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Joanne Rowling: Harry Potter e la camera dei segreti

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Joanne Rowling Harry Potter e la camera dei segreti
  • Название:
    Harry Potter e la camera dei segreti
  • Автор:
  • Издательство:
    Salani
  • Жанр:
  • Год:
    1999
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    978-88-7782-703-6
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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Harry Potter e la camera dei segreti: краткое содержание, описание и аннотация

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Continuano le avventure dell’apprendista stregone più famoso del mondo. Lo avevamo lasciato alla bizzarra Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove aveva sconfitto il terribile Lord Voldemort. Lo ritroviamo ora alle prese con alcuni insegnanti come il severissimo professor Piton o come il vanesio professor Allock. Ma, soprattutto, alle prese con una serie di strani episodi che cominciano a capitare nella scuola. Molti studenti cadono vittime di un incantesimo che li trasforma in pietra: la causa sembra essere una terrificante creatura che si nasconde nella misteriosa Camera dei Segreti…

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«Co-cosa?» balbettò Harry. «Ma io devo tornarci… L’anno scolastico inizia il primo di settembre. E l’unica cosa che mi aiuta ad andare avanti. Tu non sai com’è qui. Io non appartengo a questo posto. Appartengo al vostro mondo… a Hogwarts».

«No, no, no!» squitti Dobby scuotendo la testa così forte da far sbatacchiare le orecchie di qua e di là. «Harry Potter deve rimanere qui, dove è al sicuro. Lui è troppo grande, troppo buono per essere perduto. Se Harry Potter torna a Hogwarts, correrà un pericolo mortale».

«Perché?» chiese Harry stupito.

«C’è un complotto, Harry Potter. Un complotto per far succedere le cose più terribili, quest’anno, alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts» sussurrò e prese a tremare all’improvviso. «Dobby lo sa da mesi, signore. Harry Potter non deve mettersi in pericolo. Lui è troppo importante, signore!»

«Quali cose terribili?» si affrettò a chiedere Harry. «E chi sta complottando?»

Dobby emise un buffo singhiozzo e picchiò disperatamente la testa contro il muro.

«Basta così!» gridò Harry afferrando l’elfo per un braccio. «Non puoi dirlo, capisco. Ma perché stai avvertendo proprio me ?» Un pensiero improvviso e spiacevole gli attraversò la mente. «Aspetta un po’… è qualcosa che ha a che fare con Vol… scusa… con Tu-Sai-Chi, è vero? Basta che tu faccia di sì o di no con la testa» aggiunse in fretta, perché la testa di Dobby tornò a lanciarsi pericolosamente contro il muro.

Lentamente, Dobby scosse il capo.

«No, non Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, signore».

Gli occhi di Dobby erano spalancati e sembrava cercassero di suggerire qualcosa. Ma Harry era completamente in alto mare.

«Non ha un fratello, per caso?»

Dobby scosse il capo, e i suoi occhi erano più spalancati che mai.

«Be’, non riesco a pensare a nessun altro che possa far succedere cose orribili a Hogwarts» disse Harry. «Voglio dire, prima di tutto c’è Silente… Lo sai chi è Silente, non è vero?»

Dobby annuì.

«Albus Silente è il più grande direttore che Hogwarts abbia mai avuto. Dobby lo sa, signore. Dobby ha sentito dire che Silente è grande quanto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato quando era al culmine della sua forza. Ma, signore» e qui la voce di Dobby divenne un sussurro concitato, «ci sono poteri che Silente non può… poteri che nessun mago per bene…»

E prima che Harry potesse fermarlo Dobby saltò giù dal letto, afferrò la lampada dalla scrivania e cominciò a darsela in testa con guaiti assordanti.

Di sotto si fece un improvviso silenzio. Un attimo dopo Harry, con il cuore che gli batteva furiosamente in petto, udi zio Vernon andare nell’ingresso dicendo: «Ancora una volta, Dudley deve aver lasciato la televisione accesa, quel monello!»

«Svelto! Nell’armadio!» sussurrò Harry spingendoci dentro Dobby, richiudendo lo sportello e infilandosi a letto proprio nel momento in cui la maniglia della porta si abbassava.

«Che cosa… diavolo… stai… facendo?» disse zio Vernon digrignando i denti e avvicinando orribilmente il viso a quello di Harry. «Mi hai appena rovinato il finale della barzelletta sul golfista giapponese… Ancora un rumore e ti faccio pentire di essere nato!»

E uscì dalla stanza col passo pesante dei suoi piedi piatti.

Harry, tutto tremante, fece uscire Dobby dall’armadio.

