«Farà cosa? Dio vi maledica, cos’è questa prima parte?»
Hurwood riaprì gli occhi e fissò con stupore Shandy. «Accidenti… l’asportazione della sua mente. La mente di Elizabeth… la sua anima. La strapperà via dal suo corpo, con la magia. Gli ho mostrato come deve fare. Tuttavia,» aggiunse con uno sbadiglio, «è una perdita di tempo ora. Ora non c’è nessuno da mettere al suo posto.»
Un dolore subitaneo alle rotule fece capire a Shandy che era caduto in ginocchio. «Lei potrà tornare, dopo?» domandò, costringendosi a non gridare. «L’anima di Beth tornerà nel suo corpo?»
Hurwood rise — la risata leggera e spensierata di un fanciullo. «Tornare indietro? No. Quando lei sarà andata, sarà… andata.»
Shandy si trattenne dal colpire o strangolare il vecchio, e non parlò finché non fu sicuro di poter nuovamente imitare il tono noncurante di Hurwood. «Beh,» cominciò, ma c’era uno spigolo scabro nella sua voce, così ricominciò. «Beh, sai cosa succederà adesso? Farò in modo che questa nave sia in Giamaica domattina all’alba. E allora tu farai il segnale al tuo… amico, questo Hicks, va bene?» Stava sorridendo, ma le sue mani menomate erano strette a pugno, serrate come nodi sottoposti a tensione.
«Molto bene.» Hurwood sbadigliò di nuovo. «Preferirei dormire, adesso.»
Shandy si alzò. «Ottima idea. Ci sveglieremo maledettamente presto domani.»
Scrutando dagli angoli degli occhi — doveva conservare l’apparenza di chi è immerso nella preghiera — il chierichetto dovette ammettere che la chiesa stava davvero diventando più buia. E pur avendo paura di quelle cose secche e polverose simili a uccelli che sarebbero state libere di uscire quando tutta la luce fosse svanita, sperava che il buio totale giungesse subito — poiché dopo la cerimonia nuziale il ministro del culto avrebbe dispensato la comunione, e il chierichetto sapeva di aver commesso troppi peccati orrendi per prenderla. E così voleva essere in grado di svignarsela inosservato… anche se ciò significava diventare lui stesso una di quelle cose fatte di ragnatele, simili a uccelli. Rabbrividì, e si domandò tristemente cosa ne fosse stato di tutte le cose belle. C’erano stati degli amici, una moglie, la cultura, il rispetto dei colleghi, il rispetto di sé… Forse tutte queste cose erano state soltanto un sogno tormentoso, e non c’era mai stato davvero nient’altro che tenebre e gelo e il lento incedere dell’imbecillità.
Trasse conforto dal pensiero.
La coppia di sposi finalmente giunse nell’ombra sotto l’altare e congiunse le braccia, lentamente, come alghe aggrovigliate dalle correnti indifferenti del fondo marino. Poi cominciarono a salire i gradini, e il chierichetto realizzò che le tenebre assolute si erano attardate troppo a lungo.
La sposa era solo un abito vuoto ma animato; non era una cosa così brutta — era sempre rassicurante trovare soltanto un’assenza dov’era sembrato potesse esserci una presenza — ma lo sposo era presente e vivo: era impossibile essere certi che fosse umano, poiché la sua carne scuoiata e sanguinante avrebbe potuto avere forma umana solo a causa della costrizione dei vestiti. Se aveva occhi erano chiusi, ma il chierichetto capì che quella cosa era viva perché il sangue continuava a scorrere dappertutto su di essa, e la sua bocca, sebbene silenziosa, si spalancava e richiudeva con uno scatto, in continuazione.
Tutt’a un tratto il chierichetto comprese che quella cosa scuoiata era lui stesso, ma la consapevolezza non portò orrore, poiché adesso lui sapeva anche che avrebbe potuto uscire da se stesso: completamente, se fosse stato pronto a liberarsi di qualsiasi cosa, abbandonandola al nonessere.
Con profondo sollievo, lo fece.
Quando i primi accenni di luce aurorale cominciarono ad offuscare lo splendore di Sirio e delle tre stelle brillanti della Lepre, Shandy gridò che gli portassero un telescopio e scrutò il tenue contrasto fra grigi scuri che era l’orizzonte sud-orientale — e poi, sebbene dopo una notte di fatica fosse troppo esausto e rauco per gridare, scoprì i denti per il compiacimento, poiché poté scorgere quell’irregolarità che non poteva essere altro che la Giamaica.
