Margaret Weis - La guerra dei gemelli

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«Hai idea di come ciò possa essere accaduto?» chiese Duncan, corrugando la fronte.

«No, thane,» rispose Kharas con voce grave. «Ma mi sono chiesto come mai non avessimo ricevuto una risposta dal generale Caramon.» Rifletté per qualche istante. «Qualcuno ha interrogato quei due prigionieri che abbiamo portato indietro con noi? Potrebbero saper qualcosa.»

«Un kender e uno gnomo?» Duncan sbuffò. «Bah! Cosa possono sapere quei due? Inoltre, non c’è bisogno d’interrogarli. Comunque, non sono particolarmente interessato allo stregone. In realtà il motivo per il quale ti ho chiamato qui per comunicarti questa notizia, Kharas, è quello di insistere che adesso tu ti scordi di questi discorsi di pace e ti concentri sulla guerra.»

«Quei due hanno qualcosa di più della barba, thane,» borbottò Kharas, citando una antica espressione. Era ovvio che non aveva ascoltato una sola parola. «Io credo che dovresti...»

«So quello che pensi,» replicò Duncan cupo. «Apparizioni evocate dallo stregone. E ti dico che è ridicolo! Quale stregone che abbia un minimo di rispetto per se stesso evocherebbe mai un kender? E molto probabile, invece, che siano servitori, o qualcosa del genere. Là dentro era buio e ogni cosa era confusa. L’hai detto tu stesso.»

«Non ne sono sicuro,» disse Kharas con voce sommessa. «Se tu avessi visto la faccia del mago quando li ha guardati! Era la faccia di qualcuno che cammina per le pianure e d’un tratto vede un forziere colmo d’oro e di gioielli ai suoi piedi. Dammi il permesso, thane,» esclamò Kharas, con foga. «Lascia che li porti davanti a te. Parla con loro, è tutto quello che ti chiedo!»

Duncan diede in uno sterminato sospiro, fissando Kharas con aria malinconica.

«Molto bene,» sbottò alla fine. «Immagino che non possa far male. Ma...» Duncan studiò Kharas con sguardo astuto, «... se risulterà che non c’è nulla, mi prometti che lascerai perdere questa tua assurda idea e ti concentrerai sulla guerra? Sarà una lotta dura, figliolo,» aggiunse il re con maggior gentilezza, cogliendo un’espressione di autentico dolore sul volto sbarbato del suo giovane eroe.

«Avremo bisogno di te, Kharas.»

«Sì, thane,» rispose Kharas con voce ferma. «Accetto. Nel caso in cui non risulti nulla.»

Con un burbero cenno del capo, Duncan gridò per chiamare le guardie e uscì dalla casa con passo pesante, seguito più lentamente da Kharas, immerso nei suoi pensieri.

Procedettero attraverso il vasto regno sotterraneo dei nani, serpeggiando lungo le straducole da un lato e poi dall’altro, superarono su una barca il Mare di Urkhan e arrivarono finalmente al primo livello delle segrete. Qui venivano tenuti i prigionieri che avevano compiuto crimini e infrazioni di minore entità: debitori insolventi, un giovane che aveva mancato di rispetto a un anziano, bracconieri, e parecchi ubriachi, i quali smaltivano le gozzoviglie della notte. Qui venivano tenuti anche il kender e lo gnomo.

Per lo meno, vi erano stati tenuti, la sera prima.

«Tutto si riduce,» dichiarò Tasslehoff Burrfoot, mentre le guardie nane lo pungolavano perché andasse avanti, «al fatto di non avere una mappa.»

«Mi pareva che tu avessi detto di essere già stato qui, prima» replicò Gnimsh, in tono irritato.

«Non prima,» lo corresse Tas. «Dopo. O meglio, più tardi: questa sarebbe l’espressione più adatta. Circa duecento anni più tardi, da quanto mi riesce di calcolare. È una storia affascinante, sai. Venni qui con alcuni miei amici. Vediamo... è stato subito dopo che Goldmoon e Riverwind si erano sposati e prima che andassimo a Tharsis. Oppure è stato dopo che siamo andati a Tharsis?» Tas rifletté. «No, non può essere stato così, poiché Tharsis si trovava dove quell’edificio mi crollò addosso, e...»

«Ho­già­sentito­questa­storia,» sbottò Gnimsh.

«Cosa?» Tas ammiccò più volte.

