J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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«Hai fatto una cosa molto onesta, Potter» disse Moody tranquillamente.

Harry non sapeva cosa dire; non era questa la reazione che si era aspettato.

«Siediti» disse Moody, e Harry sedette e si guardò intorno.

Era entrato in quell’ufficio al tempo di due dei suoi occupanti precedenti. All’epoca del professor Allock, le pareti erano tappezzate di ritratti sorridenti di Allock stesso che facevano l’occhiolino. Quando c’era Lupin, era più probabile imbattersi in un esemplare di qualche nuova, affascinante Creatura Oscura che si era procurato per la lezione. Ora, invece, l’ufficio era pieno di una serie di oggetti straordinariamente stravaganti che Moody doveva aver usato nei giorni in cui era un Auror.

Sulla sua scrivania c’era quella che sembrava una grossa trottola di vetro incrinato: era uno Spioscopio. Harry lo riconobbe subito perché ne aveva uno anche lui, molto più piccolo di quello di Moody. Su un tavolino nell’angolo c’era un oggetto che sembrava un’antenna televisiva dorata decisamente arzigogolata. L’antenna ronzava. Quello che sembrava uno specchio era appeso alla parete di fronte a Harry, ma non rifletteva la stanza. Sagome in ombra si muovevano al suo interno, nessuna completamente a fuoco.

«Ti piacciono i miei Detector Oscuri, eh?» chiese Moody, che studiava attentamente Harry.

«Quello cos’è?» chiese Harry, indicando l’antenna d’oro arzigogolata.

«Un Sensore Segreto. Vibra quando capta dissimulazioni e bugie… qui non serve, naturalmente, ci sono troppe interferenze — studenti da tutte le parti che mentono sul perché non hanno fatto i compiti. Ronza da quando sono arrivato. Ho dovuto disattivare lo Spioscopio perché non smetteva mai di fischiare. È molto sensibile, capta segnali nel raggio di un chilometro. Naturalmente è in grado di captare molto più della solita roba da bambini» aggiunse con un brontolio.

«E lo specchio a cosa serve?»

«Oh, quello è il mio Avversaspecchio. Li vedi quelli là che gironzolano? Non sono davvero nei guai finché non distinguo il bianco dei loro occhi. Allora apro il baule».

Esplose in una breve risata roca e indicò un grosso baule sotto la finestra. Aveva sette serrature in fila. Harry si chiese che cosa c’era dentro, finché la domanda successiva di Moody non lo riportò bruscamente sulla terra.

«Allora… hai saputo dei draghi, vero?»

Harry esitò. Era quello che aveva temuto: ma non aveva detto a Cedric, e certo non aveva intenzione di dire a Moody, che Hagrid aveva violato le regole.

«Va tutto bene» disse Moody, sedendosi e stendendo la gamba di legno con un lamento. «Imbrogliare è una componente tradizionale del Torneo Tremaghi, lo è sempre stata».

«Non ho imbrogliato» disse Harry seccamente. «L’ho scoperto per caso».

Moody sorrise. «Non ti stavo accusando, ragazzo. È dall’inizio che lo ripeto a Silente, può fare il nobile quanto gli pare, ma ci puoi scommettere che il vecchio Karkaroff e la Maxime non lo saranno. Avranno raccontato ai loro campioni tutto quello che potevano. Vogliono vincere. Vogliono battere Silente. Vogliono dimostrare che è un essere umano».

Moody scoppiò in una risata rauca, e il suo occhio magico vorticò così in fretta che nel guardarlo a Harry venne la nausea.

«Allora… hai già idea di come farai a superare il tuo drago?»

«No» rispose Harry.

«Be’, non ho intenzione di dirtelo» disse Moody burbero. «Non faccio favoritismi, io. Ti darò solo qualche buon consiglio generale. E il primo è: gioca secondo le tue forze » .

«Non ne ho» disse Harry, prima di riuscire a trattenersi.

«Se permetti» ringhiò Moody, «te lo dico io che le hai. Ora rifletti. Qual è la cosa che sai fare meglio?»

Harry si sforzò di concentrarsi. Qual era la cosa che sapeva fare meglio? Be’, era facile davvero…

«Il Quidditch» rispose depresso, «e mi sarà molto utile…»

«È vero» disse Moody, fissandolo intensamente, l’occhio magico quasi immobile. «Sei maledettamente bravo a volare, da quel che ho sentito».

