Proprio in quel momento, Ginny Weasley si avvicinò e andò a sedersi accanto a Ron. Aveva l’aria tesa e nervosa, e Harry notò che si tormentava le mani in grembo.
«Che succede?» chiese Ron servendosi un’altra porzione di porridge.
Ginny non rispose, ma passò in rassegna tutta la tavolata dei Grifondoro con uno sguardo spaventato che a Harry ricordò qualcuno, ma non sapeva dire chi.
«Sputa il rospo» disse Ron fissandola.
Tutt’a un tratto Harry si ricordò a chi assomigliava Ginny. Si stava dondolando impercettibilmente avanti e indietro sulla sedia, proprio come faceva Dobby quando era lì lì per rivelare un segreto.
«Devo dirvi una cosa» balbettò Ginny, ben attenta a non guardare Harry.
«Di che si tratta?»
Sembrava che la ragazzina non riuscisse a trovare le parole giuste.
« Allora? » incalzò Ron.
Ginny aprì bocca, ma non ne uscì alcun suono. Harry si piegò in avanti e parlò sottovoce, in modo che solo Ginny e Ron potessero udirlo.
«È qualcosa che riguarda la Camera dei Segreti? Hai visto qualcosa? O qualcuno che si comportava in maniera strana?»
Ginny fece un respiro profondo ma proprio in quel momento apparve Percy Weasley, pallido e stanco.
«Se hai finito di mangiare mi siedo al tuo posto, Ginny. Sto morendo di fame. Ho appena terminato il mio turno di sorveglianza».
Ginny saltò su come se nella sedia fosse passata la corrente elettrica, lanciò di sfuggita a Percy un’occhiata spaventata e se la diede a gambe. Percy si sedette e prese una tazza dal centro del tavolo.
«Percy!» disse Ron arrabbiato. «Stava per dirci qualcosa di importante!»
A Percy andò di traverso un sorso di tè.
«Che genere di cosa?» chiese tossendo.
«Le avevo appena chiesto se aveva visto niente di strano e lei aveva cominciato a dire…»
«Oh… quello… quello non ha niente a che fare con la Camera dei Segreti» disse prontamente Percy.
«E tu che ne sai?» chiese Ron alzando le sopracciglia.
«Be’… ehm… se proprio volete saperlo, Ginny… ehm… è entrata mentre io stavo… be’, fa niente… il fatto è che mi ha visto mentre stavo facendo una cosa e io… ehm… le ho chiesto di non dirlo a nessuno. Devo dire che pensavo che avrebbe mantenuto la parola. In realtà non è niente, preferirei…»
Harry non aveva mai visto Percy così a disagio.
«Che cosa stavi facendo, Percy?» disse Ron sorridendo. «Dài, diccelo, ti prometto che non rideremo».
Percy non ricambiò il sorriso.
«Passami quei panini, Harry, sto morendo di fame!»
Harry sapeva bene che tutto il mistero avrebbe potuto essere risolto l’indomani, senza il loro contributo, ma non intendeva rinunciare a parlare con Mirtilla. L’occasione si presentò a metà mattinata, mentre l’intera classe si recava, accompagnata da Gilderoy Allock, alla lezione di Storia della Magia.
Allock, che tanto spesso li aveva rassicurati che ogni pericolo era svanito per essere smentito sempre un attimo dopo, ora era fermamente convinto che non valesse la pena di accompagnarli lungo i corridoi per proteggerli. I suoi capelli non erano impeccabili come al solito; sembrava fosse rimasto in piedi tutta la notte a fare la ronda al quarto piano.
«Ricordatevi bene quel che vi dico» annunciò quando ebbero svoltato un angolo, «le prime parole che usciranno dalla bocca di quei poveri esseri pietrificati saranno: è stato Hagrid. Francamente, mi meraviglio che la professoressa McGranitt ritenga necessario tutte queste misure di sicurezza».
«Sono d’accordo con lei, signore» disse Harry lasciando Ron talmente di stucco che gli caddero di mano tutti i libri.
«Grazie, Harry» disse Allock affabilmente mentre aspettavano che passasse una lunga fila di Tassorosso. «Voglio dire, noi insegnanti abbiamo già abbastanza da fare senza dover accompagnare gli studenti in classe e montare la guardia tutta la notte».
