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Robert Jordan: Presagi di tempesta

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Robert Jordan Presagi di tempesta

Presagi di tempesta: краткое содержание, описание и аннотация

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I segni sono inequivocabili: l’Ultima Battaglia si avvicina. Rand al’Thor, il Drago Rinato, è determinato a stipulare una pace con gli invasori Seanchan. Per ottenerla, vuole dimostrare la sua buona fede riportando l’ordine nell’Arad Doman, un paese sotto attacco dei Seanchan, ma anche privo di un re… e dietro la sparizione del sovrano potrebbe esserci Graendal, una dei Reietti, maestra nella Coercizione. Nel frattempo, sia Mat che Perrin, superate varie vicissitudini, stanno cercando di tornare verso l’Andor per riunirsi a Rand prima dell’Ultima Battaglia. Ancora più difficile è il compito di Egwene: catturata e ridotta a novizia nella Torre Bianca, è riuscita a instillare il dubbio in molte delle Aes Sedai rimaste fedeli a Elaida, tanto che alcune di loro prestano ascolto alle sue parole e le chiedono addirittura consiglio. Ma sulla Torre incombe lo spettro di un attacco dei Seanchan: Egwene l’ha sognato e sa che avverrà e anche molto presto. Tarmon Gai’don, l’Ultima Battaglia, si avvicina. Ma l’umanità non è pronta.

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Finche un individuo non era in grado di incanalare, lui o lei qui poteva trovare stabilità. Sicurezza.

Questo lo turbava. I Seanchan erano i suoi nemici. Erano conquistatori. Aveva l’impressione che le loro terre non dovessero essere pacifiche. Sarebbero dovute essere terribili, piene di sofferenza a causa del loro dominio tirannico. Ma non era affatto così.

Non a meno che una persona fosse in grado di incanalare. Ciò che i Seanchan facevano a quella categoria di individui era raccapricciante. Non tutto filava liscio sotto quella superficie lieta. Eppure era sconcertante rendersi conto di quanto trattavano bene gli altri.

I Calderai erano accampati in gruppi numerosi fuori dalla città. I loro carri non si erano mossi per settimane e pareva che stessero formando dei villaggi. Mentre Rand si muoveva fra loro, aveva udito alcuni parlare di stabilirsi. Altri avevano mosso obiezioni, naturalmente. Erano i Calderai, i Girovaghi. Come avrebbero trovato il Canto se non l’avessero cercato? Era una parte di loro quanto la Via della Foglia.

La scorsa notte, Rand li aveva ascoltati a uno dei loro fuochi da campo. Lo avevano accolto e nutrito, senza fare domande su chi fosse. Lui aveva tenuto il drago sulla sua mano nascosto e la chiave d’accesso attentamente infilata nella tasca della giacca, guardando il fuoco bruciare fino alle braci.

Non era mai stato a Ebou Dar vera e propria; aveva solo visitato le colline a nord, dove aveva combattuto i Seanchan impugnando Callandor. Quello era stato un luogo di fallimento. Ora era tornato nell’Altara. Ma per cosa?

Al mattino, quando le porte della città si erano aperte, si era fatto strada all’interno con gli altri che erano arrivati di notte. I Calderai li avevano accolti tutti; a quanto pareva, ricevevano una razione di cibo dai Seanchan per ospitare i viaggiatori ritardatari. Quella era solo una delle loro molte occupazioni. Riparavano pentole, cucivano uniformi e svolgevano altri compiti particolari. Per questo, ricevevano la protezione dei governanti per la prima volta nella loro lunga storia.

Rand aveva trascorso abbastanza tempo con gli Aiel da assumere parte del loro disprezzo per i Calderai. Eppure quel disprezzo lottava con la sua consapevolezza che i Tuatha’an — per molti versi — seguivano usanze aiel più vere, più tradizionali. Rand poteva ricordare com’era vivere secondo i loro costumi. Nelle visioni di Rhuidean, lui aveva seguito la Via della Foglia. Aveva visto anche l’Epoca Leggendaria. Aveva vissuto quelle vite, le vite di altri, per pochi brevi istanti.

Camminava lungo le strade affollate della città afosa, ancora in una sorta di stordimento. L’altra notte aveva scambiato con un Calderaio la sua elegante giacca nera per un semplice mantello marrone, strappato sul fondo e rammendato in alcune parti. Non un mantello da Calderaio, solo uno che un Calderaio aveva rattoppato per un uomo che non era mai tornato a reclamarlo. Lo rendeva meno appariscente, perfino se gli imponeva di portare la chiave d’accesso legata alla cintura, piuttosto che nella sua tasca capiente. Il Calderaio gli aveva dato anche un bastone da passeggio, che Rand usava per camminare, incurvandosi un po’. L’altezza poteva renderlo riconoscibile. Lui voleva essere invisibile per questa gente.

