Annuirono, accettarono. Era pura e semplice questione di giustizia. Non avrebbero potuto restituire la vita ai morti, ma per lo meno non sarebbero circolate menzogne a proposito del modo in cui li avevano uccisi. Nessuno avrebbe mai potuto sostenere che quella del Tippy-Canoe fosse stata una vittoria, o anche solo una battaglia. Era stato un massacro, e a commetterlo erano stati i Bianchi, e nessun Rosso aveva alzato una mano per commettere atti di violenza o anche solo per difendersi. Niente scuse, niente reticenze; tutti l’avrebbero saputo.
Restava solo una questione… la colpevolezza dell’uomo sullo stallone che continuava a impennarsi.
«Assassino Bianco Harrison!» gridò il Profeta. «Vieni da me!»
Harrison scosse la testa, cercò di far voltare il cavallo; ma le redini gli scivolarono dalle mani insanguinate, e il cavallo scese al piccolo trotto lungo il pendio. Tutti i Bianchi lo guardarono in silenzio, odiandolo per il modo in cui egli li aveva ingannati, sobillati, scovando l’assassino che si celava nel cuore di ciascuno di loro e costringendolo a venire allo scoperto. Il cavallo lo condusse fin sulla sponda. Harrison abbassò lo sguardo sul Rosso orbo da un occhio che una volta era stato seduto sotto la sua scrivania e gli aveva implorato l’elemosina di qualche goccia di whisky del suo boccale.
«La tua maledizione è la stessa» disse il Profeta «solo che la tua è una storia molto più lunga e sgradevole. E per raccontarla, non aspetterai di trovarti di fronte a qualche estraneo… Ogni giorno della tua vita dovrai cercare qualcuno che non abbia ancora udito questa storia dalle tue labbra, e raccontargliela — ogni giorno! — o le tue mani gronderanno sangue. E se tu decidessi di nasconderti, se per non trovare ogni giorno una persona nuova a cui raccontarla pensassi di vivere con le mani lorde di sangue, avvertiresti il dolore delle ferite che hai inferto alla mia gente, ogni giorno una nuova ferita, finché non avessi di nuovo raccontato la tua storia a qualcuno, una volta per ogni giorno mancato. Non provare a ucciderti… non ci riusciresti. Vagherai da un capo all’altro delle regioni abitate dagli uomini bianchi. La gente vedendoti arrivare andrà a nascondersi, paventando il suono della tua voce; e tu la scongiurerai di fermarsi ad ascoltare. Tutti dimenticheranno il tuo vero nome, e ti chiameranno con quello che oggi ti sei guadagnato: Tippy-Canoe. Questo è il tuo nuovo nome, Assassino Bianco Harrison. Il tuo vero nome, finché non morirai di vecchiaia tra molti, molti anni.»
Harrison si chinò sulla criniera del suo cavallo e pianse affondando il viso tra le mani insanguinate. Ma le sue erano lacrime di rabbia, non di vergogna o di dolore. Lacrime di rabbia perché tutti i suoi piani erano andati in fumo. Se avesse potuto, avrebbe ucciso il Profeta all’istante. Avrebbe girato in lungo e in largo alla ricerca di qualche strega o stregone in grado di spezzare quell’incantesimo. Non poteva tollerare di essere sconfitto da quel miserabile Rosso orbo da un occhio.
Dalla sponda, Measure rivolse la parola al Profeta. «E ora dove andrai, Tenska-Tawa?»
«A ovest» disse Tenska-Tawa. «Assieme alla mia gente, a coloro che ancora credono in me, andrò a ovest del Mizzipy. Quando racconterai la tua storia a qualche uomo bianco, ricordati di dire anche questo: che la terra a ovest del Mizzipy appartiene all’uomo rosso. Nessun Bianco potrà metterci piede. La terra non potrebbe sopportarlo. Il vostro fiato è morte; il vostro tocco è veleno; le vostre parole, menzogna; la terra vivente vi respinge.»
E, voltate le spalle ai Bianchi, s’incamminò verso i Rossi che lo attendevano sull’altra riva, e aiutò un bambino ferito a risalire il pendio dall’altra parte finché insieme non scomparvero nella foresta. Dietro di lui, l’acqua del Tippy-Canoe riprese a scorrere.
Miller scese lungo il pendio finché non fu accanto al figlio, in piedi sulla riva del fiume. «Measure» disse. «Measure, Measure.»
