«Measure!» gridò. «È mio figlio Measure!»
Gettato via il moschetto, prese a correre verso il figlio lungo il pendio cosparso di cadaveri.
«Measure! Figlio mio! È vivo! Sei vivo!»
Poi scivolò sul sangue, o forse inciampò in un cadavere; comunque fosse, cadde in avanti finendo con le mani in un fiume di sangue che gli schizzò sul viso e sul torace.
A non più di dieci braccia di distanza udì la voce di Measure, che urlava in modo che tutti lo potessero udire. «I Rossi che mi hanno catturato erano stati assoldati da Harrison! Ta-Kumsaw e Tenska-Tawa mi hanno salvato! Quando sono arrivato qui, due giorni fa, gli uomini di Harrison mi hanno catturato per impedirmi di dirvi la verità! Ha perfino cercato di ammazzarmi!» Measure continuò a parlare lentamente, staccando bene le parole, in modo che tutti udissero ciò che aveva da dire, che ogni suono venisse inteso nel suo giusto significato. «Harrison l’ha sempre saputo. È stato lui ad architettare tutto. I Rossi sono innocenti. State uccidendo degli innocenti.»
Miller si alzò dal prato insanguinato e levò in alto le mani scarlatte, sopra la testa, così che il sangue rosso e denso cominciò a gocciolargli addosso. Dalla gola gli uscì quasi a forza un grido d’angoscia e di disperazione. «Che cosa ho fatto! Che cosa ho fatto!» A quel grido fecero eco dieci, cento, trecento voci.
Tutti gli sguardi si diressero sul generale Harrison, in sella al suo cavallo che continuava a impennarsi. Perfino i soldati che l’avevano seguito da Fort Carthage avevano ormai gettato le armi.
«È una menzogna!» gridò Harrison. «Non ho mai visto questo ragazzo! Qualcuno ha voluto giocarmi un terribile scherzo!»
«Non è uno scherzo!» urlò Measure. «Ecco il suo fazzoletto… Ieri me l’hanno cacciato in bocca per soffocare le mie grida mentre mi fracassavano le ossa.»
Miller scorse distintamente il fazzoletto che il figlio teneva in mano. In un angolo erano ricamate a grandi e chiare lettere le iniziali WHH. A Carthage City non c’era soldato che non conoscesse quei fazzoletti.
Allora alcuni degli uomini di Harrison parlarono a loro volta. «È vero! Abbiamo portato quel ragazzo a Harrison due giorni fa.»
«Tutti parlavano di due ragazzi ammazzati dai Rossi, ma non sapevamo che era uno di loro!»
Sul prato si levò un grido acuto e prolungato, quasi un ululato. Tutti volsero lo sguardo verso il punto in cui il Profeta orbo da un occhio era ritto sulla superficie arrossata del Tippy-Canoe.
«Vieni, popolo mio!» disse.
I Rossi sopravvissuti si mossero, lentamente ma senza esitare, verso l’acqua, l’attraversarono e si raccolsero sulla riva opposta.
«Tutti voi, venite!»
I cadaveri frusciarono, si mossero. I Bianchi che si trovavano in mezzo a loro urlarono di terrore. Ma non erano i morti che si levavano… solo i feriti che ora si tiravano in piedi, barcollando. Alcuni di loro cercarono di prendere in braccio i bambini, i neonati… ma non ne avevano la forza.
Miller vide e sentì il sangue sulle proprie mani. Doveva pur fare qualcosa, no? Così stese le mani verso una donna che avanzava a fatica, il cui marito aveva bisogno del suo sostegno, con l’intenzione di prendere il bambino che lei stringeva tra le braccia e di portarlo al posto suo. Ma quando fu vicino, la guardò in viso, e nei suoi occhi vide riflessa la propria immagine… un viso bianco, stravolto, lordo dello stesso sangue che gli grondava dalle mani. Per quanto minuscolo fosse quel riflesso, Miller lo vide con la stessa chiarezza che se avesse avuto di fronte uno specchio. No, non poteva toccare quel bambino, non con mani come le sue.
Anche qualcun altro dei Bianchi che si trovavano sul pendio cercò di dare una mano ai Rossi, ma anch’essi dovevano aver visto qualcosa di molto simile, perché indietreggiarono bruscamente come se qualcosa li avesse scottati.
