I nani non conoscono il senso della parola ‘ironia’.
«Bene, ecco. Ehm. L’equilibrio giusto tra i materiali, stratificati correttamente secondo…»
«Ecco la porta» disse il professore di Rune Recenti, arrancando verso il resto del gruppo.
La montagna di mobili cominciò a spostarsi in avanti.
L’Arcicancelliere si guardò disperatamente intorno. Poi il suo sguardo fu attratto da una pesante bottiglia, dall’aria familiare, su uno degli scaffali.
«Carbonio» disse. «È come dire carbone, giusto?»
«Che ne so? Non sono mica un alchimista» piagnucolò il Decano.
L’Arcicancelliere guardò con desiderio la bottiglia di salsa Wow-Wow. La stappò e inalò profondamente.
«I cuochi di qui non la sanno preparare come si deve» disse. «Ci vorranno settimane prima che me ne arrivi un’altra da casa».
Lanciò la bottiglia verso il mucchio che avanzava.
Scomparve nella massa ribollente.
«L’ortica è sempre utile» disse Modo dietro di lui, «aggiunge ferro. E la consolida, di quella non ce n’è mai abbastanza. Per i minerali. Per quanto mi riguarda ho sempre pensato che una piccola quantità di achillea selvatica…»
I maghi sbirciarono da sopra il tavolo rovesciato.
Il mucchio si era fermato.
«È una mia impressione, o sta diventando più grande?» chiese il Sommo Algebrico.
«E sembra anche più contento» osservò il Decano.
«Puzza da fare schifo» disse il Tesoriere.
«Be’. Quella era anche una bottiglia quasi piena» disse tristemente l’Arcicancelliere. «L’avevo a malapena aperta».
«La natura è una cosa meravigliosa, se ci pensi» considerò il Sommo Algebrico. «Non c’è bisogno che mi guardi così male. Facevo solo un’osservazione».
«Ci sono delle volte in cui…» cominciò Ridcully, e in quel momento il mucchio di compost esplose.
Non fu un botto. Fu la più molliccia e corpulenta eruzione nella storia delle flatulenze terminali. Fiamme rosso scuro bordate di nero si innalzarono fino al soffitto. Pezzi del mucchio attraversarono come razzi la sala e si spiaccicarono sulle pareti.
I maghi fecero capolino dalla loro barricata, ora ricoperta di foglie di tè.
Un gambo di cavolfiore atterrò dolcemente sulla testa del Decano.
Lui guardò una piccola chiazza ribollente sul pavimento.
Sulla sua faccia si allargò lentamente un sorriso.
«Uau» disse.
Gli altri maghi si srotolarono dalla loro posizione. La risacca dell’adrenalina agì con la sua seduzione. Sorrisero anche, e cominciarono a darsi amichevoli pacche sulle spalle.
«Beccati ’sta salsa piccante!» ruggì l’Arcicancelliere.
«Tornatene nella siepe, spazzatura fermentata!»
«Siamo o non siamo dei maghi?» gongolò il Decano.
«Be’, e che domanda è?» obiettò il Sommo Algebrico, ma l’ondata di entusiasmo era contro di lui.
«Ecco un compost che non farà più il furbo con dei maghi» disse il Decano, che si stava lasciando trascinare. «Siamo forti, siamo cattivi e…»
«Ce ne sono altri tre là fuori, dice Modo» intervenne il Tesoriere.
Cadde il silenzio.
«Possiamo andare a prendere i nostri bastoni, no?» disse il Decano.
L’Arcicancelliere toccò con la punta dello stivale un pezzo di compost esploso.
«Cose morte che prendono vita. Non mi piace per niente. Cosa verrà dopo? Statue che camminano?»
I maghi guardarono le statue degli Arcicancellieri morti allineate lungo le pareti dell’Aula Magna e anche nella maggior parte dei corridoi dell’Università. Dal momento che l’Università esisteva da migliaia di anni e che gli Arcicancellieri restavano in carica in media undici mesi, c’era una gran quantità di statue.
«Sa, avrei preferito che non l’avesse detto» sospirò il professore di Rune Recenti.
«Era solo un pensiero» liquidò Ridcully. «Avanti, diamo un’occhiata a quegli altri mucchi».
