Tim Powers - Mari stregati

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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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«No,» disse Shandy.

«No,» convenne Hurwood, che finalmente si era alzato e aveva chiuso la sua disgustosa cassetta. «E per rispondere alla tua prima domanda, no, Friend non sa cosa sia il galeone spagnolo, altrimenti non avrebbe sprecato energia nel cercare di farlo bollire — esso è parte della stessa magia che gli ha fornito la ciurma, e il solo modo per liberarsi di esso è cancellare quella magia.» Rise senza sorridere. «Il ragazzo non ha ancora il controllo della sua nuova forza. Ha allungato le mani nel fondo del mare per cercare una ciurma e ha tirato su tutto quello che era nelle vicinanze. Scommetto che ci sono dei pesci che stanno nuotando sotto di noi adesso, che ieri erano scheletri dispersi.»

«Scusatemi,» disse Shandy in fretta, «ma delle palle di cannone spettrali possono danneggiare una nave reale? La Lagrimas sembra prepararsi a una bordata.»

«Non lo so,» stridette Hurwood. Il vecchio chiuse gli occhi e tirò un respiro profondo, e poi metà degli uomini a bordo della Jenny vennero mandati a gambe all’aria mentre la vecchia corvetta balzava in avanti, fendendo le onde che si frantumavano con velocità ancora maggiore. Shandy, puntellato contro l’arcaccia e impegnato a riempirsi i polmoni di quell’aria solida e impetuosa, considerò, e poi mise da parte stordito, la possibilità di comunicare a Hurwood che il vecchio e malconcio vascello probabilmente non ce l’avrebbe fatta.

Il fumo tuonò dal fianco del galeone spagnolo, e un momento dopo Shandy si strofinò gli occhi, incredulo, poiché il Carmichael si offuscò, dando l’impressione simultaneamente di vacillare e proseguire indisturbato, di perdere pennoni e vele in una confusa esplosione e nello stesso tempo di conservare il suo spiegamento di vele intatte.

I pirati ubriachi a bordo della Jenny proruppero in una serie di urla alla vista di quel prodigio, e diversi presero spontaneamente la decisione di issare le vele mentre altri si lanciarono verso il timone. Uno prese a girare con forza le pulegge, nel tentativo di calare l’ancora.

Davies sogghignò agli uomini che stavano accorrendo verso il timone, ed estrasse pensieroso una pistola, mentre Shandy gridò, «Ci sono abbastanza spettri in questo combattimento e non c’è bisogno di volontari! Il nostro unico avversario vivo è il grassone… volete lasciarlo fuggire con la nostra nave?»

Le parole di Shandy, e, anche più efficacemente, la pistola di Davies, misero fine all’assalto. I pirati ondeggiarono, e celarono l’incertezza raddoppiando imprecazioni, domande e gesti.

Davies sparò un colpo di pistola in aria, e nel relativo silenzio che seguì urlò, «Il galeone spagnolo è uno spettro, lo ammetto… ma sta distraendo il grassone. Ora lui ci ha visti: vogliamo avvicinarci e colpirlo mentre è impegnato, o attendere che se la prenda con noi quando ne avrà il tempo?»

Avviliti, i pirati si voltarono e tornarono ai loro posti arrancando nel vento di prua. Erano riusciti ad issare una vela sola, la piccola vela di gabbia quadrata, e prima che potessero anche soltanto cominciare ad ammainarla essa si lacerò in un centinaio di fettucce fluttuanti, conferendo all’imbarcazione che beccheggiava un aspetto vagamente festoso ma non contribuendo affatto a rallentarla.

Quasi scivolando adesso sopra le onde, la Jenny si precipitò nel varco fra le due navi che si andava restringendo…

«A tutti i cannoni di babordo: fuoco!» ruggì Davies contro il vento. «E tutta la barra a babordo!»

I sette cannoni di babordo della Jenny emisero tutti un boato discordante, e quindi, dopo l’attimo di contraccolpo, la corvetta s’ingavonò bruscamente col baston di fiocco privo di vela rivolto a tribordo, e Shandy si afferrò alla battagliola di babordo e ammiccò contro lo spruzzo delle onde che sfrecciavano pochi pollici sotto di lui; e quando il lato sinistro tornò a sollevarsi assumendo una posizione più prossima a quella normale, allungò il collo per voltarsi a guardare la de Lagrimas.

