J. Rowling - Harry Potter e il calice di fuoco

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Harry Potter e il calice di fuoco: краткое содержание, описание и аннотация

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È un momento cruciale nella vita di Harry: ormai è un mago adolescente, vuole andarsene dalla casa degli odiosi Dursley, vuole sognare la Cercatrice del Corvonero per cui ha una cotta tremenda... Intanto, grandiosi avvenimenti si stanno preparando alla scuola di Hogwarts, dove si svolgerà un torneo tra tutte le più importanti scuole di magia. E nonostante non abbia ancora 16 anni, età per iscriversi alla competizione, Harry viene scelto dal Calice di Fuoco per superare prove terrificanti: si troverà faccia a faccia con la morte, come sempre per colpa del perfido Voldemort; e con l’amore.
Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo in 2001.

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Ma qualcun altro sì… qualcun altro l’aveva voluto al Torneo, e si era assicurato che vi prendesse parte. Perché? Per fargli un regalo? Non ne era molto convinto…

Per vederlo mentre si copriva di ridicolo? Be’, era probabile che il suo desiderio si avverasse…

Ma per farlo uccidere ? Moody era fissato come al solito? Non era possibile che qualcuno avesse messo il nome di Harry nel Calice per scherzo, per fargli un tiro mancino? Qualcuno lo voleva davvero morto?

Harry rispose subito a questo interrogativo. Sì, qualcuno lo voleva morto, fin da quando aveva solo un anno… Voldemort. Ma come avrebbe potuto assicurarsi che il nome di Harry finisse nel Calice di Fuoco? Voldemort doveva trovarsi molto, molto lontano, in qualche paese remoto, nascosto, solo… debole e privo di potere…

Eppure nel suo sogno, appena prima di svegliarsi con la cicatrice dolorante, Voldemort non era solo… parlava con Codaliscia… progettava l’assassinio di Harry…

Harry sussultò quando si trovò faccia a faccia con la Signora Grassa: non si era accorto di dove stava andando. Fu una sorpresa anche scoprire che non era sola dentro la cornice. La strega avvizzita che si era insinuata nel quadro del vicino quando Harry si era unito ai campioni ora era seduta con aria tronfia accanto alla Signora Grassa: doveva essersi precipitata di dipinto in dipinto lungo le sette rampe di scale per arrivare lì prima di lui. Sia lei che la Signora Grassa lo stavano guardando col massimo interesse.

«Bene, bene, bene» disse la Signora Grassa. «Violet mi ha appena raccontato tutto. Chi è appena stato scelto come campione della scuola, allora?»

« Guazzabuglio » rispose Harry torpido.

«Assolutamente no!» disse la strega pallida, indignata.

«No, no, Vi, è la parola d’ordine» disse la Signora Grassa in tono conciliante, e ruotò sui cardini per lasciar entrare Harry nella sala comune.

Il boato che scaturì all’apertura del ritratto quasi lo ributtò indietro. Un attimo dopo, una dozzina di paia di mani lo trascinavano dentro, e Harry si trovò faccia a faccia con la Casa di Grifondoro al completo, che urlava, applaudiva e fischiava.

«Dovevi dircelo, che ci provavi!» mugghiò Fred, in parte seccato, in parte profondamente colpito.

«Come hai fatto a riuscirci senza beccarti la barba? Eccezionale!» ruggì George.

«Non ho fatto un bel niente» rispose Harry. «Non so come…»

Ma Angelina lo aveva ghermito. «Oh, se non posso essere io, almeno è un Grifondoro…»

«Potrai ripagare Diggory per l’ultima partita a Quidditch, Harry!» strillò Katie Bell, un’altra dei Cacciatori di Grifondoro.

«C’è da mangiare, Harry, vieni a prendere…»

«Non ho fame, ho mangiato abbastanza al banchetto…»

Ma nessuno volle sentire che era sazio; nessuno volle sentire che non aveva messo il nome nel Calice; non una singola persona parve accorgersi che non era affatto dell’umore giusto per festeggiare… Lee Jordan aveva recuperato da qualche parte uno stendardo di Grifondoro, e insistette per avvolgerlo attorno a Harry come un mantello. Harry non riuscì ad allontanarsi, tutte le volte che cercava di sgattaiolare verso la scala che portava ai dormitori, la folla attorno a lui serrava i ranghi e lo costringeva a trangugiare un’altra Burrobirra, e gli ficcava in mano patatine e noccioline… tutti volevano sapere come aveva fatto, come aveva raggirato la Linea dell’Età di Silente ed era riuscito a mettere il suo nome nel Calice…

«Non ce l’ho messo» ripeté ancora e ancora, «non so com’è potuto succedere».

Ma per quel che lo ascoltavano, avrebbe anche potuto non rispondere affatto.

