Tim Powers - Mari stregati

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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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«Quando ho detto di tenerli impegnati,» cominciò Davies, «non intendevo…»

«Lo so, lo so.» Shandy si grattò una zona bruciacchiata della barba e poi appoggiò le spalle contro una sartia tesa e guardò Davies. «Per quale ragione? Solo perché non notassero l’assenza della scia?»

«In parte. Ma ancora di più, perché non volevo che uno di questi ragazzi avesse la possibilità di puntare un cannocchiale sulla sua poppa e leggere il nome. È la Nuestra Señora de Lagrimas,» disse pensieroso. «Forse non hai mai sentito parlare di lei, ma probabilmente metà di questi uomini conosce la sua storia. Stava trasportando oro da Veracruz ed ebbe la sfortuna di incontrare una nave corsara inglese, la Charlotte Bailey. Un paio di inglesi sopravvissero per raccontare la storia. Una terribile battaglia navale — durata quattro ore — ed entrambe le navi affondate.» Guardò Shandy e sogghignò. «Era il 1630.»

Shandy sbatté le palpebre. «Quasi un secolo fa.»

«Esatto. Sai qualcosa circa l’evocazione degli spettri?»

«In verità, no… anche se per come stanno andando le cose credo che mi capiteranno spesso davanti prima che io capisca davvero qualcosa di navigazione.»

«Beh, neanch’io sono un esperto, ma so che non è facile. Anche ottenere una nebulosa e stupida proiezione di una persona morta richiede un mucchio di potere magico.» Fece un cenno con la mano verso la prua. «E qui qualcuno ha evocato l’intera dannata de Lagrimas — vele, tavole, verniciatura e tutto il resto, ciurma compresa, a giudicare da come viene manovrata. E solida abbastanza da non apparire per nulla diversa da una nave reale, e nella luce del sole per giunta.»

«Leo Friend?»

«Credo di sì. Ma perché?»

Shandy lanciò un’occhiata a Hurwood. «Temo che probabilmente lo scopriremo.» E spero, pensò con fervore, che sia stato troppo indaffarato — a uccidere pirati e a evocare navi fantasma — per rivolgere le sue attenzioni a Beth Hurwood.

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

Da dov’era rannicchiata nell’angolo della cabina Beth Hurwood poteva vedere solo segmenti sconnessi dell’incedere lezioso di Leo Friend sul ponte, verso di lei, poiché lui aveva chiuso la porta dietro di sé quando era entrato. E l’unica luce nella cabina era il lampo rapido e regolare dell’azzurro del cielo di una finestra nella paratia che continuava ad apparire e a scomparire, evidentemente a tempo col battito cardiaco di quell’uomo grasso.

Beth si era svegliata all’alba per trovarsi a camminare giù per il gelido declivio di sabbia in direzione della barca che dondolava nell’acqua bassa. Quando aveva visto Leo Friend, seduto dentro di essa, che le rivolgeva un sogghigno, aveva cercato di fermarsi, ma non ci era riuscita; poi aveva cercato di deviare allontanandosi dalla barca, e non era riuscita a fare neppure quello, e non era neanche stata in grado di rallentare il passo mentre avanzava impotente nell’acqua gelida e si arrampicava sulla barca. Allora aveva cercato di parlare, ma non era stata in grado di tendere le corde vocali o aprire la bocca. La barca era scivolata al di là dei frangenti verso il punto dov’era la sagoma indistinta dello Strepitoso Carmichael, e la traversata fino alla nave era durata solo un minuto o giù di lì, durante il quale Friend non aveva mai toccato i remi, trascinati ai lati della barca, e Beth non era mai riuscita a muovere un muscolo.

Ma tutto ciò era accaduto diverse ore prima, e lei da allora aveva ripreso il controllo delle sue azioni abbastanza da trascinarsi in quell’angolo e, quando aveva udito i pirati che gridavano e morivano, da coprirsi le orecchie.

Guardò Friend, diffidente, valutando dove sulla di lui figura tumida avrebbe potuto usare i denti e le unghie in modo da ottenere l’effetto migliore, e cercando di irrigidirsi per opporsi a un altro episodio di impotenza marionettistica, indotta magicamente.

