Orson Card - Il settimo figlio

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Alvin Miller è venuto al mondo in un’America in cui bianchi e indiani vivono in pace e George Washington è stato decapitato dagli inglesi. Magie, incantesimi e misteriose potenze negative sono presenze quotidiane e normali in questo “mondo alternativo” Ma Alvin è protetto da tutte le energie positive del Creato, perché, secondo un’antica profezia, “il settimo figlio di un settimo figlio avrà in sé poteri tali da far tremare il mondo”.

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Orson Scott Card

Il settimo figlio

A Emily Jan,

che non resterà mai

a corto d’incantesimi

I

MARIA LA SANGUINARIA

Quando doveva raccogliere le uova, la piccola Peggy agiva con estrema cautela. Rovistava nella paglia con la mano finché le sue dita non s’imbattevano in qualcosa di duro e pesante. Gli escrementi di pollo non la preoccupavano. In fin dei conti, quando alla locanda alloggiavano famiglie con bambini piccoli, la mamma non si faceva né in qua né in là nemmeno dinanzi ai pannolini più spettacolosi. Anche quando gli escrementi di pollo erano bagnati e filamentosi e le appiccicavano insieme le dita, la piccola Peggy non se ne dava per inteso, ma si limitava a farsi strada nella paglia, a chiudere le dita sull’uovo e a tirarlo fuori dal nido di legno. Tutto questo in punta di piedi su uno sgabello traballante, protendendo la mano in alto sopra la testa. La mamma diceva sempre che era troppo piccina per andare a prendere le uova, ma la piccola Peggy teneva a dimostrarle che non era vero. Tutti i giorni frugava in tutti i nidi e riportava a casa tutte le uova, senza lasciarne neanche uno. Sissignori, proprio così.

Tutti, si ripeteva mentalmente. Devo frugare in tutti quanti.

Poi la piccola Peggy tornò a guardare nell’angolo di nord-est, l’angolo più buio di tutto il pollaio, ed ecco lì Maria la Sanguinaria accovacciata nel suo nido, più brutta di un incubo di Satana, che con quegli occhiacci maligni scintillanti d’odio le diceva: vieni qui bambina e lasciati beccare. Voglio beccarti sul pollice e su tutte le altre dita, e se ti avvicini abbastanza e cerchi di prendermi l’uovo, ti beccherò anche in un occhio.

La maggior parte degli animali non possedeva una gran fiamma vitale, ma quella di Maria la Sanguinaria era bella forte e produceva fumo avvelenato. Nessun altro poteva vederla, ma la piccola Peggy sì. Maria la Sanguinaria sognava la morte di tutti gli esseri umani, e in particolar modo quella di una certa bambina di cinque anni; la piccola Peggy aveva sulle dita i segni che lo dimostravano. Uno, per lo meno, e sebbene papà sostenesse di non vederlo, la piccola Peggy ricordava come se lo era procurato, e nessuno poteva fargliene una colpa se qualche volta si scordava di mettere la mano nel nido di Maria la Sanguinaria, accovacciata lassù come un bandito di strada che aspetta di far fuori il primo che soltanto prova a passare da quelle parti. Nessuno si sarebbe arrabbiato se lei ogni tanto si scordava di andarci a guardare.

Me ne sono scordata. Ho guardato in tutti i nidi, in tutti, e se ne ho saltato uno è perché me ne sono scordata, scordata, scordata.

Tutti sapevano che Maria la Sanguinaria era una gallina assolutamente odiosa, e che comunque era troppo cattiva per deporre uova che non fossero marce.

Me ne sono scordata.

Quando entrò in casa col cestino delle uova, la mamma non aveva ancora finito di preparare il fuoco. La mamma ne fu così soddisfatta che permise alla piccola Peggy di mettere le uova una alla volta nell’acqua fredda; poi appese la pentola al gancio, che fece ruotare in modo da portarlo direttamente sul fuoco. Per bollire le uova non importa aspettare che la legna diventi brace, è una cosa che si può fare col fumo e tutto.

«Peg» disse papà.

Così si chiamava la mamma, ma papà non aveva pronunciato quel nome con la voce con cui di solito si rivolgeva alla mamma. L’aveva pronunciato con la voce alla piccola-Peggy-sei-nei-pasticci, e la piccola Peggy capì di essere stata scoperta, assolutamente scoperta, perciò si voltò di scatto e urlò quello che fin dall’inizio si era proposta di dire.

