Terry Pratchett - It tristo mietitore

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It tristo mietitore: краткое содержание, описание и аннотация

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Si dice che al mondo niente sia inevitabile, tranne la morte e le tasse. Ma questo forse prima che Morte venisse licenziato in tronco. L’ultima cosa di cui un universo può aver bisogno è di un Tristo Mietitore disoccupato, perché quando un importante servizio pubblico viene a mancare la conseguenza è sempre il caos. Ora Mondo Disco pullula di zombie e non-morti. Reg Scarpa, attivista per i diritti dei defunti, improvvisamente ha molto più lavoro di quanto si sia mai sognato. E il mago Windle Poons, trapassato di fresco, si risveglia nella tomba scoprendo di essere. morto e vegeto. Ma proprio a lui e a un ben poco temibile gruppo di non-morti (Arthur Winkings, per esempio, era diventato vampiro dopo essere stato morso da un avvocato. Schleppel l’uomonero farebbe meglio il suo lavoro se non venisse colto da agorafobia appena fuori dal gabinetto. E Fratello Isolile, l’unica banshee al mondo con un difetto di pronuncia, invece di starsene sui tetti a gridare quando la gente sta per morire, fa passare sotto la porta un bigliettino con scritto ‘OOOOeeOOOeecOOOeee’) spetta il compito di salvare il mondo dei vivi. Nel frattempo in una piccola fattoria molto, molto lontana, uno straniero alto, scuro e allampanato si rivela particolarmente abile a maneggiare la falce. C’è tanto grano da falciare. E una battaglia diversa da combattere.

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NO, SIGNORINA FLITWORTH.

«Come ho detto, era il giorno prima del nostro matrimonio. E uno dei suoi cavalli è tornato da solo, e gli uomini sono partiti e hanno trovato la valanga… e sai cosa ho pensato? Ho pensato che era ridicolo. E stupido. Tremendo, no? Oh, naturalmente dopo ho pensato anche altre cose, ma la prima è stata che il mondo non doveva funzionare come una specie di romanzo. Non è terribile aver pensato una cosa così?»

NEMMENO IO MI SONO MAI FIDATO DEI ROMANZI, SIGNORINA FLITWORTH.

Lei non stava ascoltando.

«E ho pensato: ‘Ora la vita si aspetta da me che vada in giro per anni a fare la matta con l’abito da sposa addosso ed esca di testa. Vuole proprio questo’. Ah! Invece ho messo il vestito da parte per fare stracci e abbiamo comunque invitato tutti al pranzo di nozze, perché sprecare tutto quel cibo era un delitto».

Tornò ad attaccare il fuoco, poi gli rivolse un altro sguardo al fulmicotone.

«Secondo me è sempre importante capire cosa è reale e cosa no, tu che dici?»

SIGNORINA FLITWORTH?

«Sì?»

LE DISPIACE SE FERMO L’OROLOGIO?

Lei guardò il gufo con gli occhi in fuori.

«Cosa? Ah. Perché?»

TEMO CHE MI DIA SUI NERVI.

«Ma non è tanto forte, no?»

Bill Porta voleva dire che ogni tic era come un colpo di mazza ferrata su una colonna di bronzo.

È SOLO PIUTTOSTO FASTIDIOSO, SIGNORINA FLITWORTH.

«Be’, fermalo se vuoi, lo tengo carico solo per compagnia».

Bill Porta si alzò, avanzò cautamente nella foresta di suppellettili e afferrò il pendolo a forma di pigna. Il gufo di legno lo guardò malissimo e il ticchettio si fermò, perlomeno nel regno del suono. Era consapevole del fatto che altrove il pulsare del Tempo continuava. Come faceva la gente a tollerarlo? Accoglievano il Tempo nelle loro case, come un amico.

Tornò a sedersi.

La signorina Flitworth aveva cominciato a sferruzzare furiosamente.

Il fuoco scoppiettava nel camino.

Bill Porta si appoggiò allo schienale della poltrona e fissò il soffitto.

«Si diverte il tuo cavallo?»

PREGO?

«Il tuo cavallo. Sembra che si diverta sui prati» suggerì la signorina Flitworth.

OH. SÌ.

«Corre come un matto, come se non avesse mai visto l’erba prima».

GLI PIACE L’ERBA.

«E a te piacciono gli animali. Si vede».

Bill Porta annuì. Le sue riserve di conversazione, mai molto fornite, erano a zero.

Rimase in silenzio per le successive due ore, stringendo i braccioli della poltrona, finché la signorina Flitworth non annunciò che andava a letto. Allora tornò alla stalla, e dormì.

Bill Porta non l’aveva sentita arrivare. Ma eccola là, una figura grigia che fluttuava nell’oscurità della stalla.

In qualche modo si era impadronita della clessidra d’oro.

Gli disse: Bill Porta, c’è stato un errore.

Il vetro andò in frantumi. Fini secondi d’oro scintillarono in aria per un istante, poi si posarono.

Gli disse: Ritorna. C’è del lavoro da fare. C’è stato un errore.

La figura svanì.

Bill Porta annuì. Certo che c’era stato un errore. Chiunque poteva vederlo. Lui lo sapeva fin dall’inizio, che c’era stato un errore.