«Sono stanco!» urlò alla fine, dopo quasi mezz’ora. «No, davvero. George… vado a dormire…»

Voleva più di ogni altra cosa trovare Ron e Hermione, trovare il lume della ragione, ma sembrava che nessuno di questi fosse nella sala comune. Insistette che aveva bisogno di dormire, quasi calpestò i piccoli fratelli Canon che cercavano di tendergli un agguato ai piedi delle scale, e infine riuscì a scrollarsi di dosso tutti quanti, e si arrampicò su nel dormitorio più in fretta che poté.

Con suo grande sollievo, scoprì che Ron era steso sul suo letto nel dormitorio altrimenti deserto, ancora vestito da capo a piedi. Alzò lo sguardo quando Harry sbatté la porta alle sue spalle.

«Dove sei stato?» gli chiese Harry.

«Oh, ciao» disse Ron.

Sorrideva, ma il suo era un sorriso molto strano, forzato. Harry si rese conto all’improvviso che indossava ancora lo stendardo scarlatto di Grifondoro che Lee gli aveva legato al collo. Si affrettò a toglierselo, ma era annodato molto stretto. Ron rimase sul letto senza muoversi, a guardare Harry che cercava di levarselo di dosso.

«Allora» disse, quando finalmente Harry si fu levato lo stendardo e lo ebbe gettato in un angolo. «Congratulazioni».

«Come sarebbe a dire, congratulazioni?» esclamò Harry, fissando Ron. C’era decisamente qualcosa che non andava nel sorriso di Ron; era più che altro una smorfia.

«Be’… nessun altro è riuscito a superare la Linea dell’Età» disse Ron. «Nemmeno Fred e George. Che cos’hai usato, il Mantello dell’Invisibilità?»

«Il Mantello dell’Invisibilità non mi avrebbe fatto oltrepassare quella linea» disse Harry lentamente.

«Ah, giusto» disse Ron. «Credevo che me l’avresti detto se fosse stato il Mantello… perché ci avrebbe coperti tutti e due, no? Invece hai trovato un altro modo, vero?»

«Senti» disse Harry, «non ho messo il mio nome in quel Calice. Dev’essere stato qualcun altro».

Ron alzò le sopracciglia. «E perché lo avrebbe fatto?»

’Per uccidermi’, pensò Harry, ma sentì che sarebbe stato troppo melodrammatico.

«Non lo so» rispose.

Le sopracciglia di Ron si alzarono così tanto che rischiarono di sparire inghiottite dai capelli.

«Va bene, lo sai, a me puoi dire la verità» disse. «Se non vuoi che nessun altro lo sappia, d’accordo, ma non capisco perché ti preoccupi di mentire, non sei finito nei guai, no? Quell’amica della Signora Grassa, quella Violet, ci ha già raccontato tutto. Silente ti lascia partecipare. Un premio in denaro di mille galeoni, eh? E non devi nemmeno fare gli esami di fine anno…»

«Non ho messo il mio nome in quel Calice!» ripeté Harry, che cominciava a spazientirsi.

«Sì, sì, va bene» disse Ron, con lo stesso tono scettico di Cedric. «Solo che stamattina hai detto che se fossi stato tu, l’avresti messo ieri notte, e nessuno ti avrebbe visto… non sono stupido, sai».

«Ma stai facendo di tutto per sembrarlo» scattò Harry.

«Davvero?» disse Ron, e ora non c’era traccia di sorriso, più o meno forzato, sulla sua faccia. «Vorrai andare a dormire, Harry, immagino che dovrai alzarti presto domattina per un servizio fotografico o roba del genere».

Afferrò le tende attorno al suo letto a baldacchino e le chiuse di scatto. Harry rimase in piedi vicino alla porta, a fissare le cortine di velluto rosso, che in quel momento nascondevano una delle poche persone che avrebbero dovuto credergli.

CAPITOLO 18

LA PESA DELLE BACCHETTE

Quando Harry si svegliò la domenica mattina, gli ci volle un po’ per capire perché si sentisse così infelice e preoccupato; poi il ricordo della notte precedente gli precipitò addosso. Si alzò a sedere e scostò bruscamente le tende del suo letto, deciso a parlare con Ron, a costringerlo a credergli — solo per scoprire che il letto di Ron era vuoto; evidentemente era già sceso a colazione.

Harry si vestì e scese la scala a chiocciola che portava nella sala comune. Nell’istante in cui comparve, i ragazzi che avevano già fatto colazione scoppiarono di nuovo in un applauso. La prospettiva di scendere nella Sala Grande e affrontare il resto dei Grifondoro, che lo trattava come una specie di eroe, non era allettante; o così, comunque, o rimanere lì e lasciarsi assediare dai fratelli Canon, che gli facevano entrambi gesti frenetici perché si unisse a loro. Si diresse deciso verso il buco del ritratto, lo aprì e si trovò faccia a faccia con Hermione.

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