D’istinto lui allungò le mani per afferrarsi a qualcosa — e ciò che afferrò non fu la battagliola o una sartia, ma l’elsa della sua spada. L’ago sporgente della bussola gli punse il palmo, ma il medesimo impulso che lo aveva spinto ad afferrare qualcosa lo spinse ad aggrapparvisi. Cominciò a scendere, e pochi secondi dopo era di nuovo sul ponte.
Si guardò intorno: lo scontro stava proseguendo orribile come prima, anche se tutti i rumori erano ancora smorzati per lui, ma nessuno dei combattenti si stava avvicinando a Hurwood e a Shandy… all’apparenza lo consideravano un duello privato.
C’era un’espressione di allarmata meraviglia sulla faccia di Hurwood, e lui stava dicendo qualcosa con voce troppo bassa perché Shandy potesse udire. Poi il vecchio sguainò uno stocco e corse agilmente verso di lui.
Shandy stava ancora stringendo dolorosamente l’elsa della sua spada, e in quel momento la sfilò dalla cintura giusto in tempo per deviare la punta di Hurwood con una goffa parata in prima. Poi fece un salto indietro e deviò lateralmente con maggiore facilità la successiva stoccata del vecchio — e poi ancora la seguente. Gli avambracci grigi attaccati alla sua giacca oscillavano e urtavano l’uno contro l’altro in maniera nauseante.
Il sangue che scorreva dalla sua mano trafitta rese scivolosa l’impugnatura della sciabola, e ogni volta che la sua lama cozzava contro quella di Hurwood l’ago della bussola raschiava le ossa del palmo, diffondendo un dolore lancinante, come stagnola su un dente cariato, su per la spalla.
Hurwood latrò una rauca sillaba di risata e balzò in avanti, ma Shandy strinse la mano intorno all’impugnatura della sciabola — facendo penetrare ancora più in profondità l’ago fra le ossa del palmo — e parò la lama che si avventava con un colpo a spirale che strappò l’elsa dalle dita di Hurwood. Il dolore causato dal gesto oscurò per un attimo la vista di Shandy, ma con un’ultima torsione lui mandò la spada di Hurwood a roteare al di là della battagliola, e poi si limitò a fissare il ponte e a tirare respiri profondi e ansimanti finché la vista non gli si schiarì.
Hurwood, che era arretrato frettolosamente, lanciò un’occhiata di lato e indicò con gesto imperativo Shandy. Ovviamente, non si trattava più di un duello privato.
Uno dei marinai decomposti attraversò, obbediente e barcollante, il ponte dirigendosi verso di loro; i suoi abiti erano brandelli e Shandy poté vedere la luce del sole fra le ossa di uno stinco, ma le spalle erano larghe e un polso ossuto stava mulinando la pesante sciabola corta nell’aria con la facilità con cui un velaio maneggia un ago.
Shandy era già prossimo alla spossatezza, e l’ago conficcato nella sua mano era un cocente e aspro tormento. Gli sembrava che il semplice posarsi di una farfalla sulla lama della sua sciabola sarebbe stata una tortura che non avrebbe potuto sopportare senza perdere i sensi, ma si costrinse a fare un passo indietro e a sollevare la spada, anche se il gesto fece diventare il mondo grigio e lo bagnò di sudore gelato.
Il morto si avvicinò strascicando il passo — Hurwood sorrise a quella cosa e disse, «Uccidi Shandy» — e la sciabola fu sollevata indietro sulla spalla ossuta per vibrare il colpo.
Shandy costrinse i suoi occhi a mettere a fuoco, la mano ferita a tenersi pronta…
Ma la sciabola corta sferzò di lato, abbattendosi su Hurwood e scagliandolo verso poppa sul ponte, e un istante prima che il marinaio necrotico crollasse in una scheletrica rovina e, simultaneamente, le braccia grigie evaporassero dalla giacca di Shandy, gli occhi di quest’ultimo incontrarono lo scintillio nelle orbite incavate del marinaio e ci fu il reciproco riconoscerei e un mesto saluto e un addio fra due camerati. Poi non ci fu nient’altro che un mucchio di vecchie ossa e di brandelli di un abito sgargiante sul ponte, ma Shandy lasciò andare la sciabola che lo torturava e cadde in ginocchio, e quindi sulle mani devastate. Le orecchie gli si erano schiarite al punto che udì le sue lacrime picchiettare sul ponte.
«Phil!» gemette. «Phil! Cristo, uomo, torna indietro!»
Ma Davies, e tutti gli uomini morti, se n’erano andati, e a parte Hurwood i soli uomini sul ponte soleggiato erano gli uomini che si erano arrampicati dalla Jenny.
