«Beh,» disse rapidamente Skank, scrutando impaurilo il cielo scuro mentre parlava, «il marinaio morto che lo uccise stava per uccidere te, un minuto prima — tu stavi correndo verso la ragazza sospesa in aria, e non vedesti quel morto che ti stava aspettando. Così Phil si mise a correre per inchiodare quella cosa e salvarti, senza che ci fosse alcun problema… ma Venner si accorse di quello che stava per fare, e lo bloccò… Venner non è mai stato contento che tu fossi diventato quartiermastro.»
La pioggia adesso stava cadendo con regolarità, e non c’era ancora vento. «Riducete ancora un po’ la vela maestra,» gridò Shandy, inquieto. «No… abbassate interamente la vela di randa. Incontreremo la tempesta coi pennoni nudi… e ci terremo pronti a metterci in panna.»
«Davies perse l’equilibrio,» proseguì Skank, «quando Venner lo spintonò, e ciò ti fece avanzare per altri due passi; ma Davies continuò comunque a correre, e per questa ragione il modo in cui poté colpire quella cosa non gli fu sufficiente per ammazzarla del tutto. Il suo secondo colpo le staccò la testa, ma ormai la sciabola lo aveva trafitto.»
Allora il vento li colpì, e anche coi pennoni nudi la Jenny s’ingavonò pericolosamente, perdendo l’abbrivio e inclinandosi al punto tale che gli uomini dovettero aggrapparsi alla battagliola o al sartiame per evitare di andare a sbattere contro le frisate di babordo. L’albero era quasi orizzontale.
Subito dietro al vento vennero delle onde altissime, e Skank raggiunse a fatica la poppa per aiutare il nocchiere a trascinare il timone nel mare impetuoso al fine di puntare la prua più direttamente nel vento. Con lentezza, e a fatica, l’albero ritornò dritto.
Mentre la piccola imbarcazione vacillava sulla cresta di un’onda striata di schiuma e poi scivolava dall’altro lato nel ventre, col timone che si agitava nell’aria per un momento e il lungo bompresso che trafiggeva l’erta d’acqua ripida e grigia davanti, Shandy trattenne il fiato, aspettandosi che il bompresso si spezzasse o che la prua e l’intero scafo lo seguissero, senza più risalire… Ma dopo otto rapidi battiti del cuore la prua si sollevò, col bompresso intatto, scacciando via il peso dell’acqua solida come un uomo che scaccia un branco di cani feroci che erano quasi riusciti a sopraffarlo.
Shandy espirò. Evidentemente chiunque avesse costruito la Jenny sapeva il fatto suo. Strillò l’ordine di mettersi in panna, e quando furono giunti sulla sommità dell’onda il vento era sulla prua di tribordo e abbastanza vela maestra era stata spiegata da spingere la Jenny a ricadere nello stesso punto senza prendere abbrivio. In linea di principio, avrebbero potuto in questa maniera superare la tempesta.
Shandy si arrampicò e scivolò verso poppa, dov’erano gli uomini che si stavano dando da fare con la barra. Non c’erano ulteriori ordini da dare ormai, e il vento gli avrebbe in ogni caso strappato via le parole dalla bocca scagliandole lontano senza che nessuno potesse udirle, così si limitò ad appoggiarsi all’arcaccia e a cercare di capire per quanto tempo la Jenny avrebbe potuto continuare a resistere senza spezzarsi.
Il vento caldo si stava ancora in qualche modo rafforzando, e spruzzi schizzavano in nuvole fitte come una mitraglia, e gli pungevano il volto e le mani; si leccò le labbra e il gusto salato gli fece capire che si trattava di acqua marina e non di pioggia. Le onde erano alte e solide a vedersi come scogliere, e ogni volta che la Jenny scivolava giù per il crinale sopravvento di una e cozzava contro la successiva, veniva scossa con tale violenza che l’albero oscillava paurosamente avanti e indietro sopra le loro teste. Lo spruzzo si perdeva alle loro spalle, e acqua solida vorticava intorno alle cosce di Shandy strattonandolo con sempre maggiore forza.
