Margaret Weis - La guerra dei gemelli

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Inoltre a Zhaman, al primo livello, c’era un corridoio che sembrava un errore costruttivo. Tutti quelli che vi si avventuravano scoprivano che si dipartiva da un andito per terminare all’improvviso in una parete vuota. Pareva proprio che i costruttori, disgustati, avessero buttato giù gli utensili a quel punto, decidendo di smettere.

Ma quel corridoio non era un errore. Quando le mani adatte venivano appoggiate sul muro vuoto, quando le rune adatte venivano tracciate sulla polvere della parete stessa, allora compariva una porta che conduceva ad una grande scalinata scolpita nelle fondamenta di granito di Zhaman...

«Ancora una volta.» La voce era sommessa, paziente, e si avventava su Tasslehoff attorcigliandoglisi addosso come un serpente. Contorcendosi intorno a lui, affondava i denti uncinati nelle sue carni, succhiandogli fuori la vita.

«Esamineremo tutto un’altra volta. Parlami dell’Abisso,» disse la voce. «Qualunque cosa ti ricordi. Come ci sei entrato. Com’è il paesaggio. Chi e cosa hai visto. La Regina stessa, che aspetto aveva, le sue parole...»

«Ci sto provando, Raistlin, davvero!» uggiolò Tasslehoff. «Ma... l’abbiamo esaminato e straesaminato durante questi ultimi due giorni. Non riesco a pensare a nient’altro! E la mia testa è calda e i miei piedi e le mie mani sono freddi e... la stanza mi gira intorno. Se... se tu potessi farla smettere di girare, Raistlin, credo che potrei riuscire a ricordare...»

Sentendo la mano di Raistlin sul suo petto, Tas si ritrasse ancora di più nel letto. «No!» gemette, cercando disperatamente di sgusciar via. «Sarò bravo, Raistlin! Me ne ricorderò. Non farmi male, non come al povero Gnimsh!»

Ma l’arcimago tenne appoggiata la mano sul petto del kender per un solo istante, poi la portò alla sua fronte. Tas aveva la pelle che gli bruciava, ma il tocco di quella mano bruciava ancora di più.

«Giaci immobile,» gli ordinò Raistlin. Poi, sollevandolo fra le braccia, Raistlin fissò intensamente gli occhi infossati del kender.

Alla fine, lasciò cadere Tas sul letto e, borbottando un’amara imprecazione, si alzò in piedi.

Disteso sul letto, inzuppato di sudore, Tas vide la figura abbigliata di nero librarsi su di lui per un istante, poi, con uno svolazzare e un turbinare di vesti, Raistlin si girò e uscì a grandi passi dalla stanza. Tas cercò di sollevare la testa per vedere dove il mago stava andando, ma lo sforzo fu eccessivo. Ricadde estenuato sul letto.

Perché mai sono così debole? si chiese. Cosa c’è che non va? Voglio dormire. Forse allora il dolore cesserà. Tas chiuse gli occhi. Ma questi tornarono a spalancarsi come se avessero dei fili attaccati alle ciglia. No, non posso dormire! pensò spaventato. Ci sono delle cose, là fuori nel buio, cose orribili, le quali non aspettano altro che io mi addormenti! Le ho viste, sono là fuori! Mi balzeranno addosso e...

Come se provenisse da un’immensa distanza, udì la voce di Raistlin che parlava con qualcuno.

Scrutando intorno a sé, cercando disperatamente di tener lontano il sonno, Tas decise di concentrarsi su Raistlin. Forse scoprirò qualcosa, pensò sconsolato, forse scoprirò cosa mi sta succedendo.

Lanciò un’occhiata intorno, e vide la figura abbigliata di nero parlare con un’altra figura, tozza e scura. Senza alcun dubbio, stavano discutendo di lui. Tas si sforzò di ascoltare, ma la sua mente continuava a fare strane cose, andava via a giocare da qualche altra parte senza invitare il suo corpo.

Così, Tas non poteva esser sicuro se sentiva davvero ciò che sentiva, oppure stava sognando.

«Dagli ancora un po’ di pozione. Dovrebbe tenerlo buono,» diceva una voce che pareva quella di Raistlin alla figura bassa e scura. «Ci sono poche... pochissime possibilità che quaggiù qualcuno lo senta, ma non posso rischiare.»

La figura bassa e scura replicò qualcosa. Tas chiuse gli occhi e lasciò che le acque fresche di un lago azzurrissimo, il lago Crystalmir, gli lambissero la pelle bruciante. Forse, alla fine, la sua mente avrebbe deciso di portare con sé anche il corpo.