Aveva quasi ucciso suo padre. Non vi era stato costretto da Semirhage o dall’influenza di Lews Therin. Nessuna scusa. Nessuna discussione. Lui, Rand al’Thor, aveva cercato di uccidere il proprio padre. Aveva attinto in se il Potere, aveva creato i flussi e li aveva quasi scagliati.

La rabbia di Rand era scomparsa, rimpiazzata da ripugnanza. Aveva voluto indurire se stesso. Ne aveva avuto bisogno. Ma questo era il punto a cui lo aveva portato quella durezza. Lews Therin aveva potuto addurre la follia come scusa per le sue atrocità. Rand non aveva nulla, nessun posto per nascondersi, nessuno scampo da se stesso.

Ebou Dar. Era una città indaffarata e prominente, divisa in due dal suo ampio fiume. Rand camminava per il lato occidentale, attraverso piazze costeggiate da statue stupende e strade fiancheggiate da file su file di case bianche, molte delle quali alte diversi piani. Spesso superava uomini che combattevano con pugni o coltelli, e nessuno faceva alcun tentativo di separarli. Perfino le donne portavano coltelli al collo in foderi ingioiellati, che pendevano sui loro abiti scollati indossati sopra sottane variopinte.

Lui li ignorava tutti. Invece pensava ai Calderai. I Calderai erano al sicuro qui, ma il padre stesso di Rand non era al sicuro nel suo impero. I suoi amici lo temevano: lo aveva visto negli occhi di Nynaeve.

La gente qui non era spaventata. Gli ufficiali Seanchan si muovevano tra la folla, con in testa quegli elmi simili a insetti. La gente si faceva da parte per loro, ma in modo rispettoso. Quando Rand sentiva la gente comune parlare, erano lieti per la stabilità. In effetti lodavano i Seanchan per averli conquistati!

Rand attraversò un corto ponte sopra un canale. Alcune barche procedevano lente lì sotto, con i barcaioli che si salutavano a vicenda.

Non sembrava esserci alcun senso di ordine nella disposizione della città ; dove Rand si aspettava case trovava negozi, e invece di botteghe simili raggruppate assieme — come era uso comune in molte città — qui erano sparpagliate, casuali.

Dall’altro lato del ponte, superò un’alta villa bianca con una taverna proprio lì accanto.

Un uomo in un variopinto farsetto di seta spintonò Rand per strada, poi gli offrì lunghe scuse fin troppo educate. Rand si affrettò a continuare, per timore che l’uomo volesse iniziare un duello.

Questo non sembrava un popolo oppresso. Non c’erano segni nascosti di risentimento. I Seanchan avevano su Ebou Dar una stretta di gran lunga migliore di quella di Rand su Bandar Eban, e la gente qui era felice… prospera, perfino! Naturalmente, l’Altara — come regno — non era mai stata molto forte. Rand sapeva dai suoi istitutori che l’autorità della Corona non si era estesa molto oltre i confini della città. Era una situazione molto simile ad altri posti conquistati dai Seanchan. Tarabon, l’Amadicia, la Piana di Almoth. Alcuni erano più stabili dell’Altara, altri meno, ma tutti avrebbero accolto con piacere la stabilità.

Rand si fermò e si appoggiò contro un altro edificio bianco, la bottega di un maniscalco. Sollevò il moncherino sulla testa, cercando di schiarirsi la mente.

Non voleva affrontare quello che aveva quasi fatto nella Pietra. Non voleva affrontare quello che aveva davvero fatto: intessere Aria e spintonare Tarn a terra, minacciandolo; farneticando.

Rand non poteva concentrarsi su quello. Non era venuto a Ebou Dar per starsene a occhi sgranati come un contadinotto. Era venuto per distruggere i suoi nemici! Loro l’avevano sfidato. Dovevano essere eliminati. Per il bene di tutte le nazioni.

Ma se avesse attinto così tanto Potere attraverso la chiave d’accesso, quale danno avrebbe causato? Quante vite sarebbero terminate? E non avrebbe semplicemente acceso un faro per i Reietti, come aveva fatto nel ripulire saidin?

Che venissero. Si raddrizzò. Poteva sconfiggerli.

Era tempo di attaccare, tempo di bruciare via i Seanchan dalla terra. Mise da parte il suo bastone e prese la chiave dalla sua cinghia alla cintura, ma non riuscì a costringersi a svolgerla dal suo involucro di lino. La fissò nella sua mano per un po’, quindi continuò a camminare, lasciandosi oziosamente indietro il bastone. Sembrava così strano essere soltanto un forestiero come gli altri. Il Drago Rinato camminava fra queste persone e loro non lo riconoscevano. Per loro, Rand al’Thor era qualcosa di distante. L’Ultima Battaglia era meno importante del fatto che riuscissero o meno a vendere i loro polli al mercato, o se il loro figlio si sarebbe ristabilito dalla tosse, o se sarebbero stati in grado di permettersi quel nuovo farsetto di seta che volevano.

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