Continuò a guardare stringendo gli occhi contro la sferza del vento per assicurarsi che essi né fronteggiassero il vento troppo direttamente né consentissero al vento di aggirarli e colpirli sul fianco, e per diversi minuti rimase sbalordito dalla perfezione con cui quella vecchia corvetta si comportava. Poi notò dei ciuffi di vapore che fluttuavano via dal punto in cui la barra era collegata alla testa del timone, e quando scrutò con maggiore attenzione vide che il perno di ferro era diventato incandescente. Woefully Fat stava in piedi dall’altra parte della barra, e Shandy si scacciò l’acqua dagli occhi e scrutò sul ponte, con gli occhi socchiusi e brucianti, il gigantesco mago. Gli occhi del bocor erano chiusi e lui si stava mordendo le nocche di una mano. E anche se la pioggia e il mare stavano lavando la mano bruna, Shandy poté vedere il sangue rosso che sprizzava da dove i denti stavano lavorando, e comprese che il comportamento della Jenny non era dovuto interamente all’abilità del nocchiere.
Nonostante questo, ogni ondata che seguiva era più alta, e quando la piccola imbarcazione salì faticosamente in cima a quella successiva, e Shandy guardò sbattendo le palpebre il mare intorno a loro, gli parve come se la barca fosse attaccata a quel vasto telo scintillante che si estende al di sopra delle Alpi; e il fischio del vento era così furioso che lui dovette continuare a ricordare a se stesso che non c’era alcuna collera consapevole dietro di esso.
Scivolarono giù per sopravvento dell’onda e piombarono sulla successiva — la vecchia corvetta si sollevò, riversando acqua solida dai due lati — e quando la Jenny salì sul versante sottovento, Shandy si accorse che stava ruotando con forza su se stessa, e che la sella della randa, adesso scesa fino all’altezza della testa, stava emettendo uno scintillio arancione per lo sforzo.
Poi furono in cima, e il pieno vigore del vento li investì di nuovo, e con uno schianto simile a un’esplosione udibile anche al di sopra del vento la sella della randa si spezzò. Il pennone adesso era solo una lancia con l’estremità ardente allacciata a un’enorme bandiera svolazzante: colpì il ponte sotto il boma della vela maestra, rimbalzò dall’altro lato, e roteò come un ago di bussola impazzito mentre il lato sopravvento della vela si lacerava, poi sfrecciava verso poppa. La barca tremò quando l’elemento di alberatura colpì l’arcaccia.
Shandy si era abbassato quando quella cosa si era staccata con violenza, e in quel momento alzò la testa, temendo che essa potesse aver ucciso il nocchiere, o, peggio, mandato in pezzi la barra; ma il nocchiere era ancora aggrappato alla barra del timone… E solo dopo essersi chinato con sollievo, Shandy notò che il pennone con l’estremità di ferro aveva colpito Woefully Fat esattamente al centro del suo torso massiccio, e lo aveva inchiodato, dritto, all’arcaccia.
«Cristo,» gridò Shandy attraverso le labbra rese torpide dagli spruzzi. Avrebbero potuto sopravvivere senza il bocor?
Shandy non si sentiva per niente fiducioso, ma si spinse via dalla battagliola, afferrò il boma della vela maestra e si trascinò lungo di esso, superò il punto in cui la colonna della vela maestra era legata e raggiunse l’estremità rivolta verso l’albero, dove il lato sopravvento svolazzava, slegato. Qualcuno era con lui, adesso, all’altro lato del boma oscillante — era Skank, con la faccia resa scarna dallo sforzo, che aveva un coltello e un pezzo di corda. Assieme, mentre la barca deviava verso il ventre dell’onda, i due riuscirono a praticare diversi fori nell’estremità superiore di quel che restava della vela. Si aggrapparono mentre la Jenny s’infrangeva nella superfìcie screziata di un’altra onda, e poi quando l’acqua li ebbe superati, Shandy ficcò la corda attraverso i fori. Poi mentre la corvetta s’inclinava all’indietro, sollevandosi per incontrare l’onda seguente, Shandy gettò il capo della corda in alto verso il lato di babordo della prua: il vento contrario lo scagliò all’indietro intorno all’albero fino a Skank, che lo afferrò, si lasciò cadere sulla frisata di babordo e riuscì ad avvolgerlo due volte intorno a una galloccia prima che il vento li martellasse di nuovo.
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