«Me ne sono scordata, papà!»

La mamma si voltò a guardare sorpresa la piccola Peggy. Ma papà non sembrò sorpreso, e si limitò a sollevare un sopracciglio. Aveva una mano dietro la schiena, e la piccola Peggy capì che in quella mano c’era un uovo. Lo schifosissimo uovo di Maria la Sanguinaria.

«Di che ti sei scordata, piccola Peggy?» chiese sommessamente papà.

In quel preciso istante la piccola Peggy pensò di essere la bambina più stupida mai comparsa sulla faccia della terra. Eccola lì che si metteva a negare prima ancora di essere accusata di qualcosa.

Ma non era disposta a cedere, almeno non così, non subito. Non riusciva a sopportare che si arrabbiassero con lei, e avrebbe tanto voluto che la lasciassero andare a vivere in Inghilterra. Perciò assunse la sua espressione più innocente e disse: «Non lo so, papà».

Si figurava che l’Inghilterra fosse il miglior posto in cui andare a vivere perché l’Inghilterra aveva un Lord Protettore. Da ciò che scorgeva nello sguardo di papà, un Lord Protettore era esattamente ciò di cui avrebbe avuto bisogno in quel momento.

«Di che ti sei scordata?» chiese di nuovo papà.

«Dillo e falla finita, Horace» disse mamma. «Se ha sbagliato, ha sbagliato».

«Me ne sono scordata una volta soltanto» disse la piccola Peggy. «È una vecchia gallinaccia cattiva, e non mi può vedere».

«Una volta soltanto» ripeté papà scandendo sommessamente le parole.

Poi tirò fuori la mano da dietro la schiena. E in quella mano non c’era un uovo soltanto, ma un intero cestino. E quel cestino conteneva un ammasso di paglia — probabilmente tutta la paglia del nido di Maria la Sanguinaria — e la paglia era appiccicata in un unico blocco, con pezzi di guscio e tuorli e chiare essiccate e i cadaverini mangiucchiati di tre o quattro pulcini.

«Era proprio necessario portarmi in casa questa roba prima di colazione, Horace?» chiese la mamma.

«Non so che cosa mi faccia arrabbiare di più» disse papà. «Se il malestro che ha combinato, o la bugia che è andata ad inventarsi».

«Non mi sono inventata nulla e non ho detto bugie!» strillò la piccola Peggy. O se non altro ci provò. Quello che venne fuori somigliava stranamente al pianto, sebbene solo il giorno prima la piccola Peggy avesse deciso che non si sarebbe più lasciata sfuggire una sola lacrima per il resto dei suoi giorni.

«Visto?» disse la mamma. «Già le dispiace».

«Le dispiace di essere stata sbugiardata» replicò papà. «Sei troppo tenera con lei, Peg. È portata a mentire. Non voglio che diventi cattiva. Preferirei vederla morta come le sue sorelline, piuttosto che vederla diventare cattiva».

La piccola Peggy vide la fiamma vitale di mamma incendiarsi di ricordi, e davanti a sé scorse un neonato graziosamente composto in una piccola bara, e poi un altro, solo che questo non era così grazioso perché era la seconda bambina, Missy, quella che siccome era morta di vaiolo nessuno la voleva toccare tranne sua madre, che a sua volta era ancora così debole per la malattia che non aveva potuto fare granché. La piccola Peggy vide quella scena e capì che papà aveva commesso un errore nel dire quel che aveva detto, perché l’espressione di mamma si era fatta di gelo anche se la sua fiamma vitale continuava a divampare.

«Questa è la cosa più cattiva che qualcuno abbia mai detto in mia presenza» disse la mamma. Poi prese dal tavolo quel cestino colmo di corruzione e uscì di casa.

«Maria la Sanguinaria mi becca la mano» si difese la piccola Peggy.

«Adesso vedremo se c’è qualcosa che becca ancora di più» disse papà. «Per aver lasciato le uova ti darò una sola frustata, perché capisco che a una ranocchietta come te quella vecchia gallina lunatica possa anche fare paura. Ma per le bugie che hai raccontato te ne darò altre dieci».

A questa notizia, la piccola Peggy pianse a dirotto. Papà era scrupoloso e imparziale in tutto, specialmente per quanto riguardava le frustate.

Papà prese la verga di nocciolo dallo scaffale più alto. La teneva lassù da quando la piccola Peggy aveva buttato quella vecchia nel fuoco, riducendola in cenere.

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