Le candele si consumavano lentamente e la loro luce tremula danzava sugli innumerevoli volti mobili di Allock che lo guardavano. Harry allungò la mano indolenzita su quella che doveva essere la millesima busta e scrisse l’indirizzo di Veronica Smethley. ‘Dovrebbe essere quasi l’ora di andarsene’ pensò. ‘Dio mio, fa’ che stia per finire…’
Poi udì qualcosa, qualcosa di molto diverso dallo sfrigolio delle candele morenti e dalle ciance di Allock sulle sue ammiratrici.
Era una voce, una voce che gelava il sangue, una voce così velenosa da togliere il respiro, una voce gelida come il ghiaccio.
« Vieni… vieni da me… Ti squarterò… Ti farò a pezzi… Ti ucciderò… »
Harry fece un gran salto e sull’indirizzo di Veronica Smethley cadde una grossa macchia d’inchiostro lilla.
« Cosa? » disse ad alta voce.
«Lo so» disse Allock. «Sei mesi di seguito in cima alle classifiche dei best-seller! Ho polverizzato ogni record!»
«No» disse Harry. «Dicevo, quella voce!»
«Prego?» disse Allock con l’aria perplessa. «Quale voce?»
«Quella… la voce che ha detto… non l’ha sentita?»
Allock fissava Harry completamente attonito.
«Ma di che cosa stai parlando, Harry? Forse sei un po’ stanco? Per tutti i gargoyle… guarda che ora è! Abbiamo lavorato per quasi quattro ore! Non l’avrei mai detto… il tempo è volato, non pare anche a te?»
Harry non rispose. Tendeva l’orecchio, ma ora l’unico suono era la voce di Allock che gli diceva di non aspettarsi una punizione gratificante come quella ogni volta che si fosse beccato una consegna. Completamente stordito, Harry lasciò la stanza.
Era così tardi che la sala comune dei Grifondoro era quasi deserta. Harry salì dritto filato al dormitorio. Ron non era ancora tornato. Indossò il pigiama, si infilò a letto e rimase in attesa. Mezz’ora più tardi arrivò l’amico, massaggiandosi il braccio destro e portandosi dietro nella stanza buia una gran puzza di lucidante per l’argento.
«Non mi sento più i muscoli» gemette sprofondando nel letto. «Mi ha fatto strofinare quattordici volte la coppa del Quidditch prima di essere soddisfatto. E poi ho avuto un altro attacco di lumache e ho vomitato tutto sopra un Premio Speciale per i Servigi resi alla Scuola. Mi ci sono voluti secoli per togliere tutta quella bava… Come è andata con Allock?»
Parlando a bassa voce per non svegliare Neville, Dean e Seamus, Harry gli raccontò per filo e per segno quel che aveva udito.
«E Allock ha detto che non la sentiva?» chiese Ron. Alla luce della luna, Harry lo vide aggrottare la fronte. «Non hai pensato che stesse mentendo? Ma non capisco… anche un essere invisibile avrebbe dovuto aprire la porta».
«Lo so» disse Harry tornando a stendersi e fissando il baldacchino sopra la sua testa. «Neanche io capisco».
Capitolo 8
La Festa di Complemorte
Arrivò ottobre, che stese una coltre di freddo umido sui campi e nel castello. In infermeria, Madama Chips ebbe il suo daffare a curare un’improvvisa epidemia di raffreddore che aveva colpito professori e studenti. Il suo decotto Tiramisù aveva un effetto immediato, anche se lasciava con le orecchie fumanti per molte ore. Ginny Weasley, che aveva anche lei un’aria smunta, fu costretta da Percy a berne un po’. E col fumo che le usciva da sotto i capelli rosso fuoco sembrava proprio che avesse la testa in fiamme.
Per giorni e giorni, gocce di pioggia grosse come pallottole picchiarono sulle finestre del castello; il livello del lago salì, le aiuole divennero rigagnoli fangosi e le zucche di Hagrid raggiunsero le dimensioni di capanni da giardino. Ma l’entusiasmo di Oliver Baston nell’organizzare regolarmente gli allenamenti non venne meno; fu per questo motivo che in un tempestoso sabato pomeriggio, pochi giorni prima di Halloween, Harry fu visto far ritorno alla torre del Grifondoro fradicio fino al midollo e completamente inzaccherato.
