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Tim Powers: Mari stregati

Здесь есть возможность читать онлайн «Tim Powers: Mari stregati» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Roma, год выпуска: 1994, ISBN: 88-347-0417-7, издательство: Fanucci, категория: Фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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Tim Powers Mari stregati
  • Название:
    Mari stregati
  • Автор:
  • Издательство:
    Fanucci
  • Жанр:
  • Год:
    1994
  • Город:
    Roma
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-347-0417-7
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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«È inutile parlargli…» cominciò Shandy.

«Ebbene? Siete voi?» domandò l’ufficiale.

«No, maledizione,» strillò Shandy, disperato, «io sono Thomas Hobbes e questo è il mio servo Leviatano. Stiamo solo…»

«Guai a te, guerriero di Babilonia,» intonò Woefully Fat con la sua voce più profonda, puntando un dito verso l’ufficiale e spalancando gli occhi preoccupanti. «Il Leone di Giuda i tuoi virgulti calpesta e lo scotto pagherai!»

«Siete in arresto!» strillò l’ufficiale, sfoderando anche lui la pistola. A uno dei suoi aggiunse, «Vai giù, assicurati che siano disarmati, e poi conducili a bordo come prigionieri!»

Il marinaio fissò l’ufficiale. «Sissignore. Ma perché, esattamente?»

«Perché? Non hai sentito cos’ha minacciato di fare al mio scroto?»

«Ha detto scotto, veramente…» cominciò Shandy, ma si fermò quando l’ufficiale puntò la pistola direttamente contro la sua faccia. Allora sollevò le mani aperte e fece un largo sorriso. «Ottimo lavoro, uomo,» sussurrò al bocor sordo.

I marinai della Navy calarono una scaletta di corda, e Shandy e Woefully Fat si arrampicarono sul ponte della corvetta mentre un paio di marinai assicuravano una cima alla barca a reni per rimorchiarla. E quando i polsi dei prigionieri furono legati davanti a loro l’ufficiale li fece condurre da lui nella linda ma stretta cabina sottocoperta. Woefully Fat dovette piegarsi quasi in due per entrare nella stanza. Shandy rammentò, sgradevolmente, la sua breve visita a bordo della nave da guerra che aveva catturato la Jenny.

«Prigionieri,» cominciò l’ufficiale, «siete stati visti sbarcare dal vascello pirata chiamato Orfeo Risalito. Abbiamo ricevuto dalla colonia di New Providence l’informazione che John Chandagnac e Woefully Fat hanno lasciato quell’isola il tredici dicembre, salpando per la Giamaica con l’intento di incontrarsi col pirata Ulysse Segundo. Negate di essere questi due uomini?»

«Sì, neghiamo,» sbottò Shandy. «Vi ho detto chi siamo. Dove ci state portando?»

«Nella prigione di Kingston dove vi sarà contestata l’accusa.» Come per enfatizzare le sue parole, la corvetta balzò in avanti quando le vele furono di nuovo issate, e un momento dopo ci fu uno strappo a poppa quando la cima della barca a remi si tese. «Le accuse contro di voi sono gravi,» aggiunse l’ufficiale con tono di biasimo. «Sarei sorpreso se non foste entrambi impiccati.»

Woefully Fat si chinò in avanti, e la testa massiccia parve riempire la cabina. «Ci state portando,» disse con veemenza, «nell’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima?»

Per un momento Shandy avvertì l’odore di ferro incandescente, e del fumo salì dietro le spalle del gigantesco bocor.

Come se non avesse parlato prima o non avesse udito la domanda di Woefully Fat, l’ufficiale disse, «Vi porteremo nell’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima.» Aggiunse, un po’ sulla difensiva, «È da lì che è partita la denuncia, dopo tutto.»

Woefully Fat si sedette, evidentemente soddisfatto. Shandy sentì l’odore della spalliera della sedia del bocor che bruciava nel punto dove premeva la sella della randa, e sperò che lo stregone moribondo non avesse qualcosa in mente. Shandy sapeva che l’Ufficio di Diritto e Documentazione era un covo di contabili, e non un luogo dove venivano materialmente condotti i criminali.

Shandy e Woefully Fat furono rinchiusi nella cabina quando l’ufficiale se ne andò, ma anche attraverso il ponte sopra di lui e le paratie ai lati Shandy poté sentire le proteste incredule dei marinai.

