«Be’, vattene in infermeria, e dài un calcio da parte mia a tutti quei mezzosangue» disse Malfoy con un ghigno. «Strano che La Gazzetta del Profeta non abbia ancora dato notizia di tutti questi attentati» proseguì pensieroso. «Immagino che Silente stia cercando di mettere tutto a tacere. Se la cosa non finisce presto gli daranno il benservito. Mio padre dice sempre che Silente è la peggior disgrazia che sia mai capitata a questo posto, perché adora i figli dei Babbani. Un preside decente non avrebbe mai dovuto ammettere un rifiuto della società come quel Canon».
E Malfoy cominciò a scattare foto con un’immaginaria macchina fotografica, in una replica di Colin crudele ma perfetta: «Potter, posso avere una tua foto, Potter? Mi fai un autografo? Per favore, posso leccarti le scarpe, Potter?»
Abbassò le braccia e fissò Harry e Ron.
«Si può sapere cosa avete, voi due?»
La risata forzata di Harry e Ron arrivò in ritardo, ma Malfoy sembrò soddisfatto; magari Tiger e Goyle non erano di quelli che capivano al volo.
«San Potter, l’amico dei mezzosangue» scandì lentamente Malfoy. «Lui è un altro che non ha una vera sensibilità da mago, altrimenti non se ne andrebbe sempre in giro con quella presuntuosa Babbanastra della Granger. E pensare che la gente crede che l’erede di Serpeverde sia lui !»
Harry e Ron rimasero in attesa, trattenendo il fiato: di certo, Malfoy stava per dirgli che l’erede di Serpeverde era lui. E invece…
«Quanto mi piacerebbe sapere chi è» proseguì Malfoy con aria petulante. «Potrei dargli una mano».
A Ron-Tiger la mascella si afflosciò cosi tanto che la sua faccia sembrò ancor più ebete del solito. Per fortuna Malfoy non ci fece caso, e Harry, cercando freneticamente di farsi venire in mente qualcosa, disse: «Ma tu avrai sicuramente un’idea di chi c’è dietro a tutto questo…»
«Lo sai che non ce l’ho, Goyle, quante volte te lo devo ripetere?» sbottò Malfoy. «E mio padre non vuole dirmi niente sull’ultima volta che la Camera è stata aperta. Certo, è successo cinquant’anni fa, e quindi prima che lui fosse a Hogwarts, ma conosce la storia nei minimi particolari e dice che fu messo tutto a tacere; per cui, se io ne sapessi troppo apparirebbe sospetto. Una cosa, però, la so: l’ultima volta che la Camera dei Segreti è stata aperta è morto un mezzosangue. Perciò scommetto che è soltanto questione di tempo: anche questa volta uno di loro ci rimetterà la pelle… Spero proprio che sia la Granger» concluse tutto soddisfatto.
Ron-Tiger stringeva i pugni giganteschi. Rendendosi conto che se avesse mollato un cazzotto a Malfoy si sarebbero immancabilmente traditi, Harry fulminò l’amico con un’occhiata e chiese: «Ma quello che ha aperto la Camera… l’hanno preso?»
«Oh, sì… chiunque sia stato, fu espulso» disse Malfoy. «Probabilmente è ancora ad Azkaban».
«Azkaban?» ripeté Harry perplesso.
«Sì, Azkaban… la prigione dei maghi, Goyle!» disse Malfoy fissandolo incredulo. «Parola mia, Goyle, se tu fossi appena un po’ più lento andresti all’indietro!»
Si agitò sulla sedia e poi aggiunse: «Mio padre mi dice di non immischiarmi e di lasciare che l’erede di Serpeverde prosegua il suo lavoro. Dice che la scuola deve essere liberata da tutti quegli sporchi mezzosangue, ma che io non me ne devo impicciare. Naturalmente in questo momento lui ha ben altro da fare. Lo sapete che il Ministero della Magia ha perquisito il nostro Castello, la settimana scorsa?»
Harry-Goyle cercò di fare assumere al suo viso ebete un’espressione preoccupata.
«Proprio cosi…» riprese Malfoy. «Per fortuna non hanno trovato granché. Mio padre possiede alcune preziose sostanze per le Arti Oscure. Ma per fortuna anche noi abbiamo la nostra camera segreta, sotto il pavimento del salotto…»
«Aha!» esclamò Ron-Tiger.
