Lungo il tragitto incontrò due persone. La prima era la signora Hatch, a cassetta di un carro carico di vettovaglie. Quando vide Measure con indosso il perizoma e tutto sporco di terra, urlò… Non si poteva darle torto se pensò che fosse un Rosso venuto per toglierle lo scalpo. Prima che Measure riuscisse ad aprir bocca per chiamarla, la signora Hatch era già scappata come il vento. Be’, tanto di guadagnato. Measure quasi strappò il cavallo dai suoi finimenti, e un istante dopo gli era balzato in groppa e cavalcandolo a pelo lo aveva spinto al galoppo, nella speranza che la bestia non inciampasse in qualche sasso disarcionandolo.
La seconda persona che incontrò lungo il tragitto fu Corazza-di-Dio. Armor era inginocchiato in mezzo al pascolo comune, di fronte al suo magazzino, e pregava fervidamente, mentre dall’altra parte del fiume tuonavano i cannoni e crepitava la fucileria. Measure gli diede una voce, e Armor lo guardò con la faccia che avrebbe potuto fare davanti a Gesù morto e risuscitato. «Measure!» gridò. «Ferma, ferma!»
Measure stava per dirgli che doveva andare, che non aveva tempo, ma Armor si gettò in mezzo al sentiero, il cavallo si spaventò, e Measure fu costretto a fermarsi. «Measure, sei proprio tu? O sei piuttosto un’anima dell’oltretomba?»
«Sì, sono io, in carne e ossa, anche se non certo per merito di Harrison. Ha cercato di farmi ammazzare. Ma sono vivo, e anche Alvin. Tutta questa faccenda l’ha escogitata Harrison, e io debbo fermarlo.»
«Be’, non puoi andarci, in quelle condizioni» disse Armor. «Aspetta, ti dico! Non puoi presentarti con addosso un perizoma e tutto coperto di terra. Qualcuno ti prenderebbe certamente per un Rosso, e ti sparerebbe senza pensarci due volte!»
«Allora saltate sul cavallo dietro a me. Una volta al traghetto, mi darete i vostri vestiti.»
Così Measure issò Corazza-di-Dio dietro di sé, e insieme galopparono fino al traghetto.
Ad azionare l’argano c’era la moglie di Peter Ferryman. Non appena vide Measure, capì di che cosa si trattava. «Fate presto» disse. «Il fiume si sta tingendo di rosso.»
Sul traghetto Armor si tolse i vestiti, mentre Measure si tuffava brevemente in acqua, noncurante del sangue, per togliersi di dosso un po’ di terra. Non ne uscì fuori pulito, ma per lo meno aveva di nuovo una vaga rassomiglianza con un Bianco. Bagnato com’era, s’infilò la camicia e i calzoni di Armor, quindi il panciotto. La taglia non era esattamente la sua — Armor era di corporatura più minuta — ma Measure riuscì in qualche modo a infilarsi anche la giacca. Alla fine disse: «Mi dispiace di lasciarvi in mutande».
«Starei nudo mezza giornata di fronte a tutte le signore riunite per la funzione domenicale, se servisse a fermare questo massacro» replicò Armor. Se aggiunse qualcos’altro, Measure non lo udì, perché era già ripartito al galoppo.
Per Alvin Miller Senior, niente stava andando come se l’era figurato. Nell’immaginazione, si era visto sparare col suo moschetto a quegli stessi selvaggi urlanti che avevano massacrato i suoi ragazzi. La città, tuttavia, si era rivelata vuota, e i Rossi li avevano trovati tutti ammassati sul Prato della Parola, come se si fossero recati lì ad ascoltare una predica del Profeta. Non avendoli mai veduti tutti insieme, Miller non avrebbe mai creduto che a Prophetstown ci fossero tanti Rossi. Ma erano pur sempre Rossi, no? Così scaricò ugualmente il suo moschetto, proprio come facevano gli altri. Sparava e ricaricava, sparava e ricaricava, senza nemmeno badare se i suoi colpi andavano a segno. Come avrebbe potuto sbagliare, tirando così nel mucchio? Era accecato dalla sete di sangue, pazzo di rabbia, esaltato dal potere di uccidere. Così non si accorse che alcuni dei suoi compagni si erano fatti silenziosi, e che le fucilate si andavano diradando. Miller ricaricava e sparava, ricaricava e sparava, ogni volta avanzando di un paio di passi, uscendo dal riparo della foresta, portandosi allo scoperto sulla radura. Solo quando i soldati spinsero avanti i cannoni Miller smise di sparare e si fece da parte a guardare la mitraglia mietere le sue vittime in mezzo alla folla dei Rossi come un’immensa falce fienaia.
