di fenice.
«Fanny!» esclamò Sirius, afferrando la pergamena. «Non è la scrittura di Silente… dev’essere un messaggio di vostra madre… tieni…»
Lanciò la lettera tra le mani di George, che la aprì e lesse ad alta voce: « Papà è ancora vivo. Sto andando al San Mungo. Restate dove siete. Vi darò notizie appena posso. Mamma ».
George guardò gli altri.
«Ancora vivo…» ripeté lentamente. «Ma se dice così…»
Non finì la frase. Anche a Harry parve che il signor Weasley fosse sospeso tra la vita e la morte. Sempre straordinariamente pallido, Ron fissava il retro della lettera come se gli potesse sussurrare parole di conforto. Fred sfilò la pergamena dalle mani di George e la rilesse da solo, poi guardò Harry, che sentì la mano tremare di nuovo e la strinse più forte attorno alla bottiglia.
Se Harry aveva mai passato una notte più lunga di quella, non lo ricordava. Sirius a un certo punto suggerì, senza la minima convinzione, che andassero tutti a letto, ma gli sguardi disgustati dei Weasley furono una risposta sufficiente. Rimasero seduti attorno al tavolo in silenzio, a guardare lo stoppino della candela affondare sempre più nella cera liquida, avvicinando di tanto in tanto le bottiglie alle labbra, parlando solo per chiedere l’ora, per chiedersi ad alta voce che cosa stava succedendo, e per rassicurarsi a vicenda che se ci fossero state brutte notizie le avrebbero sapute, perché la signora Weasley doveva essere già arrivata al San Mungo da un pezzo.
Fred si appisolò, con la testa che ciondolava sulla spalla. Ginny era acciambellata sulla sedia come un gatto, ma non dormiva; Harry vedeva il fuoco riflesso nei suoi occhi. Ron era seduto con il capo fra le mani; impossibile dire se fosse sveglio o no. Harry e Sirius si guardavano di tanto in tanto, sentendosi degli intrusi nel dolore della famiglia… e aspettavano, aspettavano…
Alle cinque e dieci del mattino, secondo l’orologio di Ron, la porta della cucina si aprì e apparve la signora Weasley. Era molto pallida, ma quando tutti si voltarono verso di lei e Fred, Ron e Harry si alzarono a metà dalle sedie, sorrise debolmente.
«Guarirà» disse, sfinita. «Sta dormendo. Più tardi possiamo andare a trovarlo, ora c’è Bill con lui; si prenderà una mattina di permesso».
Fred ricadde sulla sedia con il volto fra le mani. George e Ginny si precipitarono ad abbracciare la madre. Ron scoppiò in una risata stentata e tracannò in un sorso il resto della Burrobirra.
«Colazione!» annunciò Sirius a voce alta e allegra, saltando in piedi. «Dov’è quello stramaledetto elfo domestico? Kreacher! KREACHER!»
Читать дальше
Конец ознакомительного отрывка
Купить книгу