«Vi presento il signor Olivander» disse Silente, sedendosi al tavolo dei giudici e rivolgendosi ai campioni. «Sarà lui a controllare le vostre bacchette per assicurarsi che siano in buone condizioni prima del Torneo».
Harry alzò gli occhi e con un sussulto di sorpresa vide un vecchio mago dai grandi occhi pallidi immobile vicino alla finestra. Harry aveva già incontrato il signor Olivander: era il fabbricante di bacchette dal quale aveva comprato la sua più di tre anni prima a Diagon Alley.
« Mademoiselle Delacour, può farsi avanti per prima, prego?» disse Olivander, avanzando nello spazio vuoto al centro della stanza.
Fleur Delacour raggiunse Olivander e gli consegnò la sua bacchetta.
«Hmmm…» disse lui.
Fece ruotare la bacchetta tra le lunghe dita e quella sprigionò una serie di scintille rosa e oro. Poi l’avvicinò agli occhi e la osservò con attenzione.
«Sì» disse piano, «nove pollici e mezzo… rigida… legno di rosa… e contiene… santo cielo…»
«Un capello della testa di una Veela» concluse Fleur. «Era mia nonna».
E così Fleur era in effetti in parte Veela, pensò Harry, prendendo mentalmente nota della cosa per dirlo a Ron… poi si ricordò che Ron non gli rivolgeva la parola.
«Sì» disse il signor Olivander, «sì, io non ho mai usato capelli di Veela, naturalmente. Trovo che siano adatte a bacchette piuttosto umorali… comunque, a ciascuno la sua, e se questa va bene per lei…»
Il signor Olivander fece scorrere le dita lungo la bacchetta, in apparenza alla ricerca di graffi o bozzi; poi borbottò; « Orchideous! » e dalla punta sbucò un mazzo di fiori.
«Molto bene, molto bene, è in buone condizioni» disse Olivander, afferrando i fiori e porgendoli a Fleur con la sua bacchetta. «Signor Diggory, ora tocca a lei».
Fleur tornò al suo posto e sorrise a Cedric quando lui le passò accanto.
«Ah, certo, questa è una delle mie, vero?» disse il signor Olivander molto più animato mentre Cedric gli consegnava la sua bacchetta.
«Sì, me la ricordo bene. Contiene un unico crine della coda di un unicorno maschio particolarmente bello… doveva essere alto almeno un metro e ottanta; mi ha quasi trafitto col suo corno dopo che gli ho spennato la coda. Dodici pollici e un quarto… frassino… piacevolmente flessibile. E in buone condizioni… fai regolarmente manutenzione?»
«L’ho lucidata ieri sera» rispose Cedric con un sorriso.
Harry guardò la sua bacchetta e vide che era coperta di impronte. Afferrò un lembo della veste e cercò di lucidarla di nascosto. Parecchie scintille d’oro sprizzarono dalla sua punta. Fleur Delacour gli scoccò uno sguardo molto condiscendente, e lui lasciò perdere.
Il signor Olivander scagliò con la bacchetta di Cedric una scia di anelli di fumo d’argento attraverso la stanza, si disse soddisfatto e poi esclamò: «Signor Krum, prego».
Viktor Krum si alzò e si fece avanti ingobbito, ciondolante e a piedi piatti. Estrasse la bacchetta e rimase lì imbronciato, con le mani in tasca.
«Hmmm» disse Olivander, «questa è una creazione di Gregorovich, o mi sbaglio? Un bravo fabbricante di bacchette, anche se il suo design non è mai proprio… comunque…»
Sollevò la bacchetta e la esaminò minuziosamente, facendola ruotare più volte davanti agli occhi.
«Sì… carpine e fibra di cuore di drago?» esclamò rivolto a Krum, che annuì. «E parecchio più spessa del solito… piuttosto rigida… dieci pollici e un quarto… Avis! »
La bacchetta schioccò come una pistola, e uno stormo di uccellini cinguettanti decollò dalla sua estremità, uscì dalla finestra e volò via nella luce acquosa.
«Bene» disse il signor Olivander, restituendo la bacchetta a Krum. «Quindi rimane… il signor Potter».
Harry si alzò, passò davanti a Krum e raggiunse Olivander. Gli consegnò la bacchetta.
