Harry ebbe appena il tempo di notare che sulla porta della carrozza c’era un blasone (due bacchette d’oro incrociate da cui spuntavano tre stelle ciascuna) prima che questa si aprisse.
Un ragazzo vestito di azzurro pallido balzò giù, si curvò, trafficò per un attimo con qualcosa ed estrasse una serie di gradini d’oro. Poi arretrò rispettosamente. Harry vide una lustra scarpa nera col tacco alto spuntare dall’interno della carrozza — una scarpa grande come una slitta da bambino — seguita quasi immediatamente dalla donna più grande che avesse mai visto. La taglia della carrozza e dei cavalli furono subito spiegati. Alcuni ragazzi trattennero il respiro.
Harry aveva visto solo una persona grande come quella donna nella sua vita, e questa persona era Hagrid; dubitava che ci fosse una differenza di più di due o tre centimetri nella loro altezza. Eppure in qualche modo — forse semplicemente perché era abituato a Hagrid — quella donna (che ora era scesa dagli scalini e guardava la folla in attesa con gli occhi sgranati) sembrava ancor più innaturalmente grossa. Quando entrò nella luce che fiottava dalla Sala d’Ingresso, si scoprì che aveva un bel viso olivastro, grandi occhi neri liquidi e il naso piuttosto grifagno. I suoi capelli erano raccolti in una crocchia lucente alla base del collo. Era vestita da capo a piedi di satin nero, e molti splendidi opali scintillavano attorno al collo e sulle sue dita enormi.
Silente prese ad applaudire; anche gli studenti, seguendo il suo esempio, batterono le mani, molti in punta di piedi per vedere meglio la donna.
Il suo viso si distese in un sorriso cortese, e avanzò verso Silente, tendendo una mano tutta bagliori. Silente, benché fosse ben alto, dovette chinarsi appena per baciarla.
«Mia cara Madame Maxime» disse. «Benvenuta a Hogwarts».
« Mon cher Silonte!» esclamò lei con voce profonda. «Voi sta bene, spero!»
«Sono in ottima forma, grazie» disse Silente.
«I miei studonti» disse Madame Maxime, agitando noncurante una delle sue enormi mani e indicando alle sue spalle.
Harry, la cui attenzione si era completamente concentrata su Madame Maxime, notò in quel momento che una dozzina circa di ragazzi e ragazze — tutti, a occhio e croce, tra i diciassette e i diciott’anni — erano spuntati dalla carrozza e ora erano in piedi dietro Madame Maxime. Tremavano, cosa tutt’altro che sorprendente dato che i loro abiti sembravano di seta leggera, e nessuno portava il mantello. Alcuni si erano avvolti sciarpe e scialli attorno alla testa. Per quel che Harry poté vedere delle loro facce (erano all’ombra di Madame Maxime), stavano contemplando Hogwarts con aria preoccupata.
«Karkaròff è già qui?» chiese Madame Maxime.
«Dovrebbe essere qui a momenti» rispose Silente. «Preferite aspettare qui e salutarlo o entrare a scaldarvi un po’?»
«Scaldarsci, si» disse Madame Maxime. «Ma i scevalli…»
«Il nostro insegnante di Cura delle Creature Magiche sarà felice di occuparsene» disse Silente, «non appena avrà sistemato un piccolo problema che si è verificato con alcuni dei suoi altri — ehm — compiti».
«Gli Schiopodi» mormorò Ron a Harry, con un ghigno,
«I miei destrieri hanno bisogno di… ehm… una mano descisa» disse Madame Maxime, con l’aria di dubitare che qualunque insegnante di Cura delle Creature Magiche di Hogwarts fosse all’altezza dell’incarico. «Loro sono tanto forti…»
«Le assicuro che Hagrid se ne occuperà con competenza» disse Silente con un sorriso.
« Très bien » disse Madame Maxime con un piccolo inchino, «voleva dire a questo Agrid che i scevalli bevono solamonte whisky di malto, s’il vous plaît? »
«Provvederemo» disse Silente, inchinandosi a sua volta.
«Venite» disse Madame Maxime imperiosa ai suoi studenti, e la folla di Hogwarts si dischiuse per lasciarli salire le scale di pietra.