Ma un momento dopo sentì che si alzava in piedi… dolorosamente, in una posizione goffa e sulle punte che non avrebbe mai assunto con la propria volontà; poi, finalmente, il suo peso ridiscese sui calcagni e le sue braccia si sollevarono di scatto verso alto e in avanti, anche se non per mantenere l’equilibrio, poiché era incapace di cadere quanto l’albero maestro di una grossa nave.

Friend sollevò le braccia e lei realizzò di essere stata costretta ad assumere quella posizione per abbracciarlo. Il labbro inferiore sporgente di lui era umido e fremente, e quando lui avanzò nelle sue braccia Beth le sentì chiudersi intorno a quella schiena tremolante di carne. Poi la bocca di lui si serrò su quella di lei.

Puzzava di profumo e di sudore e di dolciumi, e una delle sue mani annaspava, goffa, dietro il torso di lei, ma Beth fu, almeno per quel momento, in grado di tenere gli occhi e i denti serrati. Poi la bocca di lui scivolò via e lei lo sentì ripetere più volte con passione un paio di sillabe.

Beth aprì gli occhi… e ammiccò, stupefatta.

La finestra baluginante e l’intera cabina della nave erano scomparse. I due stavano su un logoro tappeto lavorato a maglia in quella che sembrava essere una meschina camera da letto inglese; l’aria era viziata e odorava di cavoli bolliti. Beth cercò ancora di staccarsi da lui, e, sebbene non avesse successo, diede uno sguardo al proprio corpo. D’improvviso era grassa, e indossava un lungo e informe vestito nero, e i suoi capelli erano grigi. E poi capì cos’era quello che lui stava sussurrando.

«Oh, mamma, mamma,» stava dicendo con voce strozzata, il respiro caldo e ansimante sulla gola di lei. «Oh, mamma mamma mamma.»

Ma fu solo quando realizzò che lui stava strofinando spasmodicamente le sue pelvi ben gonfie contro di lei che Beth vomitò.

Meno di mezzo minuto dopo Leo Friend era fuori sul cassero di poppa, e camminava avanti e indietro con la faccia arrossata nella luce del mattino.

Dagli errori, si disse mentre dava leggeri tocchi alla macchia con un fazzoletto di seta, bisogna soltanto imparare. E l’incidente di poco fa nella cabina dovrebbe avermi insegnato qualcosa. Devo semplicemente aspettare… e solo ancora un poco, solo finché raggiungerò quel tanto di pace e tranquillità da poter utilizzare qualcuno delle magie che adesso sono in grado di fare.

E allora, pensò, voltandosi a guardare la porta della cabina che aveva appena chiuso con un chiavistello dall’esterno, allora vedremo chi respingerà le premure di chi. Tirò un respiro profondo e poi espirò, annuendo con determinazione. Si girò a guardare il cassero di poppa della nave che era stata il Carmichael, e dopo aver esaminato la nuova ciurma decise che il suo aspetto era molto meno vivace di quello che aveva quando l’aveva evocata, diverse ore prima. Sembravano ancora più pallidi, e più gonfi, e continuavano a inclinare di lato le teste come se stessero ascoltando qualcosa, e lanciavano occhiate a nord con espressioni che anche sulle loro facce morte erano riconoscibili come Impaurite.

«Cosa c’è?» sbottò contro una delle figure che manovrava la barra del timone. «Avete paura di Barbanera? Paura che lui venga a conficcare una sciabola nei vostri visceri freddi? O di Hurwood, che ci insegua per riprendersi la sua d-d-d-d… maledetta prole? Ormai ho più potere di tutti e due messi assieme, non preoccupatevi.»

La cosa a cui aveva parlato non parve udire, e continuò a girare la sua testa grigio perla — al punto che il suo collo cominciò a lacerarsi — per scrutare al di là della poppa. Debole, dalla sua inservibile gola, venne un sibilo che avrebbe potuto essere un piagnucolio.

Irritato, poiché l’evidente paura della sua ciurma aveva cominciato a infettarlo malgrado la fiducia e la rassicurazione che portano le giornate di sole, Friend salì la scaletta del boccaporto fino al secondo ponte di poppa — la levitazione era ancora un’abilità troppo nuova e incontrollata — e si voltò a guardare al di sopra della murata di poppa.

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