Gettò gli indumenti da lavoro in un angolo e riprese la veste di nero assoluto.

Be’, era stata un’esperienza. E, doveva ammetterlo, del genere che non aveva voglia di ripetere. Si sentiva come liberato da un grosso peso.

Era così che ci si sentiva davvero a essere vivi? La sensazione dell’oscurità che ti trascina in avanti?

Come facevano a conviverci? Eppure lo facevano, e sembravano anche divertirsi, mentre l’unica reazione ragionevole sarebbe stata di disperarsi. Straordinario. Sentire che eri solo una piccola cosa viva, stretta fra due abissi di oscurità. Come facevano a sopportarlo?

Ovviamente bisognava esserci nati.

Morte sellò il cavallo e cavalcò oltre i campi. Il grano ondeggiava, come il mare. La signorina Flitworth avrebbe dovuto trovare qualcun altro che l’aiutasse nel raccolto.

Che strano. C’era una sensazione. Rimpianto? Era quello? Ma era un sentimento di Bill Porta, e Bill Porta era… morto. Non era mai vissuto. Era di nuovo se stesso, al sicuro in un luogo senza emozioni e senza rimpianti.

Mai nessun rimpianto.

E ora era nel suo studio, ed era strano, perché non ricordava come ci era arrivato. Un minuto prima a cavallo, e un minuto dopo nello studio, con i suoi libri mastri e i segnatempo.

Era più grande di come lo ricordava. Le pareti si intravedevano ai limiti del campo visivo.

Era il campo visivo di Bill Porta. Certamente a lui sarebbe sembrato grande, e probabilmente c’era ancora un po’ di lui da qualche parte. Bisognava tenersi occupati, buttarsi nel lavoro.

C’erano già alcune clessidre sulla scrivania. Non ricordava di avercele messe, ma non importava, la cosa importante era mettersi al lavoro…

Prese la più vicina, e lesse il nome.

«Checcherecché!»

La signorina Flitworth si alzò a sedere sul letto. Nel dormiveglia aveva sentito un altro rumore, che doveva aver svegliato il gallo.

Cincischiò con un fiammifero finché non riuscì ad accendere la candela, e poi cercò a tastoni sotto il letto l’elsa di una sciabola corta che era stata molto usata dal defunto signor Flitworth nei suoi viaggi d’affari oltre le montagne.

Corse giù per le scale cigolanti e uscì fuori nell’alba gelida.

Esitò davanti alla porta della stalla, e poi l’aprì quel tanto che bastava a scivolare dentro.

«Signor Porta?»

Il fieno frusciò, poi ci fu un silenzio vigile.

SIGNORINA FLITWORTH?

«Mi hai chiamato? Sono sicura di aver sentito gridare il mio nome».

Ci fu un altro fruscio, e la testa di Bill Porta apparve sul bordo del soppalco.

SIGNORINA FLITWORTH.

«Sì. Chi ti aspettavi? Stai bene?»

EHM, SÌ. SÌ, CREDO DI SÌ.

«Sei sicuro? Hai svegliato Cyril».

SÌ. SÌ. È STATO SOLO… CREDEVO CHE… SÌ.

Lei soffiò sulla candela. La luce dell’alba era già sufficiente a vedere.

«Be’, se ne sei sicuro… Ora che sono in piedi tanto vale che metta su il porridge».

Bill Porta si distese di nuovo sulla paglia finché non si fidò abbastanza delle sue gambe per alzarsi, poi scese giù e si avviò barcollando nell’aia fino alla fattoria.

Non disse nulla mentre lei metteva il porridge in una scodella davanti a lui e lo affogava nella panna. Alla fine non fu più capace di trattenersi. Non sapeva come porre le domande, ma aveva davvero bisogno di risposte.

SIGNORINA FLITWORTH?

«Sì?»

COME SI CHIAMA… DI NOTTE… QUANDO SI VEDONO DELLE COSE CHE PERÒ NON SONO REALI?

Lei si fermò, con la pentola del porridge in una mano e il mestolo nell’altra.

«Vuoi dire i sogni?» chiese.

SONO QUELLI I SOGNI?

«Tu non sogni? Credevo che tutti sognassero».

COSE CHE STANNO PER SUCCEDERE?

«Ah, le premonizioni, cioè. Io non ci ho mai creduto. Non mi stai mica dicendo che non sai cosa sono i sogni?»

NO. NO. CERTO CHE NO.

«Cos’è che ti preoccupa, Bill?»

ALL’IMPROVVISO SO CHE DOBBIAMO MORIRE.

Lei lo guardò pensierosa.

«Be’, tocca a tutti» disse. «Ed è questo che hai sognato? Tutti ogni tanto si sentono così. Io non mi preoccuperei, se fossi in te. La cosa migliore è tenersi occupati e allegri, lo dico sempre».

MA MORIREMO!

«Oh, non lo so» disse la signorina Flitworth. «Dipende tutto da che tipo di vita hai fatto, credo» .

PREGO?

«Sei religioso?»

VUOL DIRE CHE QUELLO CHE SUCCEDE DOPO LA MORTE È QUELLO CHE UNO CREDE CHE SUCCEDA?

«Be’, se fosse così non sarebbe male, no?» disse allegramente lei.

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