«Quanto credete che saranno grandi i cavalli di Durmstrang?» chiese Seamus Finnigan a Harry e Ron sporgendosi di fianco a Lavanda e Calì.
«Be’, se sono più grandi di questi, anche Hagrid non riuscirà a controllarli» disse Harry. «Sempre che non sia stato aggredito dai suoi Schiopodi. Chissà che cosa sta succedendo».
«Forse sono fuggiti» disse Ron speranzoso.
«Oh, non dirlo» intervenne Hermione con un brivido. «Prova a immaginarteli liberi per il parco…»
Rimasero lì, tremando un po’, ad aspettare l’arrivo della compagnia di Durmstrang. Quasi tutti guardavano il cielo in attesa. Per qualche minuto, il silenzio fu rotto solo dagli sbuffi e dallo scalpitio dei grossi cavalli di Madame Maxime. Ma poi…
«Sentite qualcosa?» disse Ron all’improvviso.
Harry tese l’orecchio: un suono forte e stranamente misterioso avanzava verso di loro dall’oscurità. Un rombo e un risucchio soffocato, come se un immenso aspirapolvere avanzasse lungo il letto di un fiume…
«Il lago!» urlò Lee Jordan, indicandolo. «Guardate il lago!»
Dalla loro postazione in cima ai prati che sovrastavano il parco, potevano vedere chiaramente la liscia superficie nera dell’acqua, solo che all’improvviso non fu più affatto liscia. Al centro, in profondità, c’era una strana turbolenza; grandi bolle si formavano in superficie, ondate si abbattevano sulle rive fangose… e poi, proprio al centro del lago, apparve un vortice, come se un tappo gigante fosse appena stato tirato via dal fondo…
Una cosa che sembrava un lungo palo nero prese ad affiorare lentamente dal cuore del vortice… e poi Harry vide il sartiame…
«È un albero maestro!» disse a Ron e Hermione.
Lenta e maestosa, la nave sorse dalle acque, splendente nella luce lunare. Aveva un’aria stranamente scheletrica, come se fosse la vittima risuscitata di un naufragio, e le fioche luci nebulose che scintillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Alla fine, con un gran sciabordio, la nave emerse del tutto, galleggiando sull’acqua agitata, e prese a scivolare verso la riva. Qualche istante dopo, udirono il tonfo di un’ancora gettata in un fondale basso, e il tonfo di una passerella che veniva abbassata sulla riva.
I passeggeri sbarcarono; i ragazzi videro le sagome passare davanti alle luci dei boccaporti. Tutti, notò Harry, sembravano della taglia di Tiger e Goyle… ma poi, mentre si avvicinavano, risalendo i prati nella luce che si riversava fuori dalla Sala d’Ingresso, vide che la loro stazza in realtà era dovuta al fatto che indossavano mantelli di pelliccia ispida. Ma l’uomo che li guidava portava una pelliccia di un altro tipo; liscia e argentea, come i suoi capelli.
«Silente!» gridò con calore, mentre risaliva la collina. «Come stai, mio caro amico, come stai?»
«Benissimo, grazie, professor Karkaroff» rispose Silente.
Karkaroff aveva una voce leziosa, untuosa; quando entrò nel fascio di luce che dilagava dal portone del castello, videro che era alto e sottile come Silente, ma i suoi capelli bianchi erano corti, e il pizzetto (che finiva con un piccolo ricciolo) non riusciva a nascondere del tutto il mento debole. Quando raggiunse Silente, gli strinse la mano tra le sue.
«Cara vecchia Hogwarts» disse, guardando in su verso il castello e sorridendo; aveva i denti giallastri, e Harry notò che il sorriso non si estendeva agli occhi, che rimasero freddi e penetranti. «Com’è bello essere qui, com’è bello… Viktor, vieni dentro, al caldo… non ti dispiace, Silente? Viktor ha un po’ di raffreddore…»
Karkaroff spinse avanti uno dei suoi studenti. Mentre il ragazzo passava, Harry fece in tempo a scorgere un grosso naso ricurvo e folte sopracciglia nere. Non ebbe bisogno del pugno che Ron gli sferrò sul braccio, né delle parole che gli sibilò all’orecchio, per riconoscere quel profilo.
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