Malfoy lo fissò, e altrettanto fece Harry. Ron arrossì. Anche i capelli gli si stavano tornando rossi. E anche il naso, pian piano, gli si stava allungando. L’ora era scaduta. Ron stava ridiventando Ron, e dall’occhiata inorridita che lanciò a Harry, anche a lui stava capitando la stessa cosa.
Entrambi scattarono in piedi.
«Presto, una medicina per il mal di stomaco!» grugnì Ron, e senza altre storie attraversarono di corsa la sala comune dei Serpeverde, si lanciarono contro la parete di pietra e attraversarono il passaggio segreto, sperando ardentemente che Malfoy non si fosse accorto di nulla. Harry rimpiccioliva e sentiva i piedi sciacquare dentro le enormi scarpe di Goyle e i vestiti ballargli addosso. Fecero di volata le scale verso la sala d’ingresso, che era avvolta nell’oscurità: dall’armadio dove erano rinchiusi Tiger e Goyle provenivano dei colpi soffocati. Lasciarono le scarpe fuori dall’armadio e, con i soli calzini ai piedi, fecero di corsa la scalinata di marmo, dritti al bagno di Mirtilla Malcontenta.
«Be’, non è stato tutto tempo perso» ansimò Ron chiudendosi la porta del bagno alle spalle. «Va bene che non abbiamo ancora scoperto chi è l’autore degli attentati, ma domani scrivo a mio padre per dirgli di andare a dare un’occhiatina sotto il salotto dei Malfoy».
Harry andò a controllare la propria faccia sullo specchio incrinato. Era tornato normale. Inforcò gli occhiali, mentre Ron bussava alla porta del gabinetto di Hermione.
«Hermione, vieni fuori. Abbiamo un sacco di cose da dirti…»
«Andate via!» strillò Hermione.
Harry e Ron si scambiarono un’occhiata.
«Ma che diavolo è successo?» chiese Ron. «Ormai dovresti essere tornata normale anche tu; noi siamo…»
Ma Mirtilla Malcontenta sgattaiolò fuori dal suo cubicolo. Harry non l’aveva mai vista così felice.
«Oooooooh, adesso vedrete!» esclamò. «È orribile !»
Sentirono scorrere il chiavistello e Hermione apparve, in lacrime, coprendosi la testa con gli abiti.
«Che cosa è successo?» chiese Ron incerto. «Ti è rimasto il naso di Millicent, o cosa?»
Hermione si fece scivolare i vestiti dalla testa e Ron arretrò fino al lavabo.
La faccia di Hermione era tutta coperta di pelo nero. Gli occhi erano diventati gialli e tra i capelli facevano capolino due orecchiette a punta.
«E-era un p-pelo di g-gatto!» gemette. «M-Millicent B-Bustrode deve avere un gatto! E la p-pozione non può essere usata per trasformarsi in un animale!»
«Oh!» disse Ron.
«Ti prenderanno in giro da morire !» commentò Mirtilla tutta felice.
«Non ti preoccupare, Hermione» tagliò corto Harry. «Ora ti portiamo in infermeria. Madama Chips non fa mai troppe domande…»
Ci volle del bello e del buono per convincere Hermione a uscire dal bagno. Mirtilla Malcontenta li inseguì ridendo come una matta.
«Ora vedrai, quando tutti si accorgeranno che hai la coda !»
Capitolo 13
Il diario segretissimo
Hermione rimase in infermeria per diverse settimane. Quando gli studenti tornarono dalle vacanze di Natale corsero varie voci sulla sua scomparsa, perché naturalmente tutti pensarono che fosse l’ennesima vittima. Erano talmente tanti gli studenti che facevano la fila fuori dell’infermeria per farle visita che Madama Chips tirò di nuovo fuori le famose tende e le appese tutt’attorno al letto, per risparmiarle la vergogna di farsi vedere con la faccia pelosa.
Harry e Ron andavano a trovarla tutte le sere. Quando ricominciò il trimestre le portavano i compiti del giorno.
«Magari mi fossero spuntati i baffi anche a me, almeno potrei prendermi una vacanza!» sospirò Ron una sera, rovesciando una pila di libri sul comodino di Hermione.
«Non essere sciocco, Ron, io devo tenermi al passo» gli rispose lei vivace. Il suo umore era molto migliorato da quando i peli se ne erano andati dalla faccia e gli occhi stavano ritornando lentamente del loro colore. «Ci sono novità?» aggiunse in un sussurro per non farsi sentire da Madama Chips.
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