Orson Card - Il settimo figlio

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Alvin Miller è venuto al mondo in un’America in cui bianchi e indiani vivono in pace e George Washington è stato decapitato dagli inglesi. Magie, incantesimi e misteriose potenze negative sono presenze quotidiane e normali in questo “mondo alternativo” Ma Alvin è protetto da tutte le energie positive del Creato, perché, secondo un’antica profezia, “il settimo figlio di un settimo figlio avrà in sé poteri tali da far tremare il mondo”.

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Gradualmente si accorse che il Messo aveva cambiato forma, che adesso aveva assunto la sagoma allungata di un animale, una lucertola, un alligatore dalle squame colorate e scintillanti, che si allungava sempre più, finché il suo corpo fu talmente lungo da fare l’intero giro della sala, un verme immenso che si stringeva la coda tra le zanne.

E in cuor suo Thrower capì di essere minuscolo e insignificante in confronto a quell’essere glorioso che scintillava di mille colori diversi, che risplendeva di fuoco interiore, che respirava l’oscurità per esalare luce. Io Ti adoro! gridò dentro di sé. Tu sei tutto ciò che desidero! Baciami col Tuo amore, affinché io possa gustare la Tua gloria!

All’improvviso il Messo si arrestò, e le immense fauci si avvicinarono a lui. Non per divorarlo, perché Thrower sapeva di esserne indegno. Il pastore scorgeva adesso la terribile condizione dell’uomo: capì di trovarsi sospeso sull’abisso infernale come un ragno aggrappato a un filo sottilissimo, e l’unico motivo per cui Dio non lo faceva cadere era perché non lo riteneva degno nemmeno della distruzione. Dio non lo odiava, ma lo disprezzava per la sua viltà.

Thrower guardò il Messo negli occhi e perse ogni speranza. Perché non vi scorse né amore né perdono né ira né disprezzo. Quegli occhi erano completamente vuoti. Le squame rifrangevano il bagliore accecante d’un fuoco interiore. Ma, negli occhi, non v’era traccia di quel fuoco. E neanche erano neri. Semplicemente non c’erano, c’era soltanto un vuoto spaventoso che vibrava, che non voleva restare immobile, e Thrower capì che quello era il suo riflesso, capì di non essere nulla, che continuare a esistere sarebbe stato un ignobile spreco di spazio prezioso, che l’unica possibilità rimastagli era l’annullamento, la completa distruzione, così da restituire al mondo quella gloria che avrebbe posseduto se Philadelphia Thrower non avesse mai visto la luce.

Fu la preghiera di Thrower a svegliare Armor, accoccolato accanto alla stufa Franklin. Forse l’aveva caricata un po’ troppo, ma gli era sembrata l’unica soluzione per vincere il freddo. Quando era entrato in chiesa, la sua camicia era ormai un unico blocco di ghiaccio. Avrebbe portato al pastore un po’ di carbone per sdebitarsi.

Armor stava per annunciare la propria presenza, ma quando udì le parole che il pastore stava pronunciando restò ammutolito. Thrower andava parlando di coltelli e di arterie e di come avrebbe dovuto fare a pezzi i nemici di Dio.

Qualche momento dopo tutto divenne chiaro. Thrower non era andato dai Miller per salvare il ragazzo, ma per ucciderlo! Ci dev’essere qualcosa di sbagliato, pensò Armor, se un marito cristiano batte la moglie, e una moglie cristiana getta un incantesimo sul marito, e un pastore cristiano architetta un omicidio e invoca il perdono divino perché non è riuscito a commettere il crimine!

A un tratto, tuttavia, Thrower smise di pregare. La sua voce si era fatta così roca e il viso così rosso che Armor temette che stesse per venirgli un colpo apoplettico. Ma no. Thrower alzò la testa come se stesse ascoltando qualcuno. Anche Armor si mise in ascolto, ed effettivamente udì qualcosa, come un’eco confusa di voci in un temporale, senza tuttavia riuscire a distinguere le parole.

Adesso capisco, pensò Armor. Il reverendo Thrower ha una visione.

A conferma della sua intuizione, Thrower disse qualcosa, e la voce lontana rispose, e poco dopo il pastore cominciò a ruotare su se stesso, sempre più in fretta, come per guardare qualcosa che faceva il giro delle pareti. Armor aguzzò lo sguardo, ma per quanto si sforzasse non riuscì a distinguere di che si trattasse. Era come un’ombra davanti al sole, qualcosa che non si vedeva arrivare e non si vedeva andar via, ma per un istante tutto si faceva più buio e più freddo. Ecco ciò che vide Armor.

Poi smise. Armor scorse un luccichio nell’aria, un riflesso vago, come quando una lastra di vetro coglie la luce del sole. Thrower stava forse scorgendo la gloria di Dio, come Mosè? A giudicare dall’espressione del pastore, era improbabile. Armor non aveva mai visto un’espressione del genere. Come quella di un uomo costretto ad assistere all’uccisione del figlioletto in fasce.

Il luccichio e i riflessi scomparvero. La chiesa era immersa nel silenzio. Armor avrebbe voluto correre da Thrower e chiedergli: Che cos’avete visto? Qual era la vostra visione? Era forse una profezia?

Ma Thrower non aveva l’aria di uno disposto a rispondere a nessuna domanda. A giudicare dall’espressione, in quel momento avrebbe preferito morire. Il pastore si allontanò lentamente dall’altare. Si aggirò tra le panche, talvolta urtandone una, senza guardare e senza curarsi di dove il suo corpo lo portasse. Alla fine si trovò di fronte alla finestra, lo sguardo rivolto al vetro, ma Armor si rese conto che non vedeva nulla; se ne stava semplicemente lì, con gli occhi spalancati, la morte dipinta sul viso.

Il reverendo Thrower sollevò la mano destra aperta e posò il palmo sul vetro. E cominciò a premere. A premere e a spingere tanto forte che Armor poté vedere il vetro flettersi verso l’esterno. «Basta!» gridò Armor. «Vi farete male!»

Thrower non diede segno di aver sentito, ma continuò a premere. Armor si alzò. Bisognava fermarlo prima che il vetro si rompesse e lui si tagliasse.

Con uno schianto il vetro andò in frantumi. Il braccio di Thrower vi s’infilò fino alla spalla. Il pastore sorrideva. Quindi ritrasse parzialmente il braccio e cominciò a farlo scorrere lungo la cornice, premendolo contro i frammenti di vetro ancora incastrati nello stucco.

Armor cercò di allontanarlo dalla finestra, ma il pastore pareva avere acquistato una forza sovrumana. Alla fine Armor dovette saltargli addosso in modo da trascinarlo sul pavimento. Il sangue era schizzato dappertutto. Armor afferrò il braccio insanguinato di Thrower, che cercò di sottrarsi alla presa rotolando su se stesso. Armor non aveva scelta. Per la prima volta nella sua vita di cristiano, chiuse il pugno e sferrò un cazzotto al mento di Thrower. La testa del pastore andò a sbattere contro il pavimento, e l’uomo perse i sensi all’istante.

Debbo fermare il sangue, pensò Armor. Ma prima di tutto bisognava togliere i pezzi di vetro. Alcuni dei frammenti più grossi erano entrati solo parzialmente, ed estrarli era facile. Ma altri frammenti, i più piccoli, erano penetrati in profondità nella carne, così che solo la punta restava visibile, e in più questa era resa viscida dal sangue ed era difficile far presa. Alla fine, comunque, Armor aveva estratto tutti i frammenti di vetro ch’era riuscito a trovare. Fortunatamente non c’era una sola ferita da cui il sangue sgorgasse a fiotti, perciò non doveva esser stato reciso nessun vaso sanguigno importante. Armor si tolse la camicia, restando a torso nudo nella corrente gelida che entrava dalla finestra. Ma non se ne curò. Strappò la camicia in modo da ricavarne delle bende. Fasciò le ferite e arrestò il sangue. Quindi si mise a sedere e attese che Thrower riprendesse i sensi.

Con sua grande sorpresa, Thrower scoprì di non essere morto. Era supino su un duro pavimento di legno, ed era coperto da qualcosa di pesante. Gli faceva male la testa, e soprattutto il braccio. Ricordò che aveva cercato di tagliarsi le vene, e pensò che avrebbe dovuto riprovarci, ma non riusciva a ritrovare in sé la stessa volontà di morire. Ricordava il Messo sotto forma di gigantesco rettile, ne ricordava i terribili occhi vuoti, però non riusciva più a ricordare ciò che aveva provato. Sapeva soltanto che era la sensazione peggiore che un essere umano potesse provare.

Il braccio era fasciato strettamente. Chi era stato?

Udì uno sciabordio d’acqua. Poi il rumore di uno straccio bagnato sbattuto contro il legno. Nella luce crepuscolare che entrava dalla finestra, riuscì a distinguere la sagoma di qualcuno che lavava la parete. Uno dei riquadri della finestra era chiuso da una tavola.

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