Margaret Weis - La guerra dei gemelli
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«Stai bene, non è vero? La tua ferita...»
Uno spasimo di dolore attraversò in un lampo il volto di Raistlin, poi la sua espressione si fece dura e amareggiata. «No, sto bene,» replicò secco.
«Paladine sia ringraziato,» disse Crysania, sorridendo, lasciando che la propria mano si attardasse nella sua.
Gli occhi di Raistlin divennero due fessure. «Il dio non ha i miei ringraziamenti!» borbottò. La mano che stringeva quella di Crysania si chiuse ancor di più, facendole male.
Crysania rabbrividì. Per un istante parve che il calore del corpo del mago, così vicino al suo, le stesse risucchiando via il suo, lasciandola raggelata. Cercò di liberare la mano dalla sua stretta, ma Raistlin, destato, a causa del suo movimento, dal suo amaro sogno ad occhi aperti, si voltò a guardarla.
«Perdonami, Reverenda Figlia,» le disse, lasciandola andare. «Il dolore era insopportabile. Ho pregato perché mi venisse data la morte. Mi è stata negata.»
«Ne conosci la ragione,» replicò Crysania. La sua paura si era smarrita nella pietà che provava per lui. La sua mano esitò per un istante, poi ricadde sul copriletto, vicino alla mano tremante di Raistlin, senza però toccarlo.
«Sì, e l’accetto. Però non posso perdonarlo. Ma questo è fra il tuo dio e me,» disse Raistlin, in tono di rimprovero.
Crysania si morse il labbro. «Accetto il rimprovero. Era meritato.» Rimase silenziosa per un momento. Anche Raistlin non aveva nessuna voglia di parlare, le rughe sul suo volto si approfondirono.
«Hai detto a Caramon che gli dei erano con noi. Così, allora, sei entrato in comunione con il mio dio, con Paladine?» si azzardò a chiedere Crysania, esitando.
«Certo.» Raistlin ebbe un sorriso contorto. «La cosa ti sorprende?»
Crysania sospirò. Abbassò di scatto la testa, i capelli le ricaddero intorno alle spalle. Il debole chiarore lunare, lì nella stanza, traeva dai suoi capelli neri una morbida radiosità azzurra, facendo brillare la sua pelle d’un bianco purissimo.
Il suo profumo riempiva la stanza, riempiva la notte. Sentì un tocco sui suoi capelli. Sollevando la testa, vide gli occhi di Raistlin ardere d’una passione che giungeva dal suo profondo, una fonte che non aveva nulla a che fare con la magia. Crysania trattenne il fiato, ma in quel momento Raistlin si alzò e si allontanò.
Crysania sospirò. «Allora sei stato in comunione con entrambi gli dei?» chiese ansiosa.
Raistlin si girò a metà. «Sono stato in comunione con tutti e tre,» rispose spiccio.
«Tre?» Lei ne fu sorpresa. «Gilean?»
«E chi è Astinus se non il portavoce di Gilean?» ribatté Raistlin, con disprezzo. «Sempre che non sia Gilean in persona, come qualcuno ha ipotizzato. Ma questo non dev’essere niente di nuovo, per te...»
«Non ho mai parlato con la Regina delle Tenebre,» disse Crysania.
«Davvero?» chiese Raistlin con un’occhiata penetrante che scosse il chierico fino all’intimo della sua anima. «Non conosce il desiderio del tuo cuore? Non te l’ha forse offerto?»
Guardando dentro i suoi occhi, consapevole della sua vicinanza, sentendosi riafferrare dal desiderio, Crysania non potè rispondere. Poi, mentre lui continuava ad osservarla, deglutì e scosse la testa. «Se l’ha fatto,» rispose, con un tono di voce quasi impercettibile, «me l’ha dato con una mano e negato con l’altra.»
Crysania sentì frusciare le vesti nere come se il mago avesse trasalito. Il suo volto, visibile alla luce della luna, fu, per un istante, preoccupato e pensieroso. Poi si distese.
«Non sono venuto qui per discutere di teologia,» disse Raistlin con un lieve sorriso di scherno. «Ho un’altra e più immediata preoccupazione.»
«Naturalmente.» Crysania arrossì, scostandosi nervosamente dal viso i capelli aggrovigliati.
«Ancora una volta, mi scuso. Hai bisogno di me, avevi detto...»
