«Allora, che cosa succede alla forza vitale quando le cose smettono di vivere?» chiese Windle. «È quello che sta provocando tutti questi guai?»
«Rispondi» ordinò la signora Torta, quando Un-Secchio sembrò riluttante a rispondere.
di quali guai sta parlando?
«Cose che si svitano. Vestiti che se ne vanno in giro da soli. Tutti che all’improvviso si sentono più vivi. Cose del genere».
quello? quella non è niente, la forza vitale trabocca dove può. Non c’è da preoccuparsi per quello.
Windle mise la mano sul bicchiere.
«Ma c’è qualcosa di cui bisogna preoccuparsi, non è vero?» disse in tono neutro. «Ha a che fare con quei piccoli souvenir di vetro».
non mi va di dirlo.
«Diglielo».
Era la voce di Ludmilla, profonda ma con una certa bellezza. Lupine la guardava intensamente. Windle sorrise. Uno dei vantaggi dell’essere morto era che vedevi cose che i vivi ignoravano.
Un-Secchio era diventato querulo e petulante.
e che cosa farà se glielo dico, allora? io posso finire in un mare di guai per una cosa del genere.
«Però puoi dirmi se indovino?» chiese Windle.
s s-ssì. magari sì.
«Non devi dire nulla» disse la signora Torta. «Batti due volte per il sì e una per il no, come ai vecchi tempi».
oh, va bene.
«Avanti, signor Poons» disse Ludmilla. Aveva il genere di voce che Windle avrebbe voluto accarezzare.
Si schiarì la gola.
«Secondo me» cominciò, «ecco, secondo me sono una specie di uova. Ho pensato… alla colazione, ma perché? E poi mi sono venute in mente… le uova».
Toc.
«Ah. Be’, forse era un’idea stupida…»
scusate, era una volta per il sì o due volte per il sì?
«Due volte!» sbottò la medium.
TOC TOC.
«Ah» disse Windle, «e si schiudono in una cosa con le ruote?»
due volte per il sì, eh?
«Sììì!»
TOC. TOC.
«Lo sapevo, lo sapevo! Ne ho trovata una sotto il mio pavimento e ha cercato di schiudersi ma non c’era abbastanza spazio!» esultò Windle. Poi si accigliò.
«Ma per diventare che?»
Mustrum Ridcully si affrettò verso il suo ufficio e prese il bastone da mago dalla rastrelliera sopra il caminetto. Si leccò le dita e toccò esitante la punta. Ci fu una scintilla color ottarino e un odore di lattina unta.
Si avviò di nuovo verso la porta.
Poi si voltò lentamente, perché il suo cervello aveva avuto giusto il tempo di analizzare il disordine nello studio e notare la stranezza.
«Che diavolo ci fa quel coso qui?» disse.
Lo toccò con la punta del bastone. Quello tintinnò e si spostò un po’ in avanti sulle ruote.
Assomigliava vagamente, ma non molto, a quelle cose che le cameriere trascinano in giro cariche di scope, asciugamani puliti e quell’altra roba che di solito le cameriere portano in giro. Ridcully prese mentalmente nota di parlarne con la governante. Poi se ne dimenticò.
«Questi maledetti cosi a rotelle spuntano dappertutto» mormorò.
Alla parola ‘maledetti’ qualcosa di simile a un grosso moscone della carne con la dentatura di un gatto apparve dal nulla, svolazzò in giro come un pazzo per valutare il nuovo ambiente, e poi inseguì l’ignaro Arcicancelliere.
Le parole dei maghi sono potenti. E le imprecazioni sono potenti. E con la forza vitale che praticamente si cristallizzava nell’aria, dovevano trovare degli sbocchi ovunque fosse possibile.
città, disse Un-Secchio. secondo me sono uova di città.
I maghi anziani si riunirono di nuovo in Aula Magna. Perfino il Sommo Algebrico sentiva una certa eccitazione. Usare la magia contro dei colleghi era considerata maleducazione, e usarla contro i civili era antisportivo. Ma faceva bene ogni tanto una bella scarica di energia.
L’Arcicancelliere li guardò.
«Decano, perché avete tutti delle strisce in faccia?» domandò.
