Tim Powers - Mari stregati

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Una fantasy orrorifica con i pirati, uno spadaccino voodoo? Chi potrebbe mai mescolare il mondo del pirata Barbanera con la magia nera se non Timothy Powers, il creatore di Le Porte di Anubis, l’autore più originale e geniale prodotto dal mondo fantascientifico e fantastico negli ultimi decenni. Lo scenario di questo eccezionale romanzo è il Mar dei Caraibi del 1718, periodo di grandi cambiamenti per i pirati, un tempo strumento dell’Impero Britannico, libera forza mercenaria che non riveste più nessuno scopo strategico per gli inglesi. È su questo scenario in evoluzione che compare il giovane John Chandagnac, ex burattinaio orfano alla ricerca di vendetta su uno zio malvagio. Ciurme di Zombie, magia nera, riti voodoo, giungle infestate da spettri: fra mille pericoli il protagonista inizierà una sorta di viaggio iniziatico che lo porterà in un luogo ignoto al di là del tempo e dello spazio, in un luogo mitico e terribile dove si cela la vagheggiata fonte della vita eterna. Partito per vendicarsi di un torto subito, Chandagnac andrà incontro al suo destino e troverà a sbarrargli la strada nientemeno che… il pirata Barbanera!

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«Spero che non starnutisca,» osservò Davies, che si era accorto anche lui del fenomeno. «Tutto a posto?»

«Direi di sì, Phil,» rispose Shandy con un sogghigno nervoso. «Troppi uomini, provviste quasi nulle, sartiame tenuto assieme con lo spago, e per navigatore un lunatico monco che deduce la rotta da una testa mozza in una scatola.»

«Eccellente,» disse Davies, annuendo. «Ottimo lavoro. Lo sapevo che avevo scelto l’uomo giusto come quartiermastro.» Guardò Hurwood. «Quale direzione?» Hurwood indicò il sud.

«Salpate l’ancora!» gridò Davies. «E barra tutta a tribordo!»

La vecchia corvetta si girò per fronteggiare il sud, e poi partì, con tale rapidità, malgrado fosse affollata da costringere gli uomini a stare gomito a gomito, che Shandy capì che Hurwood doveva fornire una sorta di propulsione magica per dare una mano alle vele cenciose; e, entro mezzogiorno, avevano superato, lasciandosi una larga e profonda scia alle spalle, la punta della penisola della Florida.

Mezzora dopo cominciarono ad accadere delle cose. Hurwood era rimasto a fissare l’interno della cassetta di legno dal momento della partenza, ma poi alzò la testa. Shandy, che aveva lanciato frequenti occhiate al vecchio, notò il cambiamento e tornò a poppa lungo la battagliola, toccando di tanto in tanto le sartie per bilanciarsi. A pochi passi dal mago monco, si fermò.

«Ci sono… altri…» disse il vecchio.

Diversi pirati si erano arrampicati sulle sartie per sfuggire all’odore e alla calca dei compagni, si erano appollaiati in maniera più o meno comoda nei cappi delle griselle, e avevano intrattenuto fino a quel momento quelli che erano rimasti sotto lanciando fra di loro, avanti e indietro, una bottiglia di rum sempre più vuota, senza farla cadere; ma in quell’istante uno di loro stava fissando a ponente. «Una vela!» urlò. «Oh, maledizione,» aggiunse mentre la bottiglia rimbalzava dal suo ginocchio e ricadeva in ansiose mani sottostanti. «Una vela al traverso di tribordo, a solo un miglio o due da noi!»

Doveva essere lei, pensò Shandy, girandosi così rapidamente su se stesso per guardare che dovette accovacciarsi e afferrare la battagliola per evitare di cadere fuori bordo. Non appena vide l’altra nave, tuttavia, comprese che non era il Carmichael… quella nave aveva un castello di prua, e un cassero di poppa molto più alto, e aveva soltanto due enormi vele sul suo albero maestro e su quello anteriore, e anche a quella distanza lui poté vedere dei vivaci disegni rossi e bianchi dipinti lungo il fianco.

«Io non sono un cane!» strillò Mr. Bird, che era scattato in piedi con la bottiglia di rum e stava arretrando verso la prua, mentre guardava in cagnesco il resto dei pirati.

Shandy fissò la strana nave. «Cos’è?» chiese a Davies. «E come diavolo a fatto ad arrivare così vicino senza che nessuno di noi la avvistasse?»

«Che io sia dannato se lo so,» grugnì Davies. «Non stavamo tenendo un normale servizio di avvistamento, ma uno di quei bastardi ubriachi avrebbe dovuto notarla prima.» Stringendo gli occhi esaminò la nave, che dava la sensazione di seguirli. «È un galeone spagnolo,» disse, stupito. «Non sapevo che ce ne fossero ancora in acqua… non ne hanno costruiti per almeno mezzo secolo.»

Shandy imprecò, poi sorrise stancamente a Davies. «Niente a che fare con ciò che ci riguarda, ovviamente.»

«Ovviamente.»

«Ci limitiamo a proseguire?»

«Direi di sì. Sia pure sovraccarichi, dovremmo essere in grado di superarlo in velocità, specialmente con Hurwood che ci fornisce la sua spinta magica. Se…»

«Un uomo annegato!» strillò uno degli uomini sulle sartie. «A babordo, a venti iarde.»