«Tasslehoff si trova qui.»
«Tasslehoff?» ripetè Crysania con espressione confusa e stupita. «Sì. E sta molto male. In realtà sta morendo. Ha bisogno delle tue capacità di guaritrice.»
«Ma, non capisco. Perché... Come mai si trova qui?» Crysania balbettò, sconcertata. «Avevi detto che era tornato al nostro tempo.»
«Così credevo,» rispose Raistlin con voce grave. «Ma, a quanto pare, mi sbagliavo. Il congegno magico l’ha portato qui, in questo tempo. Ha vagato per il mondo alla maniera dei kender, in un continuo divertimento. Poi, avendo sentito parlare della guerra, è arrivato qui per condividere l’avventura. Per sfortuna, durante i suoi vagabondaggi, ha contratto la peste.»
«È terribile. Certo che verrò.» Raccogliendo il suo mantello di pelliccia dall’estremità del letto, se lo avvolse intorno alle spalle, notando, mentre lo faceva, che Raistlin le aveva voltato la schiena.
Guardando fuori della finestra la luce argentea della luna, vide serrarsi i muscoli della sua mascella, come se fosse in preda a una lotta interiore.
«Sono pronta,» disse in tono calmo ed efficiente Crysania, mentre si allacciava il mantello; Raistlin tornò a voltarsi e le porse la mano. Crysania lo fissò perplessa.
«Dobbiamo percorrere i sentieri della notte,» le disse con voce sommessa. «Come ti ho detto, non voglio mettere in allarme le guardie.» «Ma perché no?» lei replicò. «Che differenza...» «Cosa dirò a mio fratello?» Crysania esitò. «Capisco...»
«Capisci il mio dilemma?» le chiese Raistlin, guardandola con attenzione. «Se glielo dicessi, sarebbe una preoccupazione per lui, proprio nel momento in cui non può certo permettersi di aggiungere altri fardelli a quelli che già porta. Tas ha rotto il congegno magico. Questo scombussolerebbe anche Caramon, anche se è ben conscio che ho in progetto di mandarlo a casa. Ma... dovrei dirgli che il kender si trova qui.»
«Caramon è apparso preoccupato ed infelice durante questi ultimi giorni,» disse Crysania, pensierosa, con una certa apprensione nella voce. «La guerra non sta andando bene,» la informò Raistlin con schiettezza. «L’esercito gli si sta sfasciando intorno. Gli uomini delle pianure parlano ogni giorno di andarsene. Per quello che ne sappiamo, potrebbero essersene già andati. I nani sotto Fireforge sono un branco infido. Fanno pressione su Caramon perché attacchi prima di essere pronto. I carri con i rifornimenti sono scomparsi, nessuno sa cosa ne sia stato. Il suo stesso esercito è inquieto, turbato. E se, per coronare tutto questo, ci fosse anche un kender che se ne va in giro a chiacchierare a vanvera, distraendolo da...»
Raistlin sospirò. «Tuttavia non posso, per una questione di onore, tenerglielo nascosto.»
Crysania strinse le labbra. «No, Raistlin. Non credo che sarebbe saggio dirglielo.» Vedendo che Raistlin appariva dubbioso, continuò con foga: «Non c’è niente che Caramon possa fare. Se il kender è davvero gravemente malato, come tu sospetti, io potrò guarirlo, ma rimarrà debole per parecchi giorni. Sarebbe soltanto una preoccupazione in più per tuo fratello. Caramon ha in mente di mettersi in marcia fra qualche giorno. Noi cureremo il kender poi, quando si sarà completamente ristabilito, potrà incontrare il suo amico al campo, se questo sarà il suo desiderio.»
L’arcimago sospirò di nuovo, riluttante e dubbioso. Poi scrollò le spalle. «Molto bene, Reverenda Figlia,» disse. «Mi farò guidare da te in questa faccenda. Le tue parole sono sagge. Non diremo a Caramon che il kender è tornato.»
Le si avvicinò, e Crysania, alzando lo sguardo a fissarlo, colse uno strano sorriso sul suo viso, un sorriso che, soltanto per questa volta, si rifletté nei suoi occhi luccicanti. Sorpresa, turbata, senza capir bene il perché, Crysania arretrò, ma lui la cinse con il braccio, avviluppandola nelle pieghe morbide delle sue maniche nere, e tenendola stretta a sé.
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