«Sì!» esclamò il Decano in preda a un attacco di machismo poco magico. «Siamo cattivi! Sì! Siamo cattivi?»
L’Arcicancelliere inarcò le sopracciglia, poi si rivolse agli altri maghi.
«Siamo cattivi?» chiese.
«Ehm. Io mi sento ragionevolmente cattivo» rispose il professore di Rune Recenti.
«Io sono decisamente molto cattivo, direi» disse il Tesoriere. «È il fatto di non avere stivali».
«Io sono cattivo se lo sono anche gli altri» disse il Sommo Algebrico.
L’Arcicancelliere si voltò di nuovo verso il Decano.
«Sì, pare che siamo tutti cattivi».
«Yo!» fece il Decano.
«Lei cosa?» chiese Ridcully.
«No, non io, ‘yo’» rispose il Sommo Algebrico. «È un tipico saluto da strada, pieno di sottolineature cameratesche e conviviali tipiche dei gruppi maschili».
«Che? Tipo ‘ehilà, vecchio’?» chiese Ridcully.
«Immagino di sì» ammise riluttante il Sommo Algebrico.
Ridcully era compiaciuto. Ankh-Morpork non aveva mai offerto grandi prospettive per un cacciatore. Non aveva mai pensato di potersi divertire tanto nella sua Università.
«Bene» disse. «Ammucchiamo quei mucchi!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo!»
«Yo-yo».
Ridcully sospirò. «Tesoriere?»
«Sì, Arcicancelliere?»
«Lei almeno ci provi, eh?»
Le nubi si addensavano sulle montagne. Bill Porta fece su e giù per il primo campo, usando una delle falci della fattoria; la più affilata era stata temporaneamente conservata in fondo al fienile, per evitare che lo spostamento d’aria la smussasse. Alcuni dei fittavoli della signorina Flitworth lo seguivano, legando i covoni e accatastandoli. La signorina Flitworth non aveva mai assunto più di un uomo a tempo pieno, e assumeva altri aiutanti quand’era necessario, per risparmiare.
«Non ho mai visto nessuno tagliare il grano con la falce fienaia prima» disse uno di loro. «È un lavoro da falcetto».
Si fermarono per il pranzo, e mangiarono sotto il recinto.
Bill Porta non aveva mai prestato molta attenzione ai nomi e alle facce della gente, non più di quanto fosse necessario al suo lavoro. Il grano si estendeva sul fianco della collina; era fatto di singoli steli, e agli occhi di ogni stelo il vicino poteva sembrare uno stelo dalle grandi qualità, con decine di caratteristiche divertenti e particolari che lo rendevano diverso da tutti gli altri steli. Ma per il mietitore, tutti gli steli sono… steli.
Ora incominciava a riconoscere quelle piccole differenze.
C’erano William Zipolo, Garrulo Wheels e Duca Bottomley. lutti anziani, per quanto poteva giudicare Bill Porta, con la pelle simile a cuoio. In paese c’erano anche dei giovani, uomini e donne, ma dopo una certa età sembravano diventare direttamente vecchi, senza passare attraverso fasi intermedie. E poi restavano vecchi molto a lungo. La signorina Flitworth aveva detto che prima di poter costruire un cimitero da quelle parti avevano dovuto picchiare qualcuno in testa con un badile.
William Zipolo era quello che cantava mentre lavorava, attaccando la lunga nenia nasale che indica che si sta per straziare un canto popolare. Garrulo Wheels non diceva mai nulla; Zipolo sosteneva che era per questo che lo chiamavano Garrulo. Bill Porta non aveva capito la logica dell’affermazione, anche se agli altri sembrava evidente. E Duca Bottomley era stato chiamato così dai genitori in base a un’idea gerarchica anche se semplicistica della struttura di classe: i suoi fratelli si chiamavano Cavaliere, Conte e Re.
Ora sedevano tutti in fila sotto la siepe, rimandando il momento di rimettersi al lavoro. Dalla fine della fila venne un lungo glu-glu.
«Non è una brutta estate» disse Zipolo. «E tanto per cambiare si può mietere con il bel tempo».
«Ah… non bisogna parlare troppo presto» disse Duca. «Ieri sera ho visto un ragno che faceva la tela all’indietro. Segno sicuro di una tempesta in arrivo».
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