A parte la pioggia e il vento, non era stato un allenamento felice. Fred e George, che avevano spiato la squadra dei Serpeverde, avevano constatato con i propri occhi la superiorità delle nuove Nimbus Duemila Uno. Riferirono che la squadra dei Serpeverde era composta da sette forme indistinte, di colore verdastro, che saettavano nell’aria come aerei da decollo verticale.
Harry aveva imboccato il corridoio, sciaguattando con le scarpe piene d’acqua, quando incontrò qualcuno dall’aria preoccupata quasi quanto la sua. Nick-Quasi-Senza-Testa, il fantasma della Torre del Grifondoro, stava guardando cupamente fuori dalla finestra e bofonchiava tra sé e sé: «…non risponde ai requisiti… un centimetro e mezzo, a dir tanto…»
«Salve, Nick» gli fece Harry.
«Salve, salve» rispose lui sobbalzando e guardandosi intorno. Di traverso sui lunghi capelli ondulati portava un magnifico cappello piumato e indossava una tunica con una gorgiera che nascondeva la sua testa quasi del tutto recisa dal collo. Era pallido come un cencio e attraverso il suo corpo diafano Harry poteva vedere il cielo scuro e la pioggia che veniva giù a catinelle.
«Mi sembri preoccupato, giovane Potter» disse Nick ripiegando una lettera trasparente e riponendola nel farsetto.
«Anche tu» disse Harry.
«Ah» Nick-Quasi-Senza-Testa agitò una mano con gesto elegante. «Una questione di scarsa importanza… non è che proprio desiderassi di entrare a far parte… avevo pensato di fare domanda, ma a quanto pare ‘non rispondo ai requisiti’».
A dispetto del tono disinvolto, la sua faccia esprimeva una profonda amarezza.
«Ma non avresti pensato anche tu» sbottò tutto d’un tratto ritirando fuori la lettera, «che essere stati colpiti al collo quarantacinque volte con un’ascia non affilata avrebbe dovuto rappresentare un buon passaporto per partecipare alla Caccia dei Senzatesta?»
«Be’… sì» rispose Harry, da cui il fantasma si aspettava ovviamente un consenso.
«Voglio dire, nessuno più di me avrebbe desiderato che tutto avvenisse nel modo più rapido e pulito e che la mia testa si staccasse come si deve… voglio dire… mi avrebbe risparmiato un bel po’ di dolore e di ridicolo. Tuttavia…»
Nick-Quasi-Senza-Testa spiegò la lettera e lesse con voce furibonda:
Possiamo accettare soltanto Cacciatori la cui testa si sia completamente separata dal corpo. Lei comprenderà certamente che altrimenti non sarebbe possibile ai soci partecipare ad attività di caccia quali i Giochi di Destrezza a Cavallo con Lancio e Ripresa della Testa e il Polo con le Teste al posto della Palla. E quindi la informiamo, con grandissimo rammarico, che lei non risponde ai nostri requisiti. Con i migliori auguri, Sir Patrick Delaney-Podmore.
Fumante di collera, Nick-Quasi-Senza-Testa ripose la lettera.
«Per un centimetro e mezzo di pelle e di tendine che mi tengono attaccata la testa al collo, Harry! Chiunque penserebbe che uno debba considerarsi bello decapitato, e invece no, per Sir Decapitato-a-Puntino Podmore non basta».
Nick-Quasi-Senza-Testa tirò alcuni respiri profondi e poi, con tono più calmo, disse: «Allora… cos’è che ti preoccupa? Posso fare qualcosa per te?»
«No» rispose Harry. «No, a meno che tu non sappia dove potrei trovare gratis sette Nimbus Duemila Uno per la nostra partita contro i Ser…»
Il resto della frase fu coperto da un acuto miagolio all’altezza delle sue caviglie. Abbassò lo sguardo e vide un paio di occhi gialli e grossi come fanali che lo fissavano. Era Mrs Purr, la scheletrica gatta grigia di cui Gazza si serviva come arma segreta nella lotta senza fine contro gli studenti.
«È meglio che te ne vada di qui, Harry» si affrettò a suggerirgli Nick. «Mastro Gazza non è di buon umore. Prima di tutto ha l’influenza e poi alcuni studenti del terzo anno gli hanno impiastricciato di cervello di rana tutto il soffitto del sotterraneo numero cinque. Lui ha passato la mattina a pulire e se ti vede schizzare fango dappertutto…»
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