«Lo vedi come si vive qui?» disse. «Lo capisci perché devo tornare a Hogwarts? È l’unico posto dove ho… be’, dove penso di avere degli amici».

«Amici che neanche scrivono a Harry Potter?» disse Dobby maliziosamente.

«Suppongo che abbiano… aspetta un attimo» disse Harry aggrottando la fronte. «Come fai a sapere, tu, che i miei amici non mi hanno scritto?»

Dobby si dondolò sui piedi.

«Harry Potter non deve arrabbiarsi con Dobby… Dobby lo ha fatto per il suo bene…»

« Hai intercettato le mie lettere? »

«Dobby ce le ha qui, signore» disse l’elio. Allontanandosi agilmente dalla portata di Harry, tirò fuori dalla federa che aveva indosso un gran fascio di buste. Harry riconobbe la scrittura nitida di Hermione, gli scarabocchi disordinati di Ron e anche due righe buttate giù in fretta che sembravano di Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts.

Dobby sbirciò Harry con ansia.

«Harry Potter non deve arrabbiarsi… Dobby sperava… se Harry Potter pensava di essere stato dimenticato dagli amici… forse Harry Potter non avrebbe più voluto tornare a scuola, signore…»

Ma Harry non lo ascoltava. Cercò di afferrare le lettere, ma con un salto Dobby si portò fuori tiro.

«Harry Potter le avrà, signore, se darà a Dobby la sua parola d’onore che non tornerà a Hogwarts. Ah, signore, è un rischio che non deve affrontare! Dica che non ci tornerà, signore!»

«No!» disse Harry infuriato. «Dammi le lettere dei miei amici!»

«Allora Harry Potter non lascia a Dobby altra scelta» disse l’elfo tristemente.

Prima che Harry potesse fare un gesto, Dobby era volato verso la porta della camera, l’aveva spalancata e si era fiondato giù per le scale.

Con la bocca secca, lo stomaco stretto, Harry si precipitò dietro di lui, cercando di non far rumore. Saltò a pie’ pari gli ultimi sei gradini, atterrò come un gatto sul tappeto dell’ingresso e si guardò intorno in cerca dell’elfo. Dal salotto, udiva la voce di zio Vernon che diceva: «…signor Mason, racconti a Petunia quella buffissima storiella degli idraulici americani… lei muore dalla voglia di sentirla…»

Harry corse in cucina e il cuore gli si fermò.

Il capolavoro di pasticceria di zia Petunia, la montagna di panna cosparsa di violette di zucchero, stava galleggiando in aria, vicino al soffitto. In cima a un armadio, nell’angolo, stava accovacciato Dobby.

«No!» supplicò Harry con voce rauca. «Te ne prego… mi ammazzeranno…»

«Harry Potter deve dire che non tornerà a scuola…»

«Dobby… ti prego…»

«Lo dica, signore…»

«Non posso!»

Dobby gli lanciò un’occhiata tragica.

«Allora Dobby deve farlo, signore, per il bene di Harry Potter».

Il dolce cadde a terra con uno schianto da infarto. La panna imbrattò finestre e muri e il piatto andò in frantumi. Con uno schiocco come una frustata Dobby svanì nel nulla.

Si udirono delle grida provenire dalla sala da pranzo. Zio Vernon irruppe in cucina dove trovò Harry, impalato, coperto da capo a piedi di panna e violette.

All’inizio sembrò che riuscisse a trovare una buona scusa per quel disastro («È soltanto nostro nipote… un ragazzo molto disturbato… vedere estranei lo mette a disagio, per questo lo abbiamo tenuto di sopra…»). Rispedì i Mason, sconvolti, nella sala da pranzo, promise a Harry che quando gli ospiti fossero andati via lo avrebbe scorticato vivo e gli allungò uno straccio. Zia Petunia ripescò un gelato dal freezer e Harry, ancora tremante, cominciò a darsi da fare per pulire la cucina.

Zio Vernon avrebbe ancora potuto concludere il suo affare se non fosse stato per il gufo.

Zia Petunia stava facendo girare un cestino di cioccolatini digestivi alla menta, quando un immenso gufo entrò dalla finestra, lasciò cadere una lettera sulla testa della signora Mason e volò via. La signora Mason gridò come un’ossessa e fuggì dalla casa urlando qualcosa sui matti. Il signor Mason rimase il tempo necessario a spiegare ai Dursley che sua moglie aveva un terrore mortale degli uccelli di ogni forma e dimensione e a chiedere se avevano pensato di essere divertenti.

In cucina Harry si aggrappava allo straccio per farsi forza, mentre zio Vernon avanzava verso di lui con i piccoli occhi porcini accesi di una luce diabolica.

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