Oh mio Dio, pensò Shandy preso da un panico improvviso, la sta usando come diversivo; probabilmente l’ha già violentata, e adesso sta per darle fuoco o qualcosa del genere solo per distrarre Hurwood.
Shandy si avviò verso di lei sul ponte reso scivoloso dal sangue, e non si accorse neppure che uno dei morti fra lui e la cabina senza tetto aveva focalizzato la sua attenzione su di lui e ora stava accovacciato, tenendo abbassata e pronta la sua sciabola verde.
Davies se ne accorse, tuttavia. «Maledizione, Jack,» sbottò, stancamente, balzando in avanti per raggiungere il marinaio necrotico prima di Shandy.
Venner, con la camicia lacerata e i capelli rossi resi ancora più rossi da una lunga ferita al cuoio capelluto, e col suo abituale sorriso largo e cordiale rimpiazzato da una smorfia dovuta allo sforzo disperato, comprese la situazione con una sola occhiata… e deliberatamente si portò davanti a Davies e affondò la sua spalla massiccia nel petto dell’uomo più vecchio.
Col fiato mozzo per l’impatto, Davies barcollò ma si costrinse tuttavia a procedere dopo aver lanciato a Venner una rapida occhiata colma di rabbia e minaccia.
Shandy era stato costretto ad aggirare velocemente un crocchio di combattenti ansimanti che stavano incrociando le lame, ma adesso stava correndo in linea retta, in direzione della figura di Beth Hurwood che si stava sollevando… e verso il paziente marinaio morto che non aveva ancora notato.
Davies non ebbe il tempo per un falso attacco; fece di corsa gli ultimi pochi passi che lo separavano dal marinaio non-morto e, semplicemente, affondò la spada nel collo di quella cosa.
La lama affondò in profondità, ma con la mano malconcia e il fiato che gli mancava Davies non era stato in grado di mettere abbastanza forza nel colpo da staccare di netto la testa, e quegli occhi morti rotearono verso di lui… e prima che potesse liberare la spada, la sciabola corrosa di quell’essere fu spinta verso l’alto, e penetrò orrendamente nel suo addome.
Improvvisamente impallidito, Davies farfugliò una bestemmia, poi strinse la mano ustionata intorno all’impugnatura della spada, e con uno sforzo convulso che era tanto un brivido violento di disgusto quanto una mossa d’attacco, spinse la spada nel collo grigio con le sue ultime forze, staccando la testa.
I due corpi morti rotolarono via sul ponte.
Shandy non si era neppure acconto di quel duello. Ormai vicino a Beth, lasciò cadere la spada e tese tutti i muscoli e i tendini in un salto, ma le sue dita tese verso l’alto sfiorarono un’invisibile resistenza che si trovava un piede sotto di lei — anche se per un momento gli occhi di lei rivolti verso il basso incontrarono imploranti i suoi, e le labbra della donna pronunciarono delle parole che lui non riuscì a sentire.
Quindi ricadde, rimbalzando dolorosamente dalla paratia scheggiata della cabina per andare a crollare scompostamente sul ponte riscaldato dal sole e ad attendere, ormai del tutto esausto, che una o due lame verdi lo inchiodassero sulle tavole.
Ma, ad un tratto, tutti i cadaverici combattenti divennero più pallidi e traslucidi contro il cielo luminoso, e il peso degli avambracci del morto sul suo petto scomparve quasi del tutto.
Nello stesso momento Shandy divenne consapevole del fatto che stava giacendo sul cassero di poppa dello Strepitoso Carmichael che ben rammentava, e stava fissando le bordature che ricordava di avere egli stesso inchiodato — e dedusse che Friend era troppo impegnato a difendersi da Hurwood per mantenere l’incantesimo che gli aveva fornito una ciurma.
«Potrei ucciderla,» disse Friend, rilassando il cipiglio dovuto alla concentrazione e scoprendo i denti gialli in un sorriso.
Fu Hurwood a vacillare adesso, e Friend puntò la sua mano libera verso lo stregone più vecchio… e una palla di fuoco, abbagliante anche in quel meriggio senza nuvole, sfrecciò fra il sartiame cedevole in direzione di Hurwood.
