Orson Card - Il profeta dalla pelle rossa

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L’America tranquilla e pacifica in cui Alvin è nato non esiste più: l’uomo bianco ha strappato la terra all’uomo rosso, ha tagliato, distrutto, bruciato. Il giovane Alvin, inconsapevole incarnazione di un potere arcano, è il solo che può ridare speranza a quella terra martoriata. Con l’aiuto di Ta-Kumsaw, un Rosso forte e orgoglioso, e di suo fratello Lolla-Wossiky, Alvin troverà la forza di battersi per la salvezza della sua terra, di cui vedrà persino il lontano e incerto futuro.

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Alvin non disse molto, ma abbastanza. Raccontò ai suoi compagni ciò che era accaduto sul Tippy-Canoe quel mattino, del sangue che aveva tinto di rosso le acque del fiume, dei mille sopravvissuti che lo avevano attraversato sull’acqua fattasi liscia e dura; del sangue sulle mani dei Bianchi, e in particolare su quelle di uno di loro.

«Non è abbastanza» disse Ta-Kumsaw.

Scambiastorie non fece commenti. Non spettava a un Bianco spiegare a Ta-Kumsaw che i carnefici del suo popolo avevano ricevuto una punizione esattamente commisurata alle loro colpe. In più, Scambiastorie non era neanche sicuro di crederci.

Alvin narrò loro come avesse trascorso la sera e la notte precedenti con Measure, salvandolo da morte sicura; e come avesse trascorso la mattina a placare l’infinita sofferenza di novemila morti innocenti che urlavano nella mente del Profeta… novemila volte quell’unico urlo nero che anni prima aveva fatto impazzire Lolla-Wossiky. Che cos’era stato più difficile… guarire Measure, o guarire Lolla-Wossiky? «È proprio come dicevi tu» sussurrò Alvin rivolto a Scambiastorie. «È impossibile costruire quel muro più in fretta di quanto non vada in rovina.» Poi, esausto ma finalmente tranquillo, Alvin si addormentò.

Scambiastorie e Ta-Kumsaw restarono uno di fronte all’altro ad ascoltare il respiro lento e regolare di Alvin, raggomitolato in mezzo a loro.

«Ora so qual è la sua ferita» disse Ta-Kumsaw. «Soffre per la sua gente, per il sangue che gronda da quelle mani.»

«La sua sofferenza non è solo per i vivi, ma anche per i morti» aggiunse Scambiastorie. «Se lo conosco, la sua ferita più profonda è il pensiero di aver fallito, l’idea che se si fosse impegnato di più forse sarebbe riuscito a portare Measure sul Tippy-Canoe in tempo per fermarli prima che venisse sparato il primo colpo.»

«I Bianchi soffrono per i Bianchi» disse Ta-Kumsaw.

«Menti pure a te stesso, se vuoi» replicò Scambiastorie. «Ma a me non puoi mentire.»

«I Rossi non portano il lutto» spiegò Ta-Kumsaw. «In cambio del sangue versato oggi, i Rossi spargeranno il sangue dei Bianchi.»

«Credevo che tu fossi al servizio della terra» disse Scambiastorie. «Non ti rendi conto di quello che è successo oggi? Non ricordi dove ci troviamo? Hai visto una parte della Collina Ottagonale della quale non avevi mai sospettato l’esistenza, e perché? Perché la terra ci ha consentito di arrivarci insieme, perché…»

Ta-Kumsaw alzò una mano. «Per salvare questo ragazzo.»

«Perché Rossi e Bianchi possano vivere insieme su questa terra, se solo…»

Ta-Kumsaw stese la mano posando le dita sulle labbra di Scambiastorie.

«Non sono un contadino che tu possa incantare cianciando di mondi inesistenti» si adirò Ta-Kumsaw. «Va’ a raccontare le tue storie a chi le vuol sentire.»

Scambiastorie spinse via la mano di Ta-Kumsaw. O almeno quelle sarebbero state le sue intenzioni, ma in quel gesto mise troppa forza, facendo perdere l’equilibrio a Ta-Kumsaw. Questi balzò in piedi all’istante; Scambiastorie fece lo stesso.

«È così che si comincia!» urlò Ta-Kumsaw.

In mezzo a loro, Alvin si mosse nel sonno.

«Un uomo rosso ti ha fatto adirare, e tu l’hai colpito, proprio come avrebbe fatto qualsiasi altro Bianco, non avete alcuna pazienza…»

«Mi hai detto di tacere, mi hai detto che le mie storie erano…»

«Parole, ecco che cosa ti ho dato, parole e un tocco leggero, e tu mi hai risposto con un pugno.» Ta-Kumsaw sorrise. Era un sorriso terrificante, come veder emergere all’improvviso dall’oscurità della giungla le zanne di una tigre, gli occhi di brace, il manto di fiamma.