«Quando me ne sarò andato,» la voce di Raistlin uscì fuori dall’acqua, «chiudi la porta alle mie spalle e spegni la luce. Negli ultimi tempi mio fratello è diventato sospettoso. Se dovesse scoprire la porta magica, non c’è dubbio che scenderà qui sotto. Non deve trovare nulla. Tutte queste celle dovranno apparire vuote.»

La figura bassa e tozza borbottò e la porta cigolò sui cardini.

D’un tratto, le acque di Crystalmir cominciarono a ribollire intorno a Tas. Dei tentacoli uscirono da esse come tanti serpenti, cercando di afferrarlo. Tas spalancò gli occhi. «Raistlin!» implorò. «Non lasciarmi. Aiutami!»

Ma la porta si chiuse sbattendo. La figura bassa e scura si avvicinò al fianco del letto di Tas strascicando i piedi. Fissandola con orrore come in un sogno, Tas vide che si trattava di un nano.

Gli sorrise.

«Flint?» mormorò, attraverso le labbra asciutte e screpolate. «No! Arack!» Cercò di correr via, ma i tentacoli nell’acqua si stavano allungando verso i suoi piedi.

«Raistlin!» urlò, cercando freneticamente di arretrare e fuggire. Ma i suoi piedi non volevano muoversi. Qualcosa lo afferrò! I tentacoli! Tas lottò, urlando in preda al panico.

«Chiudi il becco, bastardo. Bevi questo.» i tentacoli lo ghermirono per il ciuffo dei capelli e gli premettero una tazza contro le labbra. «Bevi, o ti strappo i capelli dalle radici!»

Soffocando, fissando la figura con occhi spiritati, Tas trangugiò un sorso. Il liquido era amaro ma fresco, e calmante, Lui aveva sete, tantissima sete! Singhiozzando, Tas afferrò la tazza strappandola dalle mani del nano e ne inghiottì il contenuto. Poi giacque sul suo cuscino. Nel giro di pochi istanti i tentacoli scivolarono via, il dolore che gli attanagliava braccia e gambe lo lasciò, e le acque limpide e dolci di Crystalmir si rinchiusero sopra di lui.

Crysania si risvegliò da un sogno con la netta impressione che qualcuno avesse chiamato il suo nome. Anche se non riusciva a ricordare di aver udito un solo suono, la sensazione era così forte e intensa che si ritrovò subito completamente desta, dritta a sedere sul letto, ancora prima di essere realmente consapevole di ciò che l’aveva svegliata. Aveva forse fatto parte del sogno? No.

L’impressione rimaneva, e anzi diventava più forte.

Qualcuno si trovava nella stanza insieme a lei! Si affrettò a guardarsi intorno. La luce di Solinari, che filtrava da un angolo all’estremità opposta della stanza, faceva assai poco per illuminarla. Non poteva vedere niente, ma percepì un movimento. Crysania aprì la bocca per chiamare le guardie...

E sentì una mano sulle labbra. Poi Raistlin si materializzò dall’oscurità della notte, seduto sul suo letto.

«Perdonami per averti spaventato, Reverenda Figlia,» le disse in un sommesso sussurro, un bisbiglio a stento udibile. «Ho bisogno del tuo aiuto e non desidero attirare l’attenzione delle guardie.» Le tolse lentamente la mano dalla bocca.

«Non ero spaventata,» protestò Crysania. Lui le sorrise, e lei arrossì. Era talmente vicino a lei che poteva sentirla tremare. «Mi hai... sorpreso, è tutto. Stavo sognando. Facevi parte del sogno.»

«Certo,» replicò Raistlin con calma. «Il Portale si trova qui, e così siamo molto vicini agli dei.»

Non è la vicinanza degli dei che mi fa tremare, pensò Crysania, con un sospiro fremente, sentendo il calore bruciante di quel corpo accanto a lei, respirandone la misteriosa, intossicante fragranza. Si scostò da lui con rabbia, soffocando con fermezza i propri desideri e le proprie brame. Lui è al di sopra di queste cose. Lei avrebbe dovuto forse mostrarsi più debole?

Crysania tornò d’un tratto sull’argomento. «Hai detto di aver bisogno del mio aiuto. Perché?» Si sentì afferrare da un’improvvisa paura. Allungò impulsivamente il braccio e gli ghermì la mano.

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