Rorbert Jordan - Memoria di luce
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Legato sulla sella di fronte a Mat, Olver rideva allegramente.
Povero ragazzo, pensò Mat. È così spaventato che sta impazzendo. La mancanza d’aria quassù gli sta dando alla testa.
«Eccola lì, mio Principe!» gli urlò la morat’to’raken, Sulaan, dal suo posto sul davanti della bestia volante. Era una donna graziosa. Anche completamente pazza. «Abbiamo raggiunto la valle. Sei certo di voler atterrare lì?»
«No!» urlò Mat.
«Buona risposta!» La donna mandò la bestia in picchiata.
«Sangue e maledette...»
Olver rise.
Il to’raken li portò sopra una lunga valle intasata da una battaglia frenetica. Mat cercò di fissare la sua attenzione sullo scontro, piuttosto che sul fatto che si trovava in aria a volare su una lucertola assieme a due dannati lunatici.
Cumuli di corpi di Trolloc raccontavano quella storia con la stessa chiarezza di qualunque mappa. I Trolloc avevano fatto irruzione tra le difese all’imboccatura della valle dietro Mat. Lui vi volò sopra, verso la montagna di Shayol Ghul più avanti, le pareti della valle a sinistra e a destra.
Sotto era il caos. Bande vaganti di Aiel e Trolloc si muovevano per la valle, scontrandosi fra loro qua e là. Alcuni soldati, non Aiel, difendevano la strada che saliva al Pozzo del Destino, ma era l’unica formazione organizzata che Mat riusciva a vedere.
Lungo il lato della vallata, una nebbia fitta aveva iniziato a riversarsi sul suolo. Sulle prime Mat fu confuso, pensando che fosse venuta dagli eroi del Corno. Ma no, il Corno era legato alla sella accanto all’ ashandarei di Mat. E questa nebbia era troppo... argentea. Se era la parola giusta. Gli pareva di aver già visto quella caligine.
Allora Mat avvertì qualcosa. Da quella nebbia. Una sensazione di freddo formicolante, seguita da quello che giurava fosse un sussurro nella mente. Seppe immediatamente di cosa si trattava.
Oh, Luce!
«Mat, guarda!» chiamò Olver indicando. «Lupi!»
Un gruppo di animali nerissimi, grossi quasi quanto dei cavalli, stavano aggredendo i soldati che difendevano il sentiero per Shayol Ghul. I lupi si stavano sbarazzando rapidamente degli uomini. Luce! Come se le cose non fossero già abbastanza difficili.
«Quelli non sono lupi» disse Mat in tono cupo. La Caccia Selvaggia era arrivata a Thakan’dar.
Forse loro e Mashadar si sarebbero distrutti a vicenda? Era troppo da sperare? Con i dadi che gli sbatacchiavano nella testa, Mat non aveva intenzione di scommetterci. Le forze di Rand — quello che rimaneva degli Aiel, dei Domanesi, dei Fautori del Drago e dei Tairenesi che erano venuti qui — sarebbero state annientate dai Segugi Neri. Se fossero sopravvissuti, Mashadar li avrebbe presi. Non potevano combattere nessuno dei due.
Quella voce lì dentro... Non era solo Mashadar, la nebbia priva di mente. Anche Fain era lì da qualche parte. E il pugnale.
Shayol Ghul incombeva lì sopra. Le nuvole ribollivano, alte nel cielo. Cosa sorprendente, alcuni nuvoloni bianchi erano giunti da sud, entrando in collisione con quelli neri mentre turbinavano assieme. In effetti, quelle due coltri assieme assomigliavano parecchio al...
Il to’raken virò e imbardò, poi si abbassò di quota, forse solo a un centinaio di piedi dal suolo.
«Attenta!» strillò Mat, reggendosi il cappello. «Stai dannatamente tentando di ucciderci?»
«Le mie scuse, mio Principe» gli urlò la donna di rimando. «Mi serve solo trovare un posto sicuro per farti scendere.»
«Un posto sicuro ?» disse Mat. «Be’, buona fortuna.»
«Sarà difficile. Dhana è forte, ma io...»
Una freccia dall’impennaggio nero scalfì il lato della testa di Sulaan, scagliata da qualche parte in basso, assieme a una salva di un’altra dozzina che sfrecciarono attorno a Mat, e una colpì l’ala del to’raken.
Mat imprecò, lasciando cadere il cappello e allungando una mano verso Sulaan mentre Olver urlava per la sorpresa. Sulaan si afflosciò, lasciando cadere le redini. Sotto, un gruppo di Aiel dal velo rosso preparava un’altra salva.
Mat slacciò le cinghie. Balzò — be’, più che altro strisciò sopra Olver e la donna incosciente e afferrò le redini del to’raken spaventato. Non poteva essere molto più difficile di condurre un cavallo, giusto? Tirò come aveva visto fare a Sulaan, facendo voltare il to’raken mentre le frecce tagliavano l’aria dietro di loro e diverse di esse colpivano la bestia alle ali.
Virarono dritto verso la parete di roccia e Mat si ritrovò in piedi sulla sella, tenendo strette le redini mentre cercava di impedire che la bestia ferita li uccidesse maledettamente tutti quanti. Quella virata quasi lo scagliò via, ma si tenne fermo puntellando i piedi e stringendo le redini ancora più forte.
La raffica d’aria mentre giravano catturò le parole successive di Olver. Le ali malamente ferite della creatura sbattevano all’impazzata e l’animale stridette in tono pietoso. Mat non era certo che nessuno di loro avesse il controllo mentre la bestia si avvitava verso il terreno.
Colpirono il suolo della vallata in un ammasso scomposto. Si ruppero ossa — Luce, Mat sperò che appartenessero al to’raken — e si ritrovò a capitombolare per il terreno spezzato.
Finalmente si arrestò, stravaccato.
Inspirò ed espirò, intontito. «Questa» gemette infine «è l’idea dannatamente peggiore che abbia mai avuto.» Esitò.
«Forse la seconda idea peggiore.» Aveva deciso di rapire Tuon dopotutto.
Si alzò barcollando e le sue gambe parvero funzionare ancora. Non zoppicò troppo mentre correva verso il to’raken che si contorceva. «Olver? Olver!»
Trovò il ragazzo ancora legato alla sella, che sbatteva le palpebre e scuoteva la testa per schiarirsela. «Mat,» disse Olver «la prossima volta penso che dovresti lasciare me a guidarlo. Non credo che tu abbia fatto un buon lavoro.»
«Se ci sarà una prossima volta,» disse Mat «mangerò un intero borsello di oro di Tar Valon.» Liberò l’ashandarei e il Corno di Olver dai legacci che li tenevano fermi, poi porse lo strumento al ragazzo. Allungò una mano verso lo zaino che conteneva lo stendardo di Rand, che aveva portato legato in vita, ma era scomparso.
In preda al panico, Mat si guardò attorno. «Lo stendardo! Ho fatto cadere il dannato stendardo!»
Olver sorrise, alzando lo sguardo verso il segno formato dalle nubi turbinanti. «Andrà tutto bene: siamo già sotto il suo stendardo» disse, poi si portò il Corno alle labbra e suonò una bellissima nota.
46
Svegliarsi
Rand si liberò dall’oscurità e rientrò nel Disegno completamente.
Dalla sua osservazione del Disegno, sapeva che, anche se erano passati solo pochi minuti da quando era entrato, nella valle fuori da questa caverna erano trascorsi giorni, e un tempo ancora più lungo quanto più ci si trovava lontano.
Rand scagliò indietro Moridin dalla posizione che avevano mantenuto durante quei minuti di tensione con le spade incrociate. Ancora pieno dell’Unico Potere, così dolce, Rand vibrò la lama di Callandor verso il suo vecchio amico.
Moridin sollevò la spada in tempo per parare, ma solo di poco. Grugnì, tirando fuori un pugnale dalla cintura e indietreggiando in una posa da combattimento per spada e coltello.
«Tu non hai più importanza, Elan» disse Rand, il torrente di saidin che infuriava dentro di lui. «Facciamola finita con questo!»
«Ah no?» rise Moridin.
Poi ruotò e scagliò il coltello verso Alanna.
Nynaeve guardò terrorizzata il coltello ruotare nell’aria. Per qualche motivo i venti non lo toccarono.
No! Dopo che era riuscita a riportare in vita la donna. Non posso perderla ora! Nynaeve cercò di afferrare il coltello o bloccarlo, ma il suo movimento tardò di un attimo.
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