«Sì, ma…» Harry restituì lo sguardo. «Non mi è concesso portare la scopa, ho solo la bacchetta…»

«Il mio secondo consiglio generale» lo interruppe Moody ad alta voce, «è usare un bell’incantesimo facile che ti permetta di ottenere ciò di cui hai bisogno ».

Harry gli rivolse uno sguardo vacuo. Di che cosa aveva bisogno?

«Andiamo, ragazzo…» borbottò Moody. «Fai due più due… non è così difficile…»

E poi tutto andò al suo posto. La cosa che faceva meglio era volare. Doveva superare il drago via aria. Per riuscirci, aveva bisogno della sua Firebolt. E per avere la sua Firebolt, aveva bisogno di…

«Hermione» sussurrò Harry dieci minuti dopo, arrivando di corsa nella serra numero tre, biascicando delle scuse affrettate alla professoressa Sprite mentre le passava davanti, «Hermione… devi aiutarmi».

«Che cosa credi che stia cercando di fare, Harry?» ribatté lei, gli occhi sbarrati dall’ansia al di sopra del fremente Cespuglio Farfallino che stava potando.

«Hermione, devo imparare a fare un Incantesimo di Appello come si deve entro domani pomeriggio».

* * *

E così si allenarono. Non pranzarono, ma cercarono un’aula vuota, e qui Harry tentò con tutte le sue forze di attirare a sé svariati oggetti attraverso la stanza. Aveva ancora qualche difficoltà. I libri e le penne continuavano a perdere potenza a metà strada e a cadere a terra come sassi.

«Concentrati, Harry, concentrati… »

«Cosa credi che stia facendo?» ribatté Harry infuriato. «Continua a venirmi in mente uno schifoso drago enorme, chissà perché… Ok, ci riprovo…»

Voleva saltare Divinazione per continuare ad allenarsi, ma Hermione si rifiutò decisamente di bigiare Aritmanzia, e non aveva senso restare senza di lei. Così dovette sopportare più di un’ora di professoressa Cooman, che passò metà della lezione a dire a tutti che, in base alla posizione di Marte rispetto a Saturno in quel momento, le persone nate in luglio correvano seri pericoli di morte improvvisa e violenta.

«Be’, magnifico» disse Harry forte, sentendosi invadere dalla rabbia, «basta che sia una cosa rapida, non voglio soffrire».

Per un attimo parve che Ron stesse per scoppiare a ridere; di sicuro incrociò lo sguardo di Harry per la prima volta da giorni, ma Harry provava ancora troppo rancore per badargli. Passò il resto della lezione cercando di attirare a sé con la bacchetta piccoli oggetti sotto il tavolo. Riuscì a far volare una mosca dritto nel palmo della mano, anche se non era del tutto certo che fosse dovuto alla sua abilità nell’Incantesimo di Appello: forse la mosca era solo stupida.

Cercò di buttar giù qualcosa per cena dopo Divinazione, poi tornò nell’aula vuota con Hermione, usando il Mantello dell’Invisibilità per evitare gli insegnanti. Continuarono ad allenarsi fino a mezzanotte passata. Sarebbero rimasti anche più a lungo, ma comparve Pix, che fingendo di credere che Harry volesse farsi tirare addosso le cose, cominciò a scaraventare sedie per la stanza. Harry e Hermione se ne andarono di corsa prima che il frastuono attirasse Gazza, e tornarono nella sala comune di Grifondoro, che ora era misericordiosamente vuota.

Alle due di notte, Harry era in piedi vicino al camino, circondato da cataste di oggetti — libri, penne, parecchie sedie rovesciate, un vecchio kit di Gobbiglie e il rospo di Neville, Oscar. Solo nel corso dell’ultima ora era riuscito davvero a padroneggiare l’Incantesimo di Appello.

«Va meglio, Harry, va molto meglio» disse Hermione, sfinita ma molto soddisfatta.

«Be’, adesso sappiamo cosa fare la prossima volta che non riesco a imparare un incantesimo» esclamò Harry, lanciando a Hermione il Dizionario delle Rune per riprovare, «basta che mi minacci con un drago. Pronti…» Levò ancora una volta la bacchetta. « Accio Dizionario! »

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