«Mimetismo, Arcicancelliere».
«Mimetismo, eh?»
«Yo, Arcicancelliere».
«Oh, be’. Contenti voi».
Si avviarono silenziosamente verso il pezzetto di terra che era stato il piccolo territorio di Modo. O meglio, quasi tutti avanzarono silenziosamente. Il Decano avanzava con una serie di saltelli, appiattendosi ogni tanto contro la parete e facendo: «Ha! Ha! Ha!»
Ci rimase malissimo quando scoprirono che gli altri mucchi erano ancora lì dove Modo li aveva fatti. Il giardiniere, che li seguiva e che aveva già rischiato due volte di finire schiacciato dal Decano, si affaccendò per un po’ intorno ai mucchi.
«Tengono un basso profilo» disse il Decano. «Io dico che li facciamo saltare in aria, quei maledettissimi…»
«Non sono ancora nemmeno caldi» osservò Modo. «Quello doveva essere il più vecchio».
«Vuoi dire che non abbiamo niente da combattere?» chiese l’Arcicancelliere.
La terra tremò sotto i loro piedi, e poi si sentì un debole tintinnio proveniente dai chiostri.
Ridcully si accigliò.
«Qualcuno porta ancora in giro quei dannati cestini di ferro» disse. «Stasera ce n’era uno nel mio ufficio».
«Uh» fece il Sommo Algebrico. «Ce n’era uno anche nella mia stanza da letto. Ho aperto l’armadio ed era là».
«Nell’armadio? E perché l’ha messo lì?» chiese Ridcully.
«Non ce l’ho messo io, gliel’ho detto. Probabilmente sono stati gli studenti. Loro si divertono così. Una volta uno mi ha messo una spazzola nel letto».
«Prima ci sono inciampato sopra, a uno di quei cosi» disse l’Arcicancelliere. «E quando mi sono voltato, qualcuno l’aveva portato via».
Il tintinnio si avvicinava.
«Bene, signor cosiddetto spiritosone dei miei stivali» disse Ridcully, battendosi in modo eloquente il bastone sul palmo della mano.
I maghi indietreggiarono fino al muro.
Il fantasma del carrello gli era quasi addosso.
Ridcully ringhiò, e saltò fuori dal suo nascondiglio.
«A-ha, giovanotto…! Miseria fottuta!»
«Non raccontare balle» disse la signora Torta. «Le città non sono cose vive. So che la gente dice il contrario, ma non è mica vero».
Windle Poons si rigirò fra le mani una delle palline di vetro.
«Ne sta deponendo a migliaia» disse. «Ma naturalmente non sopravviveranno tutte. Altrimenti avremmo città fino alle orecchie, no?»
«Ci stai dicendo che da queste piccole palline nascono dei posti enormi?» domandò Ludmilla.
non subito, prima c’è lo stadio mobile.
«Qualcosa con le ruote» disse Windle.
esatto, vedo che già lo sa.
«Credo di sì» disse Windle Poons, «e che cosa succede dopo lo stadio mobile?»
non lo so.
Windle si alzò.
«È ora di scoprirlo».
Guardò Ludmilla e Lupine. Ah. Sì. Perché no? Se puoi aiutare qualcuno mentre sei di passaggio, pensò Windle, allora la tua vita, o qualsiasi altra cosa, non sarà passata invano.
Si incurvò e disse con voce leggermente rotta: «Però in questi giorni non sono molto fermo sulle gambe» disse. «Se qualcuno mi aiutasse, mi farebbe davvero un gran piacere. Signorina, potrebbe accompagnarmi fino all’Università?»
«Ludmilla non esce molto in questi giorni, perché la sua salute…» cominciò la signora Torta in tono brusco.
«Non c’è nessun problema» rispose Ludmilla. «Mamma, lo sai che è passato un giorno intero dalla luna pie…»
«Ludmilla!»
«Be’, è così».
«Le strade non sono sicure per una ragazza, di questi tempi» disse la signora Torta.
«Ma il bellissimo cane del signor Poons spaventerebbe il più pericoloso dei criminali» replicò Ludmilla.
Lupine abbaiò volenterosamente e la guardò implorante. La signora Torta lo squadrò con occhio critico.
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