«Ci siamo, Skank,» disse piano all’uomo accanto a lui mentre gli restituiva il telescopio. «Dieci ore di navigazione notturna regolando la rotta con l’aiuto delle stelle, in linea retta poiché non avremmo potuto virare, e le prime luci dell’alba ci trovano esattamente dove volevamo essere! Per Dio, vorrei che Davies avesse potuto vederlo.»
«Già,» gracchiò Skank, debolmente.
«Ordina a uno dei ragazzi di andare a prendere Hurwood e di portarlo qui. È quasi il momento per lui di entrare in scena.»
«Sì, capitano.» Skank si allontanò barcollando nel buio, e lasciò Shandy solo a prua.
Shandy fissò l’orizzonte indistinto, cercando di scorgere di nuovo la Giamaica senza l’aiuto del telescopio, ma dopo aver trascorso due notti senza dormire, mettere a fuoco gli occhi era un vero e proprio sforzo fisico, e tutto ciò che poté vedere furono delle trasparenze illusorie che roteavano in diverse direzioni ogni volta che muoveva gli occhi. Non vedeva l’ora di salvare Beth, ma più perché non riusciva a rilassarsi e ad andare a dormire da qualche parte che per la gloria o l’appagamento che avrebbero potuto derivargli dall’esserci riuscito.
Con l’intorpidita obiettività che segue uno sforzo totale ed estenuante, si domandò se fosse stato catturato in Giamaica… e cosa sarebbe successo. Avrebbe potuto affermare di non aver violato il suo indulto, dal momento che la sola nave che aveva preso era quella, e Hurwood non ne era di certo il legittimo comandante. Rubare una cosa rubata è meno biasimevole che pianificare un furto? Beh, anche se fosse stato catturato, e la sentenza fosse stata a suo sfavore, avrebbe prima liberato Beth Hurwood… e le avrebbe fatto ascoltare la storia che suo padre aveva da raccontare, mostrandole che le cose stavano… diversamente da come lei le aveva immaginate.
Si strofinò gli occhi doloranti e, di nuovo senza una particolare emozione, pensò a tutte le cose che quell’estate e quell’autunno gli erano costate: le sue rette convinzioni, la posizione legale, il suo scetticismo, la sua giovinezza, il suo cuore… e sogghignò nelle tenebre gelide quando comprese che, quasi come di tutta l’innocenza e degli amici defunti, sentiva la mancanza di quella vecchia, malconcia, scalcagnata, rabberciata e leale corvetta chiamata Jenny. Con nessuno a manovrare le pompe di sentina durante il combattimento e il recupero del giorno prima, si era riempita ed era affondata, cosicché le cime dei grappini si erano tese e avevano fatto sbandare il Carmichael a babordo in maniera percettibile. Con tristezza aveva dato l’ordine di liberarla, e c’erano state lacrime nei suoi occhi quando aveva visto l’albero e le vele rattoppate chinarsi verso l’acqua mentre lo scafo s’inabissava a poppa… e sebbene il suo udito fosse ancora imperfetto, o forse a causa di questo, gli era parso per pochi momenti di sentire un mormorio di voci che si affievolivano, con una di esse che ancora insisteva di non essere un cane…
Udì uno scalpiccio sul ponte dietro di lui, e Skank gli diede un colpetto sulla spalla. «Uh, capitano?»
Shandy si voltò. «Sì? Dov’è Hurwood? Non m’importa se non si sente bene, deve…»
«Capitano,» disse Skank, «è morto.»
Shandy sentì delle lacrime di rabbia riempirgli gli occhi. «Morto? Cosa? No, figlio di una cagna, non può, non…»
«Capitano, è freddo e non respira più… e non sanguina se lo pungi con un coltello.»
Shandy ricadde contro la battagliola e scivolò giù finché non si sedette sul ponte. «Dio maledica quell’uomo,» stava sussurrando, con voce stridula, «Dio lo maledica, adesso dovrei nuotare fino a riva e arrampicarmi sulla scogliera e scovare questo Hicks? Come diavolo faccio a…» Abbassò la testa nelle mani, e per diversi secondi lo sgomentato Skank pensò che stesse piangendo; ma quando Shandy finalmente sollevò la testa e parlò, lo fece con voce stridula ma controllata.
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