Orson Card - Il settimo figlio

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Alvin Miller è venuto al mondo in un’America in cui bianchi e indiani vivono in pace e George Washington è stato decapitato dagli inglesi. Magie, incantesimi e misteriose potenze negative sono presenze quotidiane e normali in questo “mondo alternativo” Ma Alvin è protetto da tutte le energie positive del Creato, perché, secondo un’antica profezia, “il settimo figlio di un settimo figlio avrà in sé poteri tali da far tremare il mondo”.

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«Avete la mia parola» disse Makepeace Smith. «E non c’è bisogno di metterlo per iscritto. Un uomo che mantiene la sua parola non ha bisogno di saper leggere e scrivere. Ma uno che le sue promesse deve metterle per iscritto, dev’essere sorvegliato giorno e notte. Lo so per esperienza. Anche qui a Hatrack sono arrivati gli avvocati».

«La maledizione della civiltà» ghignò Scambiastorie. «Quando un uomo non riesce più a convincere gli altri delle sue bugie, assume un professionista che le racconti al suo posto».

Risero insieme, mettendosi a sedere su due grossi ceppi di legno collocati subito oltre la soglia della fucina, mentre il fuoco ardeva nella fornace di mattoni alle loro spalle e il sole scintillava sulla neve fangosa. Un pettirosso sfrecciò attraverso il piazzale erboso, pesticciato e cosparso di escrementi di cavalli, che si apriva davanti alla costruzione. Scambiastorie per un istante fu come abbagliato da quell’apparizione inaspettata sullo sfondo del bianco, del grigio e del marrone della fine dell’inverno.

In quel momento di meraviglia dinanzi al volo del pettirosso, Scambiastorie seppe per certo, anche se non avrebbe saputo dirne il perché, che sarebbe trascorso parecchio tempo prima che il Distruttore permettesse al giovane Alvin di giungere fin lì. E quando fosse arrivato, sarebbe stato come un pettirosso fuori stagione. Avrebbe abbagliato tutti, anche se non se ne sarebbero resi conto e lo avrebbero ritenuto altrettanto naturale di un uccello in volo, senza rendersi conto di quale miracolo fosse ogni istante in cui l’uccello restava sospeso nell’aria.

Scambiastorie si riscosse, e la visione svanì. «Allora siamo d’accordo. Scriverò loro di mandarvi il ragazzo».

«Non più tardi del primo di aprile».

«A meno che non pensiate che il ragazzo sia capace di comandare le stagioni, sarà meglio che non gl’imponiate termini troppo precisi».

Il fabbro brontolò qualcosa, licenziandolo con un gesto. Nel complesso, la trattativa era andata bene. Scambiastorie se ne andò di ottimo umore. Aveva compiuto il suo dovere. Spedire la lettera non sarebbe stato un problema; dalla cittadina di Hatrack passavano tutte le settimane carovane dirette a ovest.

Sebbene fosse trascorso molto tempo dall’ultima volta che si era recato in quei luoghi, riconobbe subito la strada che dalla fucina portava alla locanda. Era una strada ben battuta e non molto lunga. La locanda era molto più grande di prima, e più avanti, sulla strada, adesso sorgevano alcune botteghe. Un sellaio, un calzolaio, un ferramenta. Il genere di servizi utili a gente che viaggia.

Aveva appena messo piede sulla veranda quando la porta si spalancò e la vecchia Peg Guester ne uscì a braccia aperte. «Ah, Scambiastorie, troppo tempo siete stato via! Entrate, entrate!»

«Sono contento di rivedervi, Peg» disse Scambiastorie.

Horace Guester gli rivolse un grugnito da dietro il bancone della sala comune, dov’era intento a servire alcuni ospiti assetati. «Un altro astemio è proprio l’ultima cosa di cui avevamo bisogno!»

«Allora ho buone notizie per voi, Horace» ribatté Scambiastorie. «Ho smesso di bere anche il tè».

«E che bevete allora? Acqua? »

«Acqua, e sangue di vecchi grassoni» rise Scambiastorie.

Horace fece un gesto in direzione della moglie. «Tieni quest’uomo alla larga da me, vecchia Peg, hai capito?»

La vecchia Peg aiutò Scambiastorie a togliersi diversi strati di vestiario. «Ma guardatelo» disse, squadrandolo. «Con la poca carne che vi è rimasta addosso non ci si farebbe neanche il brodo».