Solo allora si rese conto di ciò che stava accadendo ai Rossi, di ciò che facevano, di ciò che non facevano. Non urlavano. Non si difendevano. Si limitavano a starsene lì, uomini, donne e bambini, a guardare i Bianchi che li facevano a pezzi. Non uno di loro volse le spalle alla grandinata di shrapnel. Non un genitore cercò di proteggere i figli dalle pallottole. Se ne stavano lì, aspettavano, morivano.
La mitraglia apriva larghi varchi in mezzo alla folla; l’unica cosa che potesse fermare quella pioggia di metallo erano i corpi umani. Miller vedeva i Rossi cadere. Quelli che ci riuscivano, si tiravano di nuovo in piedi, o almeno in ginocchio, o sollevavano la testa sopra la massa dei cadaveri in modo che la scarica successiva potesse finirli.
Che succedeva, volevano forse morire?
Miller si guardò intorno. Lui e coloro che gli stavano intorno, giunti ormai là dove si era trovato il margine esterno della folla dei Rossi, erano ritti in un mare di cadaveri. Proprio ai suoi piedi giaceva rannicchiato il corpo di un ragazzo non più grande di Alvin, con un occhio perforato da una palla di moschetto. Forse a ucciderlo sono stato io.
Nelle pause tra una scarica e l’altra, Miller udì qualcuno piangere. Non i Rossi, quelli tra loro che erano ancora in vita, stretti in un gruppo sempre meno numeroso in fondo al pendio, vicino al fiume. No, a piangere erano i suoi vicini, gli uomini bianchi in piedi vicino a lui o alle sue spalle. Alcuni di loro anzi parlavano, supplicavano. Basta, dicevano. Vi prego, basta.
Vi prego, basta. Parlavano forse ai cannoni? O ai Rossi, uomini e donne, che insistevano a restarsene lì, senza cercar di scappare, senza urlare di paura? O ai loro figli, che affrontavano le armi da fuoco con lo stesso coraggio dei genitori? O si rivolgevano alla terribile sofferenza che rodeva il loro cuore, vedendo quello che avevano fatto, che stavano facendo, che avrebbero fatto?
Miller si accorse che il sangue non veniva assorbito dall’erba del prato. Sgorgando dalle ferite di coloro che erano stati colpiti per ultimi, formava rivoletti, ruscelli, torrenti di sangue che correvano lungo il pendio fino a riversarsi nel Tippy-Canoe. Sotto quel cielo limpido e sereno, l’acqua del fiume rifletteva i vividi raggi del sole mattutino.
Mentre Miller la guardava, all’improvviso l’acqua del fiume si fece liscia come il vetro. La luce del sole ora non danzava più sul pelo dell’acqua, ma ne veniva riflessa come da uno specchio, quasi accecante. E in quella luce, Miller scorse un uomo rosso che camminava da solo sull’acqua, proprio come Gesù nei Vangeli, in piedi sull’acqua in mezzo al fiume.
Alle sue spalle non si levava più solo un triste mormorio. Era un grido, che veniva ripreso da voci sempre più numerose. Smettete di sparare! Basta! Mettete giù i fucili! E poi altre voci, che parlavano dell’uomo in piedi sull’acqua.
Si udì squillare una tromba. Gli uomini tacquero. «È il momento di finirli, uomini!» urlò Harrison dalla sommità del pendio. In sella a uno stallone che si impennava di continuo, guidava i suoi uomini giù per il prato viscido di sangue. Dietro a lui non c’era nessuno degli abitanti del luogo, ma solo i suoi soldati in uniforme che si disposero in riga e cominciarono a scendere con le baionette innestate. Dove una volta c’erano stati diecimila Rossi, ora c’era soltanto un campo di cadaveri, mentre i rari superstiti, ormai non più di un migliaio, si raccoglievano sulla sponda del fiume in fondo al pendio.
Proprio in quel momento un giovane bianco di alta statura uscì di corsa dal bosco ai piedi della collina, con indosso un vestito troppo piccolo per la sua taglia, scalzo, con la giacca e il panciotto sbottonati, i capelli arruffati e stillanti d’acqua, la faccia sudicia e bagnata. Ma Miller lo riconobbe, lo riconobbe prima ancora di udirne la voce.
Читать дальше