Shandy guardò in quella direzione e vide degli uccelli marini che volavano in cerchio su una massa fradicia e galleggiante che ben presto disparve nell’agitazione vorticosa della loro scia.

«Un altro davanti!» gridò colui che si era nominato vedetta. «Gli andiamo dritti addosso.»

«Uno di voi allunghi una gaffa,» ordinò Davies, «e lo agganci.»

Un altro cadavere galleggiante fu avvistato, troppo lontano a tribordo per essere visibile dal ponte, ma quello che la vedetta aveva visto galleggiare davanti a loro venne uncinato mentre scivolava via dalla prua. Gli uccelli marini gridarono rauchi e incolleriti mentre il corpo galleggiante veniva sollevato dal mare e trascinato a bordo.

«Che i santi ci preservino!» esclamò uno degli uomini che adagiarono il cadavere zuppo sul ponte. «È Georgie de Burgo!»

«Siamo sulle tracce del grassone, è certo,» disse Davies con voce piatta, avviandosi. «De Burgo era uno dei dodici uomini a bordo del Carmichael quando fu ormeggiato.»

Davies si stava facendo strada in mezzo alla calca sul ponte a spintoni, e Shandy si affrettò a seguirlo prima che il sentiero potesse richiudersi. Si rammaricava di non aver potuto dare un’occhiata migliore al cadavere che aveva visto rotolare via sulla scia, e si stava torturando nel cercare di ricordare se gli abiti in cui era avvolta quella cosa avessero lo stesso colore della camicia di cotone che Beth indossava quando l’aveva vista per l’ultima volta.

Quando Davies e Shandy raggiunsero la prua la calca aveva già cominciato a dividersi per farli passare, così Shandy aveva potuto lanciare uno sguardo al cadavere di de Burgo mentre si trovava ancora a diversi passi di distanza, e fu probabilmente quell’istante di preparazione a salvare il contenuto del suo stomaco, poiché la testa di Geòrgie de Burgo era stata staccata dal corpo da quello che sembrava essere stato il colpo di una lama affilatissima e pesantissima.

Shandy stava fissando affascinato e nauseato quella cosa quando la vedetta gridò ancora. «E un altro a babordo!»

«Gettatelo fuori bordo,» disse Davies, teso, voltandosi verso babordo.

Lui e Shandy non parlarono finché non furono tornati, sgomitando, al timone e dal loro bizzarro navigatore. «Credo,» disse allora Davies, «che possiamo presumere che li abbia uccisi tutti e dodici e li abbia poi gettati fuori bordo. Non riesco a immaginare come, ma questo non è il mistero principale.»

«Esatto,» disse Shandy, guardando con occhi socchiusi l’orizzonte azzurro e vuoto davanti a sé. «Chi sta governando la nave per lui?»

Per un minuto intero nessuno di loro parlò, poi Shandy guardò a tribordo il galeone spagnolo. «Uh… Phil? Non hai detto che siamo più veloci di quella nave spagnola?»

«Hm? Oh, certamente, anche se lei è al meglio e noi al peggio.» Anche Davies guardò a tribordo… poi rimase agghiacciato, a fissare il galeone che si era portato ben davanti alla Jenny. «Per i denti di Dio,» mormorò, «non è possibile.»

«No,» convenne Shandy. «E neppure il fatto che esso non lasci una scia visibile.»

Davies rimase a guardare ancora per pochi secondi, poi chiese un telescopio. Ne fu portato uno, e per un lungo minuto lui scrutò attraverso di esso il galeone che si allontanava. «Metti gli uomini al lavoro,» disse infine, abbassando il cannocchiale. «Che facciano qualsiasi cosa: riparare le cime, issare e ammainare le vele, esercitarsi nelle manovre di bordo, qualsiasi cosa… tieni la loro attenzione lontana da quel galeone.»

«Certo, certo, Phil,» disse il disorientato Shandy, avviandosi di corsa.

Assegnò tanti di quegli incarichi e con tale rapidità che un uomo che era stato furtivamente a fumare la pipa — proibita a bordo delle navi — riuscì nella confusione a dar fuoco a una pozza del rum di Mr. Bird e a incendiare metà della prua: capelli unti e abiti incatramati presero subito fuoco e una dozzina di uomini, improvvisamente in fiamme, strillando allarmati, scavalcarono la murata e si tuffarono.

Shandy, all’istante, ordinò al timoniere di cambiare direzione, e nel giro di pochi minuti le perenni esercitazioni di Davies risultarono provvidenziali — il fuoco era spento, e gli uomini nell’acqua erano stati tutti tirati a bordo prima che qualcuno di loro avesse il tempo di annegare. Dopo che l’eccitazione si fu calmata e Shandy ebbe avuto il tempo di riprendere fiato e di mandare giù il rum superstite, tornò a poppa. Hurwood, sebbene avesse probabilmente protestato quando la Jenny aveva effettuato la virata, stava di nuovo fissando in silenzio l’interno della sua cassetta di legno, e quando Shandy guardò davanti a sé vide che il galeone spagnolo era ormai solo una bianca chiazza irregolare sull’orizzonte meridionale.

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