Measure si voltò e tese le mani per abbracciare il padre. «Alvin è vivo, papà, laggiù a est. È assieme a Ta-Kumsaw, e…»
Ma Miller lo zittì, afferrandolo per le mani. Anche quelle di Measure grondavano sangue, come quelle del padre. Miller scosse la testa. «È colpa mia» disse. «Tutta colpa mia.»
«No, papà» lo contraddisse Measure. «Quando la colpa è così grande, tutti possono assumersene una parte.»
«Ma non tu, figliolo. Quella che hai sulle mani è la mia vergogna.»
«Be’, allora forse ti sarà meno pesante, se la porteremo in due.» Measure tese le mani e prese il padre per le spalle. «Abbiamo visto il peggio che un uomo possa fare, e siamo stati il peggio che un uomo possa essere. Ma questo non vuol dire che un giorno non possiamo anche vedere il meglio. E se dopo quello che è successo non potremo mai giungere alla perfezione, possiamo pur sempre provare a diventare migliori, no?»
Forse, pensò Miller. Ma ne dubitava. O forse dubitava di poterci mai credere, anche se fosse stato vero. D’allora in poi, non avrebbe più potuto guardare nel proprio cuore e approvare ciò che vi avrebbe trovato.
In piedi sulla sponda, attesero l’arrivo degli altri figli di Miller. Anche loro avevano le mani insanguinate… David, Cairn, Wastenot, Wantnot. David tese le mani davanti a sé e pianse. «Preferirei essere morto insieme con Vigor nel fiume Hatrack!»
«Non è vero» disse Cairn.
«Sarei morto, ma per lo meno sarei pulito.»
I gemelli non dissero nulla, stringendosi a vicenda le mani fredde e viscide.
«Dobbiamo tornare a casa» fece Measure.
«No» disse Miller.
«Tutti quanti saranno preoccupati» insisté Measure. «La mamma, le ragazze, Cally.»
Miller ricordò come lui e Faith si erano lasciati. «La mamma ha detto che se io… se questo…»
«Lo so come parla la mamma, ma so anche che i tuoi figli hanno bisogno di un padre. Non ti respingerà.»
«Dovrò raccontarglielo. Quello che abbiamo fatto.»
«Sì, e poi dovrai raccontarlo alle ragazze e a Cally. Lo stesso dovremo fare noi, e Cairn e David dovranno raccontarlo alle loro mogli. Meglio farlo subito, e tornare ad avere le mani pulite, e riprendere la nostra vita. Tutto quanto in una volta sola, tutti quanti insieme. Anch’io ho da raccontarti una storia, che parla di me e di Alvin. Quando avremo finito di raccontare questa storia, io ti racconterò la mia, va bene? Ci stai?»
Quando giunsero sulla riva del Wobbish, trovarono Armor che li attendeva. La chiatta in quel momento si trovava dalla parte opposta del fiume; gli altri avevano preso tutte le barche che avevano usato la sera precedente. Così restarono lì, in attesa.
Measure si tolse la giacca e i pantaloni intrisi di sangue, ma Armor non volle riprenderseli. Armor non accusò nessuno, ma nessuno osava guardarlo. Mentre il traghetto attraversava lentamente il fiume verso di loro, Measure prese da parte il cognato e gli narrò della maledizione. Armor ascoltò, quindi si avvicinò a Miller che gli dava le spalle, lo sguardo fisso sull’altra riva.
«Papà» disse Corazza-di-Dio.
«Avevi ragione, Armor» mormorò Miller, sempre senza guardarlo. Alzò le mani. «Eccola qui, la prova che avevi ragione.»
«Measure mi ha detto che debbo farmi raccontare la storia da ciascuno di voi, uno per uno» disse Armor, voltandosi per comprendere tutti i presenti in quel che diceva. «Ma quando l’avrete fatto, da me non sentirete più una sola parola in proposito. Se mi volete, sono sempre vostro figlio e vostro fratello; mia moglie è vostra figlia e vostra sorella, e voi siete gli unici parenti che io abbia da queste parti.»
«Per tua vergogna» disse David.
«Non potete punirmi solo perché ho le mani pulite» protestò Armor.
Cairn gli tese una mano insanguinata. Armor gliel’afferrò senza esitare, la strinse, poi la lasciò andare.
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