«Si occupa di oggetti di Babbani, appartenenti a maghi che li hanno stregati per impedire ai Babbani di usarli di nuovo. L’anno scorso, per esempio, è morta una vecchia strega e il suo servizio da tè è stato venduto a un negozio di antiquariato. Lo ha comprato una Babbana, se lo è portato a casa e ha cercato di servirci il tè a degli amici. E stato un incubo… papà ha dovuto fare straordinari per settimane intere».
«Che cosa è successo?»
«La teiera era impazzita e schizzava tè bollente dappertutto, e un signore è finito in ospedale con le pinze per lo zucchero appese al naso. Papà ha lavorato come un pazzo, in ufficio ci sono soltanto lui e un vecchio stregone di nome Perkins, e hanno dovuto fare Incantesimi di Memoria e ogni sorta di artifici per mettere a tacere la cosa…»
«Ma vostro padre… questa macchina…»
Fred scoppiò a ridere. «Sì, papà va matto per tutto quel che riguarda i Babbani; abbiamo il capanno pieno zeppo di aggeggi che provengono dal loro mondo. Lui li smonta, ci introduce qualche incantesimo dentro e poi li rimonta. Se facesse un’ispezione in casa nostra dovrebbe mettersi subito agli arresti. È una cosa che manda mamma fuori dai gangheri».
«Quella è la strada principale» disse George guardando in giù attraverso il parabrezza. «Tra dieci minuti siamo arrivati… meno male, sta albeggiando…»
Un pallido bagliore rosato era visibile all’orizzonte, verso oriente.
Fred scese di quota e Harry scorse nell’oscurità un collage di campi e di boschi.
«Noi siamo un po’ fuori del paese» disse George. «Ottery St Catchpole…»
L’automobile continuava ad abbassarsi. Ora, attraverso gli alberi, brillava il contorno di un sole rosso vivo.
«Ci siamo!» disse Fred quando, con un lieve sobbalzo, ebbero toccato il suolo. Erano atterrati vicino a un garage malandato, in un piccolo cortile, e Harry vide per la prima volta la casa di Ron.
Aveva l’aria di essere stata, un tempo, un grosso porcile di pietra, ma qua e là erano state aggiunte delle stanze per un’altezza di diversi piani e, così contorta, la costruzione sembrava proprio reggersi in piedi per magia (il che, come Harry rammentò a se stesso, era probabilmente vero). Sul tetto rosso facevano capolino quattro o cinque comignoli. Su un’insegna sbilenca fissata a terra, vicino all’entrata, si leggeva: ‘La Tana’. Dietro alla porta principale, alla rinfusa, erano ammucchiati degli stivaloni di gomma e un calderone tutto arrugginito. Molte galline marroni ben pasciute andavano beccando qua e là per l’aia.
«Be’, non è un granché» disse Ron.
«Ma è magnifica !» esclamò Harry felice, pensando a Privet Drive.
Scesero dalla macchina.
«Ora saliamo senza far rumore» disse Fred, «e aspettiamo che mamma ci chiami per la colazione. Poi tu, Ron, scendi giù saltellando e dici: ‘Mamma, guarda chi è arrivato stanotte!’; lei sarà tutta contenta di vedere Harry e nessuno dovrà mai sapere che abbiamo fatto volare la macchina».
«Va bene» disse Ron. «Vieni Harry, io dormo al…»
Ma Ron, con gli occhi fissi sulla casa, aveva assunto un orribile colorito verdognolo. Gli altri tre si girarono di scatto.
La signora Weasley stava attraversando il cortile a passo di marcia, gettando lo scompiglio tra i polli, e per quanto fosse una donna bassa, rotondetta e dal viso gentile, in quel momento assomigliava notevolmente a una tigre dai denti a sciabola.
«Oh!» disse Fred.
«Accidenti…» fece eco George.
La signora Weasley gli si piantò davanti con le mani sui fianchi, guardando a una a una le facce colpevoli. Indossava un grembiule a fiori e una bacchetta magica le sporgeva dalla tasca.
«E allora?» disse.
«…’Giorno mamma» disse George con quella che evidentemente considerava una voce disinvolta e accattivante.
«Avete la minima idea di quanto mi sono preoccupata?» chiese la signora Weasley in un sibilo letale.