«Giusto» commentò Ron che stavolta aveva capito. «Perché non ci lascia qui, signore? Ci è rimasto un solo corridoio da percorrere».
«Lo sai, Weasley? Credo proprio che farò così» disse Allock. «Devo andare a preparare la mia prossima lezione».
E si allontanò in tutta fretta.
«Sì, proprio a preparare la lezione!» gli sogghignò dietro Ron. «lo dico che è andato a mettersi i bigodini».
Lasciarono che i compagni li superassero, poi sgusciarono svelti lungo un passaggio laterale in direzione del bagno di Mirtilla Malcontenta. Ma proprio mentre si stavano congratulando a vicenda per il piano astuto che avevano escogitato…
«Potter! Weasley! Che cosa state facendo?»
Era la professoressa McGranitt e le sue labbra erano sottili e taglienti come non mai.
«Stavamo… stavamo…» balbettò Ron. «Stavamo andando… a trovare…»
«…a trovare Hermione» si affrettò a concludere Harry. Ron e la McGranitt lo fissarono.
«Sono secoli che non la vediamo, professoressa» proseguì Harry precipitosamente, mollando un pestone a Ron, «e… be’… pensavamo di sgattaiolare in infermeria per andarle a dire che le mandragole sono quasi pronte, e… ehm… di non preoccuparsi».
La McGranitt continuava a fissarlo, e per un istante Harry pensò che era sul punto di esplodere; ma quando parlò la sua voce aveva una strana tonalità gutturale.
«Ma certo» disse, e con grande stupore di Harry nei suoi piccoli occhi lucenti spuntò una lacrima. «Certo, mi rendo conto che chi ha sofferto di più sono gli amici dei ragazzi che sono stati… Capisco benissimo. Si, Potter, certo che potete andare a trovare la signorina Granger. Lo dirò io al professor Rüf. Dite a Madama Chips che il permesso ve l’ho dato io».
Harry e Ron si allontanarono, non osando ancora credere di avere scampato una punizione. Quando ebbero girato l’angolo udirono distintamente la McGranitt soffiarsi il naso.
«È la panzana migliore che potevi inventarti» disse Ron calorosamente.
Ora non avevano scelta: dovevano andare in infermeria e dire a Madama Chips che avevano il permesso della McGranitt di far visita a Hermione.
Anche se con una certa riluttanza, Madama Chips li fece entrare.
«In realtà non ha senso parlare a una persona pietrificata» disse, e quando i due ragazzi si furono seduti accanto a Hermione, dovettero ammettere che aveva ragione. Era chiaro che la ragazza non aveva il minimo sentore che qualcuno fosse venuto a trovarla e che se avessero detto al comodino di non preoccuparsi sarebbe stata la stessa cosa.
«Chissà se ha visto chi l’ha aggredita?» chiese Ron fissando tristemente il volto rigido della ragazza. «Perché se si è avvicinato a tutti di soppiatto, nessuno saprà mai…»
Ma Harry non fissava il viso di Hermione. Era più interessato a osservare la sua mano destra, che giaceva inerte e serrata sopra le coperte. Chinandosi per vedere meglio, scorse un pezzetto di carta appallottolato nel pugno.
Si accertò che Madama Chips non fosse nei paraggi e lo indicò a Ron.
«Cerca di sfilarglielo di mano» sussurrò lui, spostando la sedia in modo da chiudere la visuale a madama Chips.
Non fu facile. La mano di Hermione era talmente serrata attorno a quel bigliettino che a un certo punto Harry temette di strapparlo. Mentre Ron montava la guardia Harry tirò e spinse finché, dopo parecchi minuti di tensione, riuscì a estrado.
Era una pagina strappata da un vecchio volume della biblioteca. Eccitato, Harry la lisciò e Ron si avvicinò per leggere a sua volta.
Dei molti, spaventosi animali e mostri che popolano la nostra terra, nessuno è più insolito e micidiale del Basilisco, noto anche come il Re dei Serpenti. Questo serpente, che può raggiungere dimensioni gigantesche e che vive molte centinaia di anni, nasce da un uovo di gallina covato da un rospo. Esso uccide in modo portentoso: oltre alle zanne, che contengono un potente veleno, anche lo sguardo del Basilisco provoca morte istantanea. I ragni fuggono davanti al Basilisco, perché è il loro nemico mortale e il Basilisco fugge solo quando ode il canto del gallo, che gli è fatale.
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