«È perché di notte orsi e pantere mi lascino perdere e vadano in cerca di pasti un po’ più appetitosi» ribatté Scambiastorie.

«Venite a raccontarmi qualcuna delle vostre storie, mentre preparo la cena per la compagnia».

Seguirono chiacchiere e racconti, soprattutto quando il nonno arrivò per dare una mano. Era molto invecchiato, ma dava ancora il suo contributo in cucina, con notevole vantaggio per tutti coloro che ne usufruivano. La vecchia Peg era piena di buone intenzioni e lavorava sodo, ma in cucina c’è chi ha il dono e chi no. Ma non era per il cibo che Scambiastorie era giunto fin lì, né per la conversazione, e dopo qualche tempo si rese conto che al punto doveva arrivarci lui stesso. «Dov’è vostra figlia?»

Con sua grande sorpresa, la vecchia Peg s’irrigidì e la sua voce si fece fredda e scostante. «Non è più così piccola. Adesso vuole fare di testa sua, e non manca di farcelo sapere».

E a voi la cosa non piace affatto, pensò Scambiastorie. Ma il suo interesse per la ragazza era più importante dei dissidi familiari. «È ancora una…».

«Una fiaccola? Sì, certo, fa quello che deve fare, ma chi viene a chiederle aiuto non lo fa certo per piacere. Fredda e altezzosa, ecco com’è diventata. La conoscono tutti come una lingua tagliente». Per un istante l’espressione della vecchia Peg si addolcì. «Pensare ch’era una bambina così tenera».

«Non ho mai visto un cuore tenero indurirsi» osservò Scambiastorie. «Almeno, non senza una buona ragione».

«Be’, qualunque sia la ragione, il suo cuore ha fatto una crosta simile a quella di un secchio d’acqua in una notte d’inverno».

Scambiastorie si trattenne a stento dal dire che, se uno spezza il ghiaccio, quello si riforma immediatamente, ma se si porta il secchio dentro casa farà presto a sciogliersi. Inutile intromettersi in una lite familiare. Aveva una sufficiente esperienza della vita per considerare quel particolare dissidio un evento naturale, come il vento gelido e le brevi giornate d’autunno, come il tuono dopo il fulmine. La maggioranza dei genitori non aveva la minima idea di come si affronta un figlio non più bambino e non ancora adulto.

«Ho bisogno di parlarle» si limitò a dire. «Anche se mi stacca la testa con un morso, è un rischio che debbo correre».

La trovò nello studio del dottor Whitley, intenta a rivedere i conti del medico. «Non sapevo che t’intendessi di contabilità» disse.

«E io non sapevo che ve l’intendeste con i dottori» ribatté lei. «Oppure siete venuto qui per assistere al miracolo di una ragazza che fa somme e sottrazioni?»

Eh già, proprio un bel caratterino. Adesso Scambiastorie capiva come quel genere di spirito potesse mettere a disagio quelli — e non erano pochi — che da una ragazza si aspettavano che tenesse lo sguardo fisso a terra, parlasse a voce bassa, e solo di tanto in tanto scoccasse qualche timida occhiata da sotto le ciglia abbassate. In Peggy non c’era la minima traccia di falsa modestia. La ragazza lo guardò diritto negli occhi senza mostrare imbarazzo alcuno.

«Non sono venuto qui per farmi curare o per farmi leggere il futuro» disse Scambiastorie. «E nemmeno per farmi rivedere i conti».

E, come c’era da aspettarsi, al momento in cui un uomo le rispondeva nello stesso tono senza perdere le staffe, lei gli scoccò un sorriso così incantevole da far scomparire le bolle dalla pelle di un rospo. «Non ricordo che aveste granché da sommare o sottrarre» gli disse. «Zero più zero fa zero, mi pare».

«Ti sbagli, Peggy. Sono padrone del mondo intero, ma gl’inquilini non sono stati troppo puntuali coi pagamenti».

Peggy sorrise di nuovo e mise da parte il registro del medico. «Gli faccio i conti una volta al mese, e lui in cambio quando va a Dekane mi porta dei libri da leggere». Gli parlò di ciò che leggeva, e Scambiastorie cominciò a capire che il suo cuore spaziava ben oltre il fiume Hatrack. Vide anche altre cose: che Peggy, essendo una fiaccola, conosceva fin troppo bene la gente intorno a lei ed era convinta che altrove avrebbe potuto trovare gente dall’animo limpido come una gemma, che non avrebbe mai deluso una ragazza capace di leggere nell’intimo dei cuori.

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