«Scusaci, mamma, ma vedi, dovevamo…»
Tutti e tre i figli della signora Weasley erano più alti di lei, ma si fecero piccoli piccoli quando li investì la sua rabbia.
« Letti vuoti! Neanche un biglietto… L’auto sparita… Potevate esservi schiantati… Ero fuori di me dall’angoscia… Ma a voi che vi importava?… Mai in tutta la vita… Ma aspettate che vostro padre torni a casa. Bill, Charlie e Percy non ci hanno mai dato preoccupazioni di questo genere… »
«Percy il perfetto, ti pareva» bofonchiò tra sé Fred.
«NON VI FAREBBE MALE ASSOMIGLIARGLI UN PO’!» gridò la signora Weasley puntando un dito contro il petto di Fred. «Potevate morire, potevano vedervi, potevate far perdere il posto a vostro padre…»
Sembrò che durasse ore. La signora Weasley si sgolò ben bene, poi si volse verso Harry, che si era fatto da parte.
«Sono molto contenta di vederti, Harry caro» disse. «Vieni, entra e fai colazione».
Si voltò e rientrò in casa e Harry, dopo aver lanciato uno sguardo nervoso a Ron, che annuì con fare incoraggiante, la seguì.
La cucina era piccola e piuttosto ingombra. Nel mezzo c’era un misero tavolo di legno con delle sedie; Harry si sedette sul bordo di una di esse, guardandosi intorno. Non era mai stato in una casa di maghi.
L’orologio, sulla parete di fronte, aveva una sola lancetta e niente numeri. Sul quadrante c’erano scritte cose come: ‘Ora di fare il tè’, ‘Ora di dar da mangiare ai polli’ e ‘Sei in ritardo’. Sulla mensola del camino, uno sopra l’altro, erano accatastati libri con titoli come Incantate il vostro formaggio, Incantesimi da forno, e Banchetti in un minuto: questa sì che è magia! E a meno che le orecchie di Harry non lo ingannassero, la vecchia radio vicino al lavandino aveva appena annunciato «L’ora della magia, con l’incantatrice pop Celestina Warbeck».
La signora Weasley si muoveva per la stanza rumorosamente, preparando la colazione un po’ alla buona e gettando occhiate bieche ai suoi figli mentre lanciava le salsicce nella padella. Di tanto in tanto bofonchiava frasi del tipo: «Non so cosa avete in testa» oppure: «Non me lo sarei mai aspettato».
«Non ce l’ho con te, caro» rassicurò Harry, lasciando cadere otto o nove salsicce nel suo piatto. «Arthur e io eravamo preoccupati anche per te. Proprio ieri sera dicevamo che saremmo venuti noi stessi a prenderti se per venerdì Ron non avesse ricevuto una tua risposta. Ma veramente!» (ora gli stava aggiungendo nel piatto tre uova fritte) «Volare con una macchina non regolamentare per tutto il paese… chiunque avrebbe potuto vedervi…»
Poi, con noncuranza, agitò la bacchetta magica verso i piatti da lavare nel lavandino e quelli cominciarono a pulirsi da soli, con un lieve acciottolio di sottofondo.
«Il cielo era coperto, mamma» disse Fred.
«Non parlare con la bocca piena!» lo rimbeccò la signora Weasley.
«Ma quelli lo stavano facendo morire di fame, mamma!» disse George.
«Lo stesso vale per te!» disse la signora Weasley, ma fu con un’espressione lievemente addolcita che cominciò a tagliare il pane per Harry e a imburrarglielo.
In quel momento una figuretta dai capelli rossi e dalla lunga camicia da notte comparve in cucina, lanciò un gridolino e corse via di nuovo.
«È Ginny» disse Ron sottovoce a Harry. «Mia sorella. Non ha fatto che parlare di te tutta l’estate».
«Sì, vedrai che ti chiederà l’autografo, Harry» commentò Fred ridendo, ma poi, cogliendo l’occhiata di sua madre, chinò la faccia sul piatto senza più dire una parola. Regnò il silenzio fino a che tutti e quattro i piatti non furono puliti, il che richiese un tempo sorprendentemente breve.
«Mamma mia, quanto sono stanco» sbadigliò Fred posando coltello e forchetta. «Penso che me ne andrò a letto e…»
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