«Aaaah, sì» disse quest’ultimo, gli occhi pallidi improvvisamente accesi. «Sì, sì, sì. Ricordo benissimo».
Anche Harry ricordava. Ricordava come se fosse stato ieri…
… Quattro estati prima, il giorno del suo undicesimo compleanno, Harry entrò con Hagrid nel negozio del signor Olivander. Questi gli prese le misure e cominciò a fargli provare le bacchette. Harry impugnò probabilmente tutte le bacchette del negozio, finché finalmente non trovò quella adatta a lui: fatta di agrifoglio, lunga undici pollici e con un’unica piuma dalla coda di una fenice. Il signor Olivander rimase molto sorpreso dal fatto che Harry fosse compatibile con quella bacchetta. «Curioso» disse, «… curioso», ma solo dopo che Harry glielo ebbe chiesto spiegò cosa c’era di tanto curioso: la piuma di quella bacchetta proveniva dalla stessa fenice che aveva fornito il nucleo di quella di Voldemort.
Harry non aveva mai confidato questa cosa a nessuno. Era molto affezionato alla sua bacchetta, e per quello che lo riguardava, la sua parentela con la bacchetta di Voldemort era una cosa che non poteva evitare: un po’ come non poteva evitare di essere imparentato con zia Petunia. Comunque, sperava davvero che il signor Olivander non avesse intenzione di raccontarlo ai presenti: aveva la strana sensazione che in tal caso la Penna Prendiappunti di Rita Skeeter sarebbe semplicemente scoppiata di gioia.
Il signor Olivander impiegò molto più tempo per osservare la bacchetta di Harry. Alla fine ne fece sprizzare una fontana di vino e la riconsegnò a Harry, sentenziando che era ancora in perfette condizioni.
«Grazie a tutti voi» disse Silente, alzandosi al tavolo dei giudici. «Ora potete tornare alle vostre lezioni… o forse sarebbe più pratico che scendeste direttamente a cena, visto che stanno per finire…»
Con la sensazione che quel giorno qualcosa era finalmente andato per il verso giusto, Harry si alzò e fece per uscire, ma l’uomo con la macchina fotografica nera balzò in piedi e si schiari la voce.
«Le foto, Silente, le foto!» strillo Bagman eccitato. «I giudici insieme ai campioni. Cosa ne dici, Rita?»
«Ehm… si, facciamo prima quelle» rispose Rita Skeeter, gli occhi di nuovo puntati addosso a Harry. «E poi magari qualche scatto singolo».
Le fotografie richiesero molto tempo. Madame Maxime faceva ombra a tutti gli altri ovunque si sistemasse, e il fotografo non riusciva ad allontanarsi tanto da farla stare nell’obiettivo. Alla fine lei dovette sedersi mentre tutti gli altri la circondavano in piedi. Karkaroff continuava ad arrotolarsi la barbetta sul dito per arricciarla di più; Krum, che secondo Harry doveva essere abituato a quel genere di cose, si rannicchiò dietro a tutti, cercando di nascondersi. Il fotografo sembrava assolutamente deciso a tenere davanti Fleur, ma Rita Skeeter continuava a correre in avanti e a trascinare Harry dove era più visibile. Poi insistette per scattare foto di tutti i campioni uno per uno. Finalmente furono liberi di andarsene.
Harry scese a cena. Hermione non c’era — immaginò che si trovasse ancora in infermeria a farsi sistemare i denti. Cenò tutto solo all’estremità del tavolo, poi tornò alla Torre di Grifondoro. pensando a tutto il lavoro extra sugi; Incantesimi di Appello che doveva fare. Su in dormitorio, incrociò Ron.
«Ti è arrivato un gufo» disse Ron in tono brusco, appena entrato. Indicò il cuscino di Harry. Il barbagianni della scuola lo aspettava lì.
«Oh… bene» disse Harry.
«E la punizione è domani sera, nel sotterraneo di Piton» aggiunse Ron.
Poi uscì dalla stanza senza guardarlo. Per un istante, Harry pensò di seguirlo — non sapeva se voleva parlargli o picchiarlo, entrambe le possibilità erano piuttosto allettanti — ma la risposta di Sirius lo attirava come una calamita. Harry raggiunse il barbagianni, gli sfilò la lettera dalla zampa e la srotolò.
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