Hurwood stava appoggiato alla battagliola di tribordo, la faccia bianca come cenere, e si stringeva il moncherino dov’era stato il braccio che gli era da poco ricresciuto. Non c’era sangue che gocciolava, ma evidentemente mantenerlo in quella condizione richiedeva tutta la concentrazione magica di quell’uomo.
Poi Hurwood si mosse. Si spinse via dalla battagliola e, un cauto e ponderoso passo per volta, arrancò verso la porta della cabina di poppa. Shandy si sollevò a fatica e si avviò strascicando i piedi dietro di lui.
Hurwood diede un calcio alla porta, che si aprì, ed entrò barcollando.
Shandy si fermò appena fuori e scrutò nel buio. «Beth!» gridò. «Sei là dentro?»
Non ci fu risposta eccetto un borbottio da parte di Hurwood, e Shandy trasse un respiro profondo, cavò fuori dalla tasca il coltello a serramanico con la mano buona, ed entrò.
Hurwood si stava appena raddrizzando dopo aver rovistato in una cassa aperta accostata alla paratia, e nella sua unica mano stava stringendo la cassetta di legno che Shandy già conosceva. Si voltò e si avviò verso Shandy, e questi sentì l’aria addensarsi, respingerlo. Lo spinse indietro nella luce del sole mentre Hurwood continuava inesorabile a fare un passo dopo l’altro, e ben presto divenne chiaro che Hurwood si stava dirigendo verso la scialuppa della nave.
Shandy aprì a metà il coltello, appoggiò l’indice sulla scanalatura e lasciò che la lama scattasse verso il basso. Il sangue sprizzò dal dito ferito, ma l’aria smise di resistergli. Evidentemente anche il ferro non magnetizzato era adesso sufficiente a neutralizzare gli incantesimi di Hurwood. Fece un passo avanti e, prima che Hurwood si accorgesse della sua improvvisa libertà di avanzare, con un pugno fece saltare via la cassetta dalla mano di Hurwood.
La cassetta rimbalzò sul ponte. Hurwood, la bocca spalancata per lo sforzo, si voltò e tentò di camminare; cadde, ma poi sulle ginocchia e sulla mano cominciò a strisciare verso la cassetta.
A malapena in grado lui stesso di muoversi meglio, Shandy si portò barcollando davanti all’uomo che strisciava, sedette sul ponte cocente accanto alla cassetta e, col dito ancora dolorante stretto sotto la lama del coltello a serramanico, rimosse annaspando il coperchio della cassetta.
«La mia sciabola,» gracchiò a Skank, che si stava legando una benda intorno alla coscia. Il giovane e stanco pirata si fermò per il tempo necessario a scalciare la spada modificata di Shandy, mandandola a scivolare con un clangore sul ponte verso di lui.
Senza staccarsi il coltello dal dito, Shandy afferrò la sciabola, conficcandosi di nuovo in profondità l’ago della bussola nella mano, e poi spinse la punta di ferro della spada dentro la cassetta.
La testa disseccata che stava all’interno esplose con un rumore simile allo strappo di una vecchia tappezzeria.
Hurwood si bloccò, con gli occhi sgranati, poi trasse un respiro rantolante e lo espulse in un ululato che fece voltare, meravigliati, anche i feriti più gravi frai pirati di Shandy. Quindi crollò, e il sangue cominciò a sgorgare dal moncherino del suo braccio.
Con un brivido Shandy lasciò cadere di nuovo la spada e si staccò il coltello dal dito. Poi cominciò a usare goffamente il coltello per tagliare dalla sua giacchetta maledetta delle strisce da utilizzare come laccio emostatico — poiché se Beth non era a bordo, non voleva che Hurwood morisse dissanguato.
Vertigini, nausea, e occasionali momenti di oblio contribuirono tutti a rendere la ricerca di Shandy sul Carmichael interminabile. Ma la ragione principale per cui gli ci volle così tanto tempo — guardò dentro le casse che non avrebbero potuto assolutamente contenere Beth Hurwood, e controllò due volte le cabine per vedere se lei vi era tornata quando lui si era allontanato — era che temeva ciò che probabilmente avrebbe dovuto fare se fosse stato certo che lei non era a bordo. Tuttavia giunse il momento, quando rinviare la decisione sarebbe stato ancora più deprimente, di dover ammettere con se stesso che aveva controllato ogni singolo piede cubo del vascello. C’erano più oro e gioielli nella stiva di quanti si potessero scaricare in un’intera giornata, ma non c’era Beth Hurwood.
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