I feriti che riuscirono ad alzarsi e a incamminarsi verso il fiume erano forse un migliaio. Molti di loro crollarono a terra e morirono prima di arrivare al corso d’acqua. Gli altri lo attraversarono camminando, barcollando, strisciando, finché non giunsero sulla riva opposta, dove gli altri potevano aiutarli.
Miller si accorse di una cosa strana. Tutti i Rossi, illesi o feriti che fossero, erano scesi lungo il pendio e avevano attraversato le acque insanguinate del fiume, eppure non avevano una sola macchia di sangue sulle mani o sui piedi.
«Tutto il resto del mio popolo, tutti coloro che sono morti… Tornate a casa, dice la terra!»
Tutt’intorno a loro, il prato era cosparso di cadaveri… di gran lunga la maggioranza di coloro che solo un’ora prima si erano trovati in quel luogo assieme ai loro familiari. E ora, alle parole del Profeta, quei corpi parvero tremare, sfaldarsi, sprofondare nell’erba del prato. In pochi attimi erano scomparsi, e al loro posto l’erba era più verde e rigogliosa di prima. Le ultime gocce di sangue scivolarono lungo il pendio come gocce d’acqua su una piastra arroventata, fondendosi con la superficie rossa e lucente del fiume.
«Measure, amico mio, vieni con me anche tu.» Il Profeta pronunciò queste parole a bassa voce, protendendo la mano.
Measure volse le spalle al padre e scese il pendio erboso fino alla riva del fiume.
«Vieni con me» insisté il Profeta.
«Non posso camminare sul sangue della tua gente» disse Measure.
«La mia gente ha donato il suo sangue per sostenerti» fece notare il Profeta. «Vieni da me, o anche tu dovrai sopportare il peso della maledizione che sto per lanciare su ogni uomo bianco che si trova su quel prato.»
«Penso che resterò qui, allora» disse Measure. «Se mi fossi trovato al loro posto, non credo che mi sarei comportato diversamente. Se sono colpevoli, anch’io lo sono.»
Il Profeta annuì.
Ogni uomo bianco che si trovava su quel prato si sentì sulle mani qualcosa di caldo, bagnato e appiccicoso. Quando videro che cos’era, alcuni urlarono. Dal gomito alla mano, tutti grondavano sangue. Alcuni cercarono di ripulirsi le mani sulla camicia. Altri andarono in cerca di ferite, ma non ne trovarono. Le loro erano solo mani insanguinate.
«Volete che le vostre mani non grondino più del sangue della mia gente?» chiese il Profeta. Ora non urlava più, ma tutti lo udirono, ogni parola. E sì, tutti quanti volevano che le loro mani tornassero pulite.
«Allora andate a casa e raccontate questa storia alle vostre mogli, ai vostri figli, ai vostri vicini, ai vostri amici. Raccontatela tutta. Non tralasciate nulla. Non dite che qualcuno vi ha imbrogliato… Tutti quanti, quando avete aperto il fuoco su gente disarmata, sapevate che stavate commettendo un assassinio. Non importa se eravate convinti che qualcuno di noi si fosse macchiato di qualche delitto. Quando avete cominciato a sparare ai neonati in braccio alle madri, ai bambini, ai vecchi, ci stavate uccidendo perché eravamo Rossi. Perciò raccontate questa storia come è andata veramente, e se lo farete le vostre mani torneranno pulite.»
Su quel prato non c’era uomo bianco che non piangesse, tremasse o si sentisse mancare dalla vergogna. L’idea di raccontare ciò che aveva fatto quel giorno alla moglie, ai figli, ai genitori, ai fratelli e alle sorelle gli sembrava intollerabile. Ma se non l’avesse fatto, quelle mani insanguinate avrebbero raccontato la storia al posto suo. E questo non avrebbe mai potuto sopportarlo.
Ma il Profeta non aveva terminato. «Se arriva da voi qualche straniero e voi non gli raccontate l’intera storia prima che sia l’ora di andare a dormire, le vostre mani torneranno a grondare sangue, e così resteranno finché non gliel’avrete raccontata. E così sarà sino alla fine dei vostri giorni… Chiunque incontrerete, dovrà udire dalle vostre labbra quello che è accaduto oggi, o le vostre mani torneranno a lordarsi di sangue. E se in futuro, per qualsiasi motivo, ucciderete un altro essere umano, le vostre mani e il vostro viso gronderanno sangue per sempre, perfino nella tomba.»
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