L’uomo monco la parò con un gesto balenante ed essa rimbalzò giù nella Jenny dove fu accolta da grida allarmate; ma Hurwood cadde per un paio di piedi e quindi si bloccò sussultando, per poi piagnucolare e allungare una mano verso sua figlia, che stava all’altro lato della parte centrale della nave e saliva verso il suo avversario. Non c’erano più fiamme baluginanti intorno a Friend, il quale, sogghignante e trionfante, aveva l’aspetto di un pallone ad aria calda, grottesco e adorno di nastri.
Il giovane mago inspirò profondamente, s’inclinò all’indietro e allungò le braccia ad entrambi i lati.
Poi, a dispetto della forte brezza, l’aria assunse l’odore sgradevole di una pentola di ferro vuota sul fuoco, e la nave fu di nuovo la tozza Charlotte Bailey dai molti ponti, e i marinai inglesi e spagnoli tornarono non solo nuovamente solidi ma vivi a vedersi — guance rubiconde, braccia abbronzate, occhi lampeggianti — e Friend brillò nel cielo, intenso, come un sole a forma di uomo…
Leo Friend sapeva di essere vicino alla comprensione; si trovava sulla soglia della divinità… e senza nessun aiuto esterno, senza attingere a nient’altro che alle sue risorse! Adesso era in grado di capire che così doveva essere. O ci sarebbe riuscito da solo oppure non si sarebbe verificato; e per sopraffare Benjamin Hurwood avrebbe dovuto farlo, e farlo in quel preciso momento.
Ma per essere Dio — che naturalmente significava essere stato Dio da sempre — doveva giustificare ogni evento del suo passato, definire ogni azione in termini tali da renderla coerente con la divinità… non avrebbero più dovuto esserci avvenimenti troppo sgradevoli da ricordare.
Con rapidità sovrumana si fermò per passare in rassegna mentale, anno dopo anno, il suo comportamento — le torture dei piccoli animali domestici, la malizia nei confronti delle compagne di giochi, i dolci avvelenati lasciati vicino ai cortili delle scuole e agli ospizi — e fu in grado di fronteggiare, e di incorporare nella divinità, ogni piccolo frammento di esso, e si sentì diventare incalcolabilmente più potente mentre si avvicinava sempre di più al perfetto autocompiacimento che porta all’onnipotenza…
E alla fine, con Hurwood virtualmente sconfìtto, ci fu un solo avvenimento squallido nella vita di Friend che necessitò di essere purificato… ma fu l’esperienza più lacerante e traumatica che lui avesse mai sopportato, e anche il semplice fronteggiarlo, anche il semplice rammentarlo, fu di una difficoltà suprema… Ma in quel momento, mentre era sospeso a mezz’aria al di sopra la nave, e stava faccia a faccia col suo nemico quasi annientato e osservava il trofeo quasi conquistato che si sollevava dalla cabina infranta sotto di lui, si costrinse a riviverlo.
Aveva quindici anni, e stava accanto allo scaffale dei libri nella sua puzzolente stanza da letto, ingombra di cianfrusaglie… no, nella sua elegante e palmellata camera da letto, che profumava della brezza di gelsomino che soffiava attraverso la finestra a due battenti e dell’odore delle splendide rilegature di pelle… era sempre stata così, non era mai stata una stanza squallida e mefitica… e sua madre aprì la porta ed entrò. Solo per un momento fu una vecchia megera dai capelli grigi in un frusto abito nero — poi fu una donna alta e bella in un vestito di seta lungo, decorato con una lunga scollatura sul davanti… Sette anni prima lui aveva scoperto la magia, e l’aveva perseguita con diligenza apprendendo molte cose, e ora voleva condividere la ricchezza della sua mente col l’unica persona che l’avesse mai apprezzata…
Le si avvicinò e la baciò…
Ma la cosa stava cominciando a sfuggirgli, lei era di nuovo quella donna vecchia, salita da lui soltanto per mettere lenzuola pulite sul suo letto, e la stanza era di nuovo quella stanza sporca e lui era uno spaventato ragazzo grassoccio interrotto nel bel mezzo delle sue attività solitàrie, e la stava baciando preso dalle vertigini poiché nel suo palpitante delirio aveva frainteso il motivo della sua visita… «Oh, mamma,» stava dicendo col fiato mozzo, «tu ed io possiamo avere il mondo, conosco la magia, posso fare cose…»
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