«L’ho già... sentita!» urlò Gnimsh. La sua voce acuta da gnomo echeggiò nella cavità sotterranea, inducendo parecchi passanti a guardarlo con severità. Cupe in volto, le guardie nane sollecitarono i loro prigionieri.

«Oh,» disse Tas, un po’ abbattuto. Ma quasi subito il kender si rallegrò. «Però, il re non l’ha sentita, e ci stanno portando da lui. Probabilmente gli interesserà molto...»

«Hai detto che non avremmo dovuto dir niente sul fatto che veniamo dal futuro,» obiettò Gnimsh con un fragoroso bisbiglio, il lungo grembiule di cuoio che gli sbatteva intorno ai piedi.

«Dovremmo comportarci come se venissimo da qui, non ricordi?»

«Quello è stato quando pensavo che tutto sarebbe andato bene,» replicò Tas con un sospiro. «E tutto stava andando bene. Il congegno ha funzionato, siamo scappati dall’Abisso...»

«Ci hanno lasciati scappare...» gli fece notare Gnimsh.

«Insomma, qualunque cosa sia successa,» disse Tas, irritato da quell’osservazione. «In ogni caso, ne siamo venuti fuori, e questo è tutto ciò che conta. E il congegno magico ha funzionato, proprio come avevi detto tu.» Gnimsh sorrise felice e annuì. «E abbiamo trovato Caramon. Proprio come avevi detto tu, il congegno era cali., cala... qualunque cosa fosse per tornare da lui...»

«Calibrato,» lo interruppe Gnimsh.

«... ma poi,» Tas masticò nervosamente l’estremità della sua ciocca di capelli, «tutto è andato storto, chissà per quale motivo. Raistlin trafitto, forse morto. I nani che ci hanno trascinato via senza darmi neanche la possibilità di dirgli che stavano commettendo un grosso errore...»

Il kender proseguì con passo strascicato, riflettendo profondamente. Alla fine scosse la testa. «Ci ho ripensato, Gnimsh. So che è un atto disperato, al quale di solito non ricorrerei, ma non credo che ci restino altre scelte. La situazione ci è completamente sfuggita di mano.» Tas esalò un sospiro solenne. «Credo che dovremmo dire la verità.»

Gnimsh parve estremamente allarmato da quella drastica azione, talmente allarmato, in realtà, che inciampò sul suo grembiule e cadde lungo disteso per terra. Le guardie, nessuna delle quali parlava il comune, lo tirarono in piedi e trascinarono di peso lo gnomo per tutto il resto del percorso, arrivando finalmente a fermarsi davanti a una grande porta di legno. Qui altre guardie, squadrando lo gnomo e il kender con disgusto, diedero una spinta alla porta aprendola lentamente.

«Oh, sono già stato qui,» disse Tas all’improvviso. «Adesso so dove siamo.»

«E un grande aiuto,» borbottò Gnimsh.

«La Sala delle Udienze,» proseguì Tas. «L’ultima volta che eravamo qui, Tanis si è sentito male. È un elfo, sai. Be’, un mezzelfo, comunque, e odiava vivere sottoterra.» Il kender sospirò di nuovo.

«Vorrei che Tanis fosse qui, adesso. Saprebbe cosa fare. Vorrei che qualcuno di saggio fosse qui adesso.»

Le guardie li spinsero dentro la grande sala. «Per lo meno,» disse Tas a Gnimsh con voce sommessa, «non siamo soli. Per lo meno ci facciamo compagnia.»

«Tasslehoff Burrfoot,» disse il kender, inchinandosi davanti al re dei nani, rivolgendo poi, di nuovo, un inchino a ciascuno dei thane seduti sugli scranni di pietra dietro e a un livello più basso del trono di Duncan. «E questo è...»

Lo gnomo si fece avanti, pieno di zelo: «Gnimshmari...»

«Gnimsh!» tagliò netto Tas a voce alta, calpestando il piede dello gnomo, mentre Gnimsh faceva una sosta per riprender fiato. «Lascia che parli io!» lo rimproverò poi il kender, con un bisbiglio ben udibile.

Accigliandosi, Gnimsh piombò in un silenzio offeso, mentre Tas si guardava intorno con espressione vivace.

«Caspita, non è che abbiate progettato molto in quanto a rinnovamenti nei prossimi duecento anni, non è vero? L’aspetto sarà pressappoco lo stesso. Soltanto... mi sembra di ricordare quella fessura laggiù... no, dall’altra parte. Sì, quella. Diverrà parecchio più grande in futuro. Potreste voler...»

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