Era nei pasticci, di sicuro, con l’albero maestro ridotto a un moncone frastagliato a metà della sua altezza, e con la maggior parte del sartiame che ormai serviva solo a connettere la nave a quell’ingombrante àncora galleggiante che l’estremità superiore dell’albero maestro era diventata… ma Shandy imprecò piano per lo sgomento, perché la Jenny era un vascello molto più piccolo, e la sua bordata era stata diretta contro lo scafo del galeone spagnolo, non contro gli alberi e il sartiame… E allora gli venne in mente che lui stava assistendo al conflitto originale fra la Nuestra Señora de Lagrimas e la Charlotte Bailey replicato dai protagonisti temporaneamente resuscitati, i quali, in qualche deteriorata maniera, ancora rammentavano le sequenze originali degli eventi.

«Tenete ferma la barra!» ordinò Davies, «e adesso rallentiamo pure,» aggiunse a Hurwood. «Aggireremo la prua del Carmichael e lo abborderemo dal lato destro.»

Le due navi avevano rallentato anche prima che la de Lagrimas perdesse il suo albero maestro, e così anche sovraccarica e in rallentamento la Jenny ebbe tutto lo spazio di cui aveva bisogno quando, ancora ingavonandosi, passò sotto la prua del Carmichael, e la aggirò. Poi la prua, che ancora si stava girando, della Jenny raschiò schegge dallo scafo della nave e la corvetta rollò e vibrò mentre perdeva lo slancio; Davies ordinò che fossero lanciati i grappini, e un momento dopo i pirati sciamarono come grosse cimici cenciose su per le corde. Frai primi c’era Shandy, che trovò ironico che in questa seconda cattura del Carmichael lui fosse uno di quei selvaggi barbuti che si stavano arrampicando sulle cime di abbordaggio.

Quando si trovò a metà strada sulla corda, puntellando le suole degli stivali contro lo scafo mentre si sollevava verso l’alto, lo scafo improvvisamente ebbe un sussulto come una pelle di tamburo percossa e lui oscillò di lato e cozzò contro di esso; l’impatto gli fece battere la testa contro il fasciame dello scafo e gli intorpidì il braccio destro, ma lui riuscì comunque a tenere stretta la mano sinistra intorno alla corda. Guardando verso il basso, al di là dei suoi stivali oscillanti, vide la maggior parte degli uomini che erano stati sulle cime con lui cadere nell’acqua turbolenta frai due vascelli.

«Il galeone spagnolo l’ha colpito sull’altro lato!» gridò Davies, balzando lui stesso su una delle corde che pendevano. «Ora o mai più!»

Shandy trasse un respiro profondo — attraverso la bocca, poiché dal suo naso stava gocciolando il sangue — flette le dita della mano destra, la allungò verso l’alto per afferrare la corda, tirò su le gambe e si spinse via dallo scafo, riprendendo stancamente l’arrampicata. Fu il primo ad afferrarsi alla battagliola e a roteare una gamba al di sopra di essa, ma, malgrado le sue apprensioni per Beth Hurwood, quando si fu tirato su con uno strappo, si limitò ad accucciarsi e a guardare per diversi secondi.

La nave spagnola era un intrico di pennoni frantumati e di sartiame aggrovigliato che oscurava il cielo, ma l’attenzione di Shandy si concentrò sulle sue immediate vicinanze. La nave alla cui battagliola si stava afferrando non era semplicemente il Carmichael — la sua parte centrale era più ampia in larghezza ma più corta a prua e a poppa, c’erano due casseri di poppa, uno dietro il primo e ad altezza superiore, e i cannoni erano montati sul ponte più alto, invece che su quello in basso — ma ciò che attirò la sua attenzione furono i marinai a bordo.

Si muovevano goffamente, e la loro pelle era del colore della crema schiumosa di una zuppa di funghi, e i loro occhi erano di quel bianco latteo che, nei pesci, è il segno che sono morti da troppo tempo.

La maggior parte di quella ciurma malamente rianimata stava correndo verso prua, dove un gruppo di marinai similmente decomposti stava scendendo attraverso un varco della murata infranta dalla de Lagrimas.

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