L’Ufficio di Diritto e Documentazione Marittima risultò essere il più a sud di una mezza dozzina di edifici governativi sul lato occidentale del porto, aveva una banchina propria, verso la quale si diresse la corvetta della Navy. Come la maggior parte delle strutture del litorale, l’edificio era di pietra imbiancata a calce, ricoperta di tegole sovrapposte di mattoni rossi che diedero a Shandy l’impressione di essere state sistemate direttamente sui rami dei palmizi. Mentre l’ufficiale e diversi marinai armati lo conducevano assieme a Woefully Fat lungo il viale che portava all’edificio, Shandy vide un paio di impiegati che già stavano scrutando con curiosità da una delle alte finestre aperte quell’assurda processione. Le sue mani erano ancora legate davanti a lui, e i suoi occhi dardeggiavano in cerca di un oggetto tagliente che potesse servire a liberarlo.

Uno dei marinai fece uno scatto di corsa e mantenne la porta aperta. L’ufficiale, che stava cominciando ad apparire un po’ meno sicuro di sé, entrò per primo, ma fu la vista di Woefully Fat nella vela a foggia di toga che fece cadere le penne e i libri mastri dalle mani degli impiegati e li fece balzare in piedi con grida di sgomento. Più alto di uno qualsiasi di loro e largo come tre, il bocor roteò gli occhi guardando con disapprovazione la stanza intorno a sé. Shandy comprese che stava cercando un tratto di suolo giamaicano, non gradendo le assi di legno del pavimento.

Uno degli impiegati, pungolato dal suo canuto superiore, si avvicinò al gruppo. «C-cosa state facendo qui?» chiese con voce tremula. Fissò, terrorizzato, Woefully Fat. «Cosa v-volete?»

L’ufficiale della Navy fece per parlare, ma la voce di Woefully Fat, simile al rombo di un terremoto, lo sovrastò facilmente. «Sono sordo. Non posso sentire,» annunciò il bocor.

L’impiegato impallidì e si voltò verso il superiore. «Oh, mio Dio, signore, dice che sta per defecare qui!»

Ci fu caos da tutte le parti mentre gli impiegati e i contabili rovesciavano tavoli e calamai nella frenesia di raggiungere le porte — diversi di loro si lanciarono semplicemente dalle finestre — ma Woefully Fat aveva avvistato, attraverso un paio di porte finestre davanti a lui, un piccolo cortile interno con marciapiedi, l’asta di una bandiera, una fontana… ed erba. Si avviò risoluto verso le porte.

«Uh, ferma!» gridò l’ufficiale della Navy. Woefully Fat continuò ad avanzare pesantemente, e l’ufficiale sfoderò la pistola. Realizzando che nessuno stava prestandogli particolare attenzione, Shandy si trascinò dietro al bocor, pochi piedi a sinistra.

Bang.

La pistola fece fuoco e uno spruzzo di sangue e brandelli di tessuto schizzarono via dal nuovo foro nel posteriore della toga di Woefully Fat, ma il colpo non scosse minimamente il bocor, che spalancò le porte finestre e uscì sul marciapiedi. Shandy fu subito dietro di lui.

L’ufficiale, che aveva lasciato cadere la pistola scarica, si lanciò di corsa e agguantò il gigantesco nero, con l’apparente intenzione di trascinarlo di nuovo dentro; ma riuscì solo a tirar via la toga di tela dalle spalle enormi.

Diverse persone, incluso l’ufficiale, strillarono quando videro il troncone del pennone di randa che sporgeva insanguinato dall’ampio dorso, ma Woefully Fat fece un altro passo avanti, e un piede nudo, e poi l’altro, calpestarono il suolo giamaicano.

Shandy lo stava seguendo, e quando il bocor improvvisamente cadde all’indietro, d’istinto lui sollevò le mani legate per interrompere la sua caduta. La sella di randa dentellata recise la corda intorno ai suoi polsi mentre il corpo flaccido crollava, e poi Woefully Fat giacque morto sul marciapiede, i piedi ancora sull’erba e un largo sorriso sul viso rivolto verso il cielo… e Shandy fece forza sulla corda danneggiata finché essa non si spezzò, e le sue mani furono libere.

Scivolò fuori nel cortile interno. Il colpo di pistola aveva richiamato delle persone su tutte le porte vicine, e un buon numero di loro stava impugnando spade e pistole. Shandy comprese che era stato nuovamente catturato… e poi gli venne in mente una cosa.

Con rapida andatura, sperando di non attirare l’attenzione, raggiunse l’asta della bandiera; poi, sbadigliando come per suggerire che si trattava di una routine giornaliera, cominciò ad arrampicarsi sull’asta di legno, afferrando diverse volte la coppia di funi che servivano a issare la bandiera per beneficiare di una trazione supplementare. Giunse a metà strada dalla sommità prima che l’ufficiale della Navy uscisse barcollando nel cortile e lo vedesse.

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