«Mi dispiace, non intendevo…»

«L’uomo bianco non intende mai far nulla, ma purtroppo non riesce a farne a meno, è sempre tutto uno sbaglio. Ecco come la pensate voialtri, non è vero, Bianco Bugiardo? La gente di Alvin ha ucciso la mia gente per sbaglio , perché pensava che fossero stati uccisi due ragazzi bianchi. E per vendicare due ragazzi bianchi hanno colpito alla cieca, proprio come hai fatto tu, e hanno massacrato novemila innocenti, neonati e madri, vecchi e bambini, e i cannoni…»

«La storia di Alvin l’ho sentita anch’io.»

«Allora è la mia che non ti piace? Non vuoi ascoltarla? Sei Bianco, Scambiastorie. E sei come tutti i Bianchi: lesti a chiedere perdono, tardi a perdonare; vi aspettate che gli altri siano pazienti, ma prendete fuoco come l’erba secca in una giornata di vento… Incendiate la foresta perché siete inciampati in una radice!» Ta-Kumsaw gli voltò le spalle cominciando a risalire il pendio a lunghi passi.

«Non puoi andartene senza di me!» esclamò Scambiastorie. «Dobbiamo restare insieme!»

Ta-Kumsaw si fermò, si voltò, gettò indietro la testa e rise senza allegria. «Non ho bisogno di sentieri per scendere , Bianco Bugiardo!» Poi si voltò riprendendo a salire verso la cresta della collina.

Alvin era sveglio, si capisce.

«Mi dispiace, Alvin» cominciò Scambiastorie. «Non sapevo…»

«No» disse Alvin. «Lasciami indovinare che cosa ha fatto. Ti ha toccato così.» Alvin toccò le labbra di Scambiastorie come aveva fatto Ta-Kumsaw.

«Sì.»

«È il gesto con cui le mamme Shaw-Nee fanno tacere un bambino che fa troppo baccano. Ma sarei pronto a scommettere che se un guerriero rivolge questo gesto a un altro uomo adulto… lo fa con l’intenzione di provocarlo.»

«Non avrei dovuto colpirlo.»

«Allora avrebbe fatto qualcos’altro, finché non ti fossero saltati i nervi.»

Scambiastorie non seppe trovare una risposta. Il ragazzo probabilmente aveva ragione. Sicuramente, anzi. Andare d’amore e d’accordo con un compagno bianco era l’ultima cosa che quel giorno Ta-Kumsaw sarebbe stato disposto a tollerare.

Alvin si riaddormentò. Scambiastorie esplorò gli immediati paraggi, ma non scoprì niente di particolare. Solo immobilità e pace. Non avrebbe neanche più saputo dire quale fosse l’albero dal quale aveva colto il frutto. Adesso gli sembrava che tutti quanti avessero foglie color verde argentato, e per quanto cercasse di allontanarsi procedendo in qualsiasi direzione, alla fine si ritrovava sempre a non più di qualche minuto di distanza da Alvin. Un posto strano, un posto del quale era impossibile crearsi una mappa mentale, un posto che non si riusciva a padroneggiare. Lì la terra ti dava solo quello che voleva, non un briciolo di più.

Quando Alvin si svegliò di nuovo e Scambiastorie lo aiutò a tirarsi in piedi, era quasi il tramonto.

«Barcollo come un puledro appena nato» disse Alvin. «Mi sento così debole.»

«Nelle ultime ventiquattr’ore, hai compiuto solo la metà delle fatiche di Ercole» osservò Scambiastorie.

«Erco… chi?»

«Ercole. Un eroe greco.»

«Debbo trovare Ta-Kumsaw» fece Alvin. «Non avrei dovuto lasciarlo andare, ma ero così stanco.»

«Anche tu sei Bianco» disse Scambiastorie. «Pensi che ti permetterà di accompagnarlo?»

«Così diceva la profezia di Tenska-Tawa» spiegò Alvin. «Finché resterò con lui, Ta-Kumsaw non morirà.»

Scambiastorie sostenne Alvin mentre entrambi si incamminavano nell’unica direzione in cui era possibile dirigersi; risalirono così il dolce pendio erboso tra le colline, fino a oltrepassare la cresta. Lì si fermarono a guardare in basso. Scambiastorie non vide sentieri… solo sterpi, rampicanti, cespugli, rovi. «Impossibile passare lì in mezzo.»

Alvin lo guardò sconcertato. «Ma c’è un sentiero. Si vede benissimo.»

«Per te, forse» disse Scambiastorie. «Ma non per me.»

«Eppure sei passato di lì» gli fece notare Alvin.

«Insieme con Ta-Kumsaw» replicò Scambiastorie.

«Lui è sceso.»

«Non sono un Rosso, io.»

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