Hurwood si alzò, cercando di ripulirsi. «Giorni?» chiese, sarcastico.
Barbanera lo trafisse con lo sguardo. «Beh, no, ora che me lo fai notare. Il sole spuntò ma non superò mai il punto che chiameresti alba prima di decidere di ridiscendere. L’alba si trasformò direttamente in crepuscolo, senza che trascorresse un vero giorno.»
Hurwood annuì. «Non ci troviamo in Florida adesso… o almeno, non esattamente, non in Rorida più che in qualsiasi altro posto. Avete mai studiato Pitagora, in maniera abbastanza approfondita?»
Sia Davies che Barbanera ammisero che non l’avevano fatto.
«Le contraddizioni implicite nella sua filosofia non sono contraddizioni qui. Non so se qui le circostanze costituiscono la norma o un caso particolare… ma qui la radice quadrata di due non è un numero irrazionale.»
«L’infinito — apeiron — come esiste qui, non avrebbe offeso Aristotele,» aggiunse Leo Friend, che, una volta tanto, sembrava aver dimenticato Beth Hurwood.
«Buone notizie per Harry Stottle,» disse Barbanera. «Ma potrò liberarmi dei miei fantasmi, qui?»
«Sì,» disse Hurwood. «Dobbiamo soltanto condurti allo stagno.»
Barbanera fece un cenno verso la Fontana. «Guidaci tu.»
«Lo farò.» Hurwood soppesò gli involti che aveva portato con sé, quindi li abbassò con cura sulla sabbia.
Mentre Hurwood e Fnend si accovacciavano per sciogliere gli involti, Shandy si accostò furtivamente a Beth. «Come ti senti?» fu tutto quello che riuscì a dire.
«Benissimo, grazie,» rispose lei, come un automa. I suoi occhi erano sfocati e il respiro era leggero ma molto rapido.
«Solo… resisti,» sussurrò Shandy, incollerito per la sua impotenza. «Non appena torneremo sulla spiaggia, giuro che ti porterò via da questo…»
Le ginocchia le si piegarono e stava per cadere. Lui riuscì a metterle le braccia intorno prima che cadesse sulla sabbia, e quando vide che era svenuta, l’adagiò con delicatezza sulla schiena. Ma Friend lo spinse da parte, e si mise a controllarle il polso e a sollevarle le palpebre per scrutare le pupille.
Shandy si alzò e guardò Hurwood, che stava utilizzando la torcia per accendere una lanterna che aveva portato in uno degli involti. «Come potete fare questo a vostra figlia?» gli chiese Shandy con voce rauca. «Figlio di puttana, spero che la vostra Margaret torni il tempo necessario per maledirvi e poi crolli in un mucchietto di poltiglia fetida come la vostra anima dannata.»
Hurwood gli lanciò un’occhiata incuriosita, poi tornò al suo lavoro. Aveva acceso il lucignolo della lanterna, e ora vi abbassò sopra il cappuccio. Questo era metallico, ma aveva una caratteristica peculiare: vi erano state praticate delle fessure apparentemente disposte a caso, che proiettavano nastri di luce sulla sabbia scura.
Shandy fece un passo verso il vecchio, ma Barbanera gli si pose bruscamente davanti. «Dopo, figliolo,» disse il pirata. «Lui ed io stiamo lavorando assieme in questo momento, e se tenti di rovinare i miei piani ti troverai col culo per terra a cercare di rimetterti i visceri nella pancia.» Si voltò verso Hurwood. «Sei pronto?»
«Sì.» Hurwood piantò la torcia ancora ardente nella sabbia e poi si raddrizzò con la lanterna in mano. La cassetta quadrata di legno adesso pendeva dalla sua cintura come una cesta per la pesca. «Sta bene?» chiese a Friend.
«Benissimo,» disse il grassone. «Era solo svenuta.»
«Trasportala.»
Hurwood sollevò la lanterna nella sua unica mano ed esaminò il disegno che i nastri di luce tracciavano sulla sabbia. Dopo alcuni secondi, annuì e cominciò a camminare, in una direzione che si allontanava di poco dalla Fontana.
Friend riuscì ad alzarsi con la forma accasciata di Beth sulle spalle, sebbene lo sforzo gli offuscasse la faccia. Avanzò pesantemente alle spalle di Hurwood, il respiro che sibilava, e il resto del gruppo li seguì, con Bonnett e il bizzarro barcaiolo che avanzavano vacillando nelle retrovie.
Non fu una marcia regolare. Di frequente Hurwood si fermava per scrutare i nastri di luce e argomentare con ardore su sottigliezze matematiche con Friend, e in un’occasione Shandy udì Friend che segnalava un errore in una delle “vostre equazioni del Newton Nero”. Diverse volte guidarono il gruppo, che avanzava strascicando i piedi, in bruschi cambiamenti di direzione, e per un bel pezzo si limitarono a ripercorrere il perimetro di un quadrato; ma Shandy aveva notato che, non importa quale fosse la loro direzione apparente, la luna non cambiava mai la posizione al di sopra della sua spalla sinistra, e rabbrividì e non fu tentato di pronunciare commenti sarcastici.
La torcia che Hurwood aveva piantato nella sabbia era spesso visibile davanti, oppure di lato, come spesso dietro di loro, ma ogni volta che Shandy la guardava appariva più lontana. La Fontana stessa era così difficile da focalizzare che lui non riusciva a percepire un cambiamento nella distanza, ma notò che le due strutture che sembravano dei ponti si erano entrambe avvicinate.
Poi notò la folla. All’inizio pensò che si trattava di bassi banchi di nebbia o di distese d’acqua, ma quando fissò con attenzione le grigie linee irregolari sull’orizzonte vide che erano formate da migliaia di figure che sfrecciavano silenziose avanti e indietro, le braccia che si agitavano sulle teste come steli d’erba in un campo battuto dal vento notturno.
«Non avrei mai creduto,» disse Hurwood piano, facendo una pausa nei suoi calcoli per guardare quelle moltitudini lontane, «che morte tanta n’avesse disfatta.»
L’Inferno, pensò Shandy, canto terzo, se non vado errato. Ma, in questo momento, chi se ne frega?
I ponti erano adesso entrambi vicinissimi, e il cielo era illuminato in una direzione che poteva essere l’est. I nastri di luce di Hurwood stavano diventando meno visibili sulla sabbia — che, nella tenue luce del giorno, stava assumendo una tonalità rossiccia — e Hurwood e Friend si affrettarono. Le forme che salivano e ricadevano al centro dello stagno stavano perdendo il loro colore e diventando grigie, e ora apparivano più come nuvole di spruzzi d’acqua che come ondate di fuoco. Con l’approssimarsi del giorno il silenzio totale sembrava ancora più irreale — non c’erano stridi di uccelli o di insetti, e né le moltitudini inquiete né la Fontana emettevano qualche suono udibile.
L’aria si era rinfrescata fin da quando avevano lasciato la giungla, sebbene i suoi piedi fossero riscaldati dai chiodi di ferro nelle suole degli stivali, e fosse facile riscaldarsi le mani tenendole vicino al fodero fumante del coltello.
Si era girato a guardare quel remoto puntino che era la torcia, e così andò a cozzare contro Hurwood quando il gruppo si fermò.
C’era solo un ponte ora, e si trovavano proprio di fronte ad esso. Era largo circa sei piedi e lastricato con grandi pietre piatte, e dei muri di pietra si ergevano ai lati fino all’altezza della spalla. Anche se visti da lontano i ponti avevano dato la sensazione d’inarcarsi ripidamente dall’orlo dello stagno, dal punto dove ora si trovava Shandy esso appariva quasi orizzontale, salendo solo molto gradualmente mentre si restringeva con la distanza e svaniva fra le nubi cangianti della Fontana. Malgrado la sua assurda ubicazione, Shandy pensava di avere già visto il ponte in precedenza.
«Dopo di te,» disse Hurwood a Barbanera.
Il gigantesco pirata, i cui stivali e la cintura, notò Shandy, stavano emettendo scintille e fumando come le micce nella sua criniera, avanzò sul ponte…
…e parve esplodere. Macchie fluttuanti di grigio eruppero dalla sua bocca, dal naso e dagli occhi, e sfrecciarono in tutte le direzioni, e gli abiti sussultarono e fremettero sulla sua enorme figura come onde in un mare agitato. Le sue mani si agitarono impotenti davanti a lui mentre le cose grigie guizzavano fuori dalle maniche, ma in mezzo a quelle terribili detonazioni